Sono
mamma di un bambino di 2 anni. Il 12 Gennaio scopriamo di aspettare un altro bambino. Un bambino tanto desiderato dopo
un anno difficile per via della pandemia, per via del lavoro. Dopo essere diventata mamma è stato difficile trovare un lavoro. Tante discriminazioni. Nonostante la mia situazione lavorativa precaria decidiamo che il nostro sogno di allargare la famiglia deve continuare. Io ripongo tutti i miei progetti nella sfera famigliare, in un nuovo bambino/a. Egoista magari.
Avevo dei sospetti anche se non avevo ritardo. Aspetto il primo giorno presunto di ciclo; di notte non dormo alle 4 faccio il test. Da sola, in bagno. Emozionata e impaurita. Ne avevo fatti tanti prima di allora e tutti negativi. Compare la scritta INCINTA. Il cuore mi balza in petto. Non dormo più; guardo il mio piccolino con noi nel lettone e lo immagino fratello maggiore. Immagino la nostra nuova vita a 4.
Alle 7 sveglio mio marito e glielo dico; corre in bagno, è felice.
Passano i giorni, io mi lascio trasportare dalla felicità, incurante del cauto ottimismo che dovrebbe accompagnare il primo trimestre. Almeno così si dice, si fa.
Pensiamo ai nomi, a come sistemare la cameretta.
Nause e vomito arrivano
Inizio ad avere nausea e vomito. Su mia insistenza il ginecologo mi visita, ma sono di 6 settimane e si vede poco e niente. Passano 2 settimane, ma la visita programmata non va come sperato. L'embrione c'è, é di 3 mm, ma il ginecologo è serio, non ci fa vedere niente.
Calmo ci dice che potrebbe essersi impiantato tardi, che è cresciuto e di aspettare. Parliamo dei test successivi da fare. Io però sono angosciata. Passano i 10 giorni più difficili della mia vita.
Eterni, infiniti. Io continuo a stare male.
La gravidanza si è interrotta
Arriva il giorno dell'ecografia. Attendo e ci sono tante mamme con il loro pancione. Cerco di non guardarle. Tocca a me, entro nello studio, mi sento, mi sdraio. Non guardo, aspetto di sentire il battito del mio bambino. Passano i secondi, ore per me. Ma non sento niente. Guardo il ginecologo e capisco." Mi spiace,la gravidanza si è interrotta".
Iniziano a scendere le lacrime, da lì in poi mi sdoppio. Ascolto quello che ci dice il medico, ma la mia anima non è lì.
Le opzioni sono o aspettare che venga espulso naturalmente o prendere la pillola in day hospital o
raschiamento.
Decido per aspettare, non ragiono in quel momento, non riesco a pensare.
"Succede" ci dice "il 15% delle gravidanze si interrompe. Sono feti con gravi malformazioni, non vivrebbero".
Da quel giorno inizia la mia, la nostra accettazione della perdita. Penso che la cosa migliore sia aspettare che il mio piccolo mi saluti naturalmente, vederlo andare via sarebbe il completamento di un percorso. Mettere un punto. E di seguito ripartire.
Non trovo conforto a parlarne. Mi dicono "Ora basta essere triste. La vita continua".
"Sei fortunata, hai già un bambino"
"Ora ci ritroverete e se non ci penserai rimarrai subito incinta".
Lo so che cercano di tirarmi su il morale, che lo fanno in buona fede, ma io mi sento peggio. Chi decide quando deve finire la tristezza?Fortunata? E questo che avevo in grembo cos'era? Era mio figlio. Aveva un nome, per me aveva un viso.
Mi sono sentita tanto in colpa quando ho iniziato ad avere nausea e vomito. Non riuscivo a giocare con mio figlio, ero sempre a letto. E adesso continuavo a stare male, ma non ero più incinta. Passano le settimane e non succede nulla. Dopo un mese decido per il raschiamento.
Arriva il giorno del raschiamento
La mattina del 16 Marzo vado in ospedale per gli esami pre ricovero. Aspetto insieme a donne visibilmente a termine e mi tremano le gambe, le mani, tutto. Poi mi reco nel reparto maternità per gli esami del sangue. Una tortura. Ma perché far fare questi esami nel reparto maternità? Attraverso il corridoio e vedo neo mamme affacciate alle porte con in braccio i loro tesori, io che mi sto incamminando verso la fine del mio sogno.
Il 17 Marzo mio marito mi accompagna in ospedale, ma deve andare via. Non può stare ad aspettarmi. Per fortuna la stanza non è nel reparto maternità. Quando mi portano in sala operatoria sento il medico ed ora la numero 9. E certo. Un numero. Sono questo.
Minuto che mai dimenticherò, mentre mi sistemo sul lettino inizio a piangere e piango anche appena sveglia.
Ora dentro di me ci sono 1000 emozioni. Sono triste, incazzata, invidiosa. Sono stanca e ho paura.
Ricominciare senza la mia pancia, paura che vada male ancora, paura di non rimanere incinta, paura di rimanere e stare di nuovo male e sottrarre tempo e attenzioni al mio bambino.
Mi sono rivolta a un'associazione per trovare accoglienza e conforto. Voglio parlarne, voglio parlare di aborto. Fa parte della vita. E mi sono sentita e mi sento tanto sola. Voglio essere un aiuto per altre mamme.
Di mamma Chiara
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