Conobbi mio marito nel 2007 e dopo sei anni di fidanzamento decidemmo di sposarci nel maggio del 2013. A luglio del 2014 aspettavamo già la nostra bimba.
Fin da subito capimmo che noi tre eravamo il completamento di un grande amore, e decidemmo che per il momento ci "bastavamo". Volevamo goderci a pieno la nostra principessa, per cui non cercammo un fratellino o una sorellina fino a dicembre del 2017.
Quello, per me soprattutto, fu un mese di riflessione, di cambiamento, e dopo non poche meditazioni, tra ansie e paure, decidemmo che era arrivato il momento di provare a dare un fratellino o sorellina alla nostra bimba, anche perché era lei che nell'ultimo periodo ce lo chiedeva.
E bene, il 18 gennaio scoprii di essere in attesa. Un misto di paura, ansia, felicità ed incredulità mi assalirono. Quasi non ci credevo che subito era arrivato/a quel/la fagiolino/a. Il venerdì lo comunicammo alle nostre famiglie, e l'emozione che provavamo io e mio marito la leggemmo negli occhi dei nostri genitori.
Ma nel giro di pochissimi giorni, quella che sembrava la notizia più bella di quel momento, si trasformò in un incubo. Era la mattina del 21 gennaio, una domenica come tante, mio marito a lavoro ed io e la mia bimba a casa dei miei genitori. Iniziai ad avere dei dolori alla pancia, ma la cosa più preoccupante era che avvertivo dei dolori strani alla gamba destra. Già sciatica!?!
Impossibile, mi dicevo. Fatto sta che provavo a far finta di niente, continuavo a giocare con la mia bimba dicendomi che magari con un po' di riposo, quegli strani dolori sarebbero passati. Si avvicinava l'ora di pranzo e con essa i dolori aumentavano.
Chiesi a mia madre di badare alla mia bimba e decisi così di mettermi a letto. I dolori alla pancia e alla gamba aumentavano sempre di più.
All'improvviso ebbi lo stimolo di andare in bagno. Mi alzai a fatica dal letto ed ecco che vidi sullo slip delle macchie di sangue. Con calma (per evitare di far spaventare mia figlia), chiamai mia madre, le spiegai la situazione, e lei, sempre con calma, perché era presente la mia bimba, mi consigliò di andare immediatamente in ospedale.
Mi accompagnarono così in ospedale e avvertirono subito mio marito. Durante il tragitto i dolori aumentavano sempre più, erano insopportabili, lancinanti, mi sentivo stremata. Ricordo ancora di aver detto al mio papà: "Papà sto morendo! Mi sentivo svenire".
Arrivammo in ospedale, non riuscivo nemmeno a scendere dalla macchina, il mio papà mi prese in braccio e mi posizionò così sulla barella, mi portarono nella sala parto e lì arrivò un dottore che mi visitò, chiamarono anche il mio ginecologo, il quale non era in sede.
Nel frattempo arrivò mio marito, ma non gli permisero di entrare. Il dottore continuò con la visita, non riusciva a capire cosa mi stesse capitando. Dopo non pochi minuti di visita, almeno tre quarti d'ora, mi disse: "Signora la sua è una gravidanza extra uterina, e la situazione non è per niente piacevole".
In quel momento mi crollò il mondo addosso, io che mai avrei pensato ad una cosa simile, che a stento sapevo cosa fosse! Decisero di ricoverarmi e di farmi tutte le analisi necessarie. Il lunedì continuroano con analisi e visite, mi venne comunicato che le beta erano scese, quindi la gravidanza si era interrotta alla quinta settimana. Ero così stanca di visite ed analisi, volevo solo capire cosa mi stesse succedendo e soprattutto volevo ritornare dalla mia bimba.
Ma niente, un altro giorno passò ed i medici continuavano a consultarsi e rimandare. Io non ne potevo più, mi mancava la mia bimba, la mia tranquillità, ma per fortuna avevo accanto mio marito, che non mi lasciava neanche un attimo da sola.
Un altro giorno era passato e per fortuna giunse il mio Angelo custode, che prese in mano la situazione, e in seguito ad un'ulteriore visita endoscopica mi comunicò che avevo avuto una rottura della tuba, che avevo almeno sei centimetri di sangue nell'addome e che dovevo essere operata d'urgenza altrimenti sarebbe potuto succedere l'impensabile.
In quel momento mi sentii morire, non so quante cose mi passarono per la mente, ma di sicuro sapevo che volevo ritornare al più presto a casa dalla mia bimba e metabolizzare quella "dolorosa perdita" tra l'affetto delle persone a me care. Mi operarono nel pomeriggio e la mattina del giorno seguente mi dimisero.
Non è stato facile superare quel dolore, porto i segni fisici e "mentali", perché penso spesso a ciò che poteva essere. Sono passati 9 mesi da quel terribile giorno, e non c'è momento in cui non penso di volerci riprovare, di voler donare un fratellino o sorellina alla mia bimba, di voler rivivere quella bellissima emozione, di voler donare ancora amore, di allargare la nostra famiglia.
La paura è tanta, forse troppa, anche perché la mia ginecologa mi ha già detto che non si può escludere una recidiva, ma in cuor mio so che ci devo riprovare. Farò tutte le accurate visite e gli esami e so che quel coraggio devo trovarlo, perché una madre può tanto!
di anonima
(storia arrivata sulla pagina Facebook di Nostrofiglio.it)
Leggi anche: Cesareo d'urgenza: "Avrei dato la vita per mio figlio"
Hai anche tu una storia da raccontare? Scrivi a redazione@nostrofiglio.it