Giulia, così volevo chiamare nostra figlia. Non mi era venuto il ciclo così decidemmo di andare al pronto soccorso e lì scoprimmo che ero al terzo mese di gravidanza. Chiesi alla ginecologa come mai non avevo sintomi e mi era saltato solo quel mese il ciclo, lei mi rispose che era normale e che i sintomi sono per tutti diversi.
Quando uscii dalla stanza e vidi il mio compagno lì che mi aspettava, scoppiai in lacrime di gioia e, siccome era anche la festa del papà, gli feci gli auguri! Ma tutto cambiò al quarto mese, quando la mia ginecologa ci disse che dovevo fare l'amniocentesi e una visita genetica perché c'era il 50% di probabilità che la bambina avesse ereditato da suo padre la sclerosi tuberosa, una malattia genetica rara che fa venire tuberi al cuore e soprattutto alla testa, che creano per l'80% dei casi l'autismo.
Andammo a ritirare i risultati e la genetista ci consigliò di non continuare la gravidanza per via della sclerosi. Io sentii come un vuoto dentro, non potevo credere che una dottoressa mi consigliasse di far morire mia figlia per una malattia! Fu così che decidemmo insieme di non portare avanti la gravidanza.
Due giorni dopo ritornai per il ricovero. Mi diedero una pasticca per fermare la crescita della piccola. Il giorno dopo mi fecero l'epidurale e mi diedero altre due pasticche. In tutto questo avevo contrazioni, ma di sangue nemmeno l'ombra, finché, dopo quasi una settimana di ricovero e pasticche, il pomeriggio la sognai mentre mi chiedeva perché non poteva stare con me e io le dissi che le volevo bene e che era sempre nel mio cuore.
Quando il mio compagno andò via, iniziarono le contrazioni dolorose. L'anestesia non faceva effetto. Mi portarono in sala parto e dopo due spinte era lì in mezzo alle mie gambe coperta da una traversina bianca per non farmela vedere. Il giorno dopo non volevo parlare con nessuno dei miei parenti di come mi sentivo, ne parlavo solo col mio ragazzo perché anche lui, anche se era diventato apparentemente più forte di me, in fondo moriva dentro, mentre io buttavo fuori tutto tramite crisi di pianto e incubi.
Oggi siamo in terapia da una psicologa più che altro per me perché ogni volta che sento quel nome scoppio in lacrime. Tutti dicono "Dai, siete giovani, avrete altri figli!". Io, in quei momenti, vorrei che capissero cosa vuol dire perdere una figlia per una malattia genetica rara.
di Noemi
(storia arrivata come messaggio privato sulla nostra pagina Facebook)
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