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Fecondazione assistita: la procedura Fivet

di mammenellarete - 26.03.2009 - Scrivici

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L’infertilità femminile è uno dei problemi che affliggono molte donne. Negli ultimi anni il fenomeno sembra aumentato anche per questioni socio-economiche che spingono ad avere una gravidanza in età avanzata. Le cause dell’infertilitàpossono essere legate a questioni endocrine, ad anomalie dell’utero, ma anche a condizioni di sterilità maschile. Molti ricorrono alla fecondazione assistita che, grazie alle sue tecniche evolute, soprattutto negli ultimi anni, ha portato la coppia a capire che la possibilità di avere un figlio non è difficile da raggiungere e che non è un problema.

Le tecniche di fecondazione assistita si dividono in I e II livello.

I livello (con semplicità di esecuzione):

- Monitoraggio ecografico dell’ovulazione;
- Inseminazione intrauterina.

II livello (richiede dei processi più complessi ed il ricorso alla fecondazione extracorporea):
- Fecondazione in vitro ed il trasferimento in utero dell’embrione (FIVET);
- Fecondazione in vitro con prelievo chirurgico degli spermatozoi e trasferimento in utero dell’embrione (MESA/TESA).

La tecnica più comunemente utilizzata è proprio la FIVET che consiste nel realizzare la fecondazione fuori dal corpo della donna con successivo impianto dell’embrione, nell’utero della donna.

La procedura consta di quattro fasi.

La prima fase: induzione dell’ovulazione

Il principio è quello di stimolare la produzione di follicoli a livello ovarico. L’induzione viene effettuata con l’utilizzo di farmaci come le gonadotropine (sostanze ormonali che stimolano le gonadi, ossia gli organi sessuali femminili) associate anche al citrato di Clomifene (è un estrogeno non steroideo che agisce stimolando la produzione di FHS, ormone follicolo-stimolante e LH, ormone luteizzante atti, entrambi, a stimolare la produzione di follicoli).
La quantità di gonadotropine da introdurre dipende dalle caratteristiche cliniche della paziente ed anche dal numero di follicoli che si desidera stimolare. Il numero di gravidanze plurime, poi, dipende anche dal numero di embrioni che si decide di impiantare nell’utero della donna e non dal numero di ovociti.
La dose di gonadotropine, inoltre, va controllata visto che un dosaggio elevato potrebbe anche comportare la comparsa della Sindrome da Iperstimolazione Ovarica. Durante la stimolazione ovarica, viene anche bloccata l’attività dell’ipofisi (ghiandola presente nel cervello che regola l’attività dell’ovaio) per evitare un’ovulazione prematura.

I medici controllano lo sviluppo follicolare, monitorato continuamente con ecografie e dosaggi di estradiolo fino a quando i follicoli non raggiungano la dimensione di 17-18 mm, dopodiché ne conseguirà la maturazione degli ovociti.

Seconda fase: prelievo degli ovociti

Dopo l’avvenuta stimolazione dei follicoli, viene introdotta una quantità di gonadotropina corionica, che serva ad indurre la maturazione finale degli ovociti. A distanza di 24-36 ore della maturazione follicolare avviene il prelievo degli ovociti.
Esso viene effettuato con procedura transvaginale: un ago montato sulla parte finale della sonda transvaginale verrà introdotto fino a raggiungere le ovaie dalle quali verranno aspirati i follicoli con conseguente prelievo degli ovociti in essi contenuti.

Terza fase: fecondazione in vitro.

Con la FIVET ogni ovocita viene raccolto in una provetta con un campione di liquido seminale: dai 100000 ai 500000 spermatozoi per ovocita sono presenti in un campo di coltura adatto per circa 12-18 ore, tempo in cui avverrebbe la fecondazione. Quando ci sono problemi di inibizione del processo di fecondazione, allora si procederà con l’ICSI: inseminazione intracitoplasmatica degli spermatozoi. L’ago penetra nell’ovocita portando un solo spermatozoo che sarà l’unico a fecondare.

Quarta fase: trasferimento dell’embrione (Transfer embrionario).

Il passaggio nell’utero della mamma dell’embrione è un momento abbastanza delicato ed avviene dai due ai cinque giorni dopo la fecondazione degli ovociti.
In questa fase bisogna considerare due aspetti fondamentali:

- Intervallo trascorso tra fecondazione in vitro e transfer embrionario;
- Modalità di transfer.

Per quanto concerne il tempo trascorso, questo condiziona lo sviluppo dell’embrione: più passano i giorni dalla fecondazione all’inserimento, più l’embrione si sviluppa (si compone di più cellule) e più arriva allo stato di blastocisti. Questo stato è quello in cui l’embrione, in un fecondazione maturale, si impianta nell’utero. Quindi, inserire l’embrione quando è in fase blastocisti, comporta una facilità di impianto perché la sua consistenza, favorisce l’adesione all’endometrio.

Ma si sta ancora studiando su questa possibilità.
In merito alla modalità di trasferimento dell’embrione,essa può essere di due tipi:
- Transfer embrionario Clinical touch;
- Transfer embrionario ecoguidato.
Nel primo caso si esegue con un catetere che introduce l’embrione fino alla fondo dell’utero. È una pratica che va eseguita con molta cautela senza causare traumi, in effetti anche un minimo trauma può scatenare contrazioni uterine che interferiscono con l’adesione dell’embrione.
Nel secondo caso il percorso del catetere è eseguito con ecografia trans-addominale o trans – vaginale in modo da controllare il giusto posizionamento dell’embrione.

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