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Furti di bambini

di Raffaella Clementi - 24.01.2014 - Scrivici

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Questa mattina, la lettura di una notizia su di un quotidiano, mi ha portato a fare un’associazione dolorosa di idee. Leggo che è iniziato il processo a una madre diciassettenne, clandestina in Italia che, ha regalato sua figlia a una coppia di connazionali. Mi è subito venuto in mente un articolo letto poche settimane fa, sul furto di neonati in Spagna, iniziato sotto il Dittatore Franco e continuato anche in democrazia, addirittura fino ai primi anni del duemila. Il furto di neonati in Spagna avveniva sempre allo stesso modo, si sceglieva una ragazza incinta, di estrazione sociale modesta, si faceva partorire e poi si diceva che il bimbo era nato morto e lo si vendeva a coppi di militari o persone facoltose.

Questa Infantopoli, fatta di connivenze orizzontali, ramificate che, hanno visto complici ospedali, ordini religiosi e cliniche private è stata costruita per fame di soldi. Le inchieste e le indagini mostrano una Spagna in cui la dittatura franchista la faceva da padrona, in cui gli ordini religiosi fungevano da corpi militari obbedendo a qulli crudeli di un regime terroristico.

Leggendo le testimonianze si scopre che, con il passare del tempo, i furti dei bimbi divennero una cosa normale, purché si fosse disposti a pagare. Dal 2007 una legge spagnola permette ai bambini adottati di risalire ai genitori naturali, per sapere se sono dei bambini rubati. Purtroppo però la legge serve a poco, viste le difficoltà di accesso, l’omertà diffusa e la reticenza a raccontare.

Non voglio addentrarmi sulla vicenda con opinioni personali. Vorrei solo soffermarmi, mettendo a confronto le due storie, sulla degenerazione che alcuni desideri, seppur legittimi, possono portare alcuni animi.

E’ possibile desiderare così fortemente un figlio, da rubarlo alla propria madre?

Come può una donna, lacerata dal desiderio di un figlio che non arriva, pensare di sottrarlo, sapendo il dolore che provocherà? Per capire le radici di questa orrenda storia, bisogna capire che, all’epoca l’impossibilità ad avere figli era vissuta come una vergogna, una stigmate. Spesso la famiglia, per una cosa del genere, ripudiava. Eppure, non basta.

Pur calandosi in un’ottica storica, non si riesce a comprendere come una donna che, è madre nell’anima,prima ancora che nella pancia, possa solo immaginare di strappare il figlio ad un’altra donna.

Penso alle donne cui è stato portato via il proprio bambino, penso alla donna che ha regalato sua figlia e alla coppia che l’ha presa, penso a quei poveri genitori che hanno dovuto lasciare i propri figli in Congo, perché il governo ha interrotto le adozioni.

Penso e mi si stringe il cuore, riflettendo su quanto dolore potrebbe essere evitato se solo ci calassimo più spesso nei panni degli altri, se solo, pensassimo al bene dei bimbi prima e al di sopra di tutto. (LEGGI: Adozioni bloccate in Congo)

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