Questo tipo di esperienze porta a dover gestire sia il fallimento per l’esito negativo del tentativo di fecondazione sia un sentimento di rabbia ed invidia nei confronti della compagna di viaggio e magari di vita.
Il dolore provato è spesso acuito dal fatto che la persona per cui si prova rancore è proprio una sorella, o l’amica di infanzia, una cognata, una persona comunque vicina, verso la quale non ci sarebbe mai sognato di provare un sentimento malevolo.
E per quanto ci si sforzi, per quanto ci si alleni a far sorrisi finti, proprio non si riesce a gioire per la lieta notizia dell’altra.
Nel caso in cui siano coinvolte due sorelle, spesso, la famiglia d’origine sottovaluta il dolore dell’una rispetto alla gioia dell’altra e questo acuisce la sofferenza della persona coinvolta.
Oppure, semplicemente perché incapace, la famiglia sbaglia approccio, evitando di chiedere cosa realmente prova e cosa senta. E non c’è niente che causi sofferenza come il sentirsi a disagio nella propria famiglia, proprio quando, il supporto dei propri parenti dovrebbe alleviare il dispiacere per il fallimento.
E al dolore si aggiunge dolore; si mescolano sentimenti contrastanti, si aggrovigliano emozioni ingigantite da aspetti consanguinei.
Non c’è ricetta che indichi come uscirne, né vademecum che possa aiutare a sbrogliare la matassa di questi sentimenti.
Può però essere utile ricorrere ad un sostegno psicologico, magari organizzato sulla base di incontri con altre coppie che vivono lo stesso problema. Un confronto che insegni a condividere il peso del dolore che, se spartito, può risultare meno devastante.
Sull’autrice
Raffaella Clementi è autrice di ‘Lettera a un bambino che è nato‘, un libro-diario in cui racconta la sua esperienza personale di fecondazione assistita fino alla nascita del figlio.
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