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Il suo cuore batteva, io l'ho sentito. Era mio figlio

di mammenellarete - 15.11.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
È trascorso un anno da quando ho avuto un aborto spontaneo all'undicesima settimana. Mi sento come se fossi rimasta intrappolata in un vortice di dolore. Il suo cuore batteva, io l'ho sentito. Era mio figlio.

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Il 3 ottobre è passato un anno da quando ho avuto un aborto spontaneo all'11esima settimana e mi sento come se fossi rimasta intrappolata in un vortice di dolore che non mi lascia mai. Mi sento sola in questo dolore, come se per tutti gli altri quel figlio non fosse mai esistito.

Un anno fa, in modo inaspettato, ho scoperto di aspettare il mio secondo figlio. Ho già una bellissima bambina di quasi 3 anni ed il mio sogno è sempre stato di darle un fratello o una sorella. Fatto il test, io e mio marito eravamo travolti da mille emozioni che andavano dalla gioia pura alla paura per un nuovo equilibrio da cercare.

Ho fatto le prime analisi ed una prima ecografia e tutto sembrava andare alla perfezione. Abbiamo deciso, in accordo con il ginecologo, di prendere una settimana di ferie da passare nella mia casa in montagna, e di fare un ultimo controllo prima di partire. Eccolo lì, il suo cuore batteva forte ed mio esplodeva dal petto per la felicità di sentire quel suono.

Ogni paura era svanita. La sera prima della partenza però un dolore, perdite di sangue e la corsa al pronto soccorso più vicino. Lo sapevo, lo sentivo, il sogno era svanito. Non riuscivo a trattenere le lacrime. Non c'è voluto molto. Il battito non c'era più. Avevo avuto un aborto spontaneo.

Sono stata rimandata a casa perché ormai era sera tardi, mi sarei dovuta ripresentare il giorno dopo di buon mattino per un ulteriore controllo ed un raschiamento. Sull'uscio della porta del pronto soccorso un nodo alla gola mi ha tolto il respiro, il dolore per quella perdita mi ha sopraffatta.

Quella notte, fatta di lacrime e di disperazione, aveva ancora il sapore di una vana speranza che quella giovane dottoressa si fosse sbagliata. La mattina dopo la conferma ha definitivamente spento ogni barlume di speranza.

Ma era domenica, e non si fanno raschiamenti dì domenica. Così mi hanno rimandato a casa ancora una volta per farmi tornare il giorno dopo.

Un incubo che sembrava non voler finire. Il giorno seguente lo ricorderò sempre, ricorderò i visi di ogni dottoressa o infermiera che non hanno dimostrato un minimo di empatia nei miei riguardi. Hanno lasciato che stessi più di 3 ore seduta in una sala con due partorienti attaccate al monitoraggio, in attesa della mia visita.

Sentivo i cuori dei loro bimbi battere mentre il mio scoppiava di dolore. Mi hanno poi fatto accomodare in una stanza con un'altra partoriente e mi hanno dato la pasticca per le contrazioni. Solo un'infermiera ha avuto pietà di me, ed ha deciso di spostare la mia lettiga in un corridoio, dietro un separé, per lasciarmi sola a vivere quel momento.

Aborto spontaneo. Il mio dolore dura ancora

Ho passato ore così, con delle contrazioni indotte, senza che nessuno si affacciasse a vedere come stavo, fino a quando non ho letteralmente espulso mio figlio in un lago di sangue in mezzo al corridoio.

Li sentivo parlare da dietro al separè, mi chiamavano " quella dell'abortino". Un incubo senza fine, un dolore straziante che non riesco a dimenticare, una freddezza umana che non pensavo di trovare. Al mio risveglio dopo l'intervento finalmente ero in una stanza, da sola, al buio, e per un attimo ho sentito una strana quiete.

Alle dimissioni si sono succedute le solite frasi di circostanza, " sei fortunata, una figlia già ce l'hai", oppure "puoi riprovarci anche subito", come se quello appena perso non contasse. Ma il suo cuore batteva, io l'ho sentito. Era mio figlio!


Tra poco sarà un anno da quella terribile giornata e tutto quel dolore non riesco ad abbandonarlo. È qui, a volte silenzioso, ma poi esplode e non posso fermarlo.

Nessuno parla più di quel figlio, come se non fosse esistito. Non ne parlo neanche con mio marito e non so perché, non ci riesco. Ma lui c'era, era mio figlio ed ora è morto ed io non so come andare avanti.

di una mamma 

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