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Fecondazione assistita: il racconto di una donna che ce l'ha fatta "Anni di sofferenza ma rifarei tutto da capo"

di mammenellarete - 20.10.2014 - Scrivici

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Questa è la storia di due persone che si incontrano, si innamorano e decidono di avere un bambino. Dopo sei mesi di rapporti non protetti, però non succede nulla. Iniziano i primi accertamenti, le prime visite. Risultato: nessun problema né per lui né per lei. Ma il bimbo non arriva. Iniziano i tentativi di fecondazione assistita. Ma non è facile, non è per niente un percorso facile. Dal punto di vista fisico e psicologico. Una donna racconta su mammenellarete la sua lunga storia per diventare mamma, con tutta l'intensità di chi è passato in mezzo a una bufera anche personale e di coppia. Ma che non tornerebbe mai indietro "Scrivo per narrarvi la storia d'amore con mia figlia, iniziata tre anni fa. Proprio tre lunghi anni fa il mio compagno ed io decidemmo di avere un figlio. Eravamo freschi di convivenza, ma già abbastanza adulti per essere genitori. Ci dicemmo che era meglio non aspettare oltre. Avere un figlio era da tempo un mio desiderio grandissimo.

Completamente ignoranti in materia, cominciammo ad avere rapporti non protetti, convinti che bastasse quello per avere una gravidanza, ma ben presto ci accorgemmo che non era affatto così. Anzi, più i mesi passavano, più io iniziavo a preoccuparmi.

Dopo circa sei mesi non era accaduto ancora nulla, perciò decisi di iniziare le ricerche su internet riguardo ai metodi naturali per aiutare il concepimento. Chiesi al mio compagno di venire con me dal medico e iniziarono inevitabilmente per entrambi i malumori, le lacrime, le litigate. Ero sempre nervosa.

Lui non capiva i motivi per quali mi preoccupavo così tanto e mi diceva spesso: "Vedrai che arriverà! Non aver fretta!". Io invece, ogni mese, all'arrivo del ciclo, mi sentivo male, non riuscivo a trovare soluzioni di alcun genere. L'unica cosa che potevo fare era solo continuare a provare.

Allora cominciammo entrambi a fare dei controlli medici, dai quali risultò che era tutto perfetto. Iniziai a chiedermi ancora di più per quale motivo non restavo incinta. Diventai, col passare dei mesi, espertissima di ovulazione, di giorni fertili, di rapporti mirati. Conoscevo tutti i test di gravidanza in commercio. Questo non aiutava però, la natura non mi favoriva. Non sapevo che cosa fare.

Trascorsi così due anni terribili, durante i quali mi sentivo sempre triste, delusa, nervosa. Provai tutti i metodi che mi venivano consigliati, finché non iniziai a pensare di dovermi rassegnare. Eppure, c'era ancora l'ultimo tentativo: l'inseminazione o, meglio, la fecondazione assistita.

Era, a mio parere, frustrante l'idea di dover concepire nostro figlio in un modo così innaturale e poco romantico, ma io ero veramente sull'orlo di un esaurimento nervoso. Io e mio marito rischiavamo di lasciarci e accettammo così l'idea della fecondazione assistita.

Presso il centro di infertilità ci sottoposero a tantissime analisi, al fine di scoprire che eravamo "perfetti" e che potevamo avere un figlio senza alcun problema.

Ma noi eravamo consapevoli dei due anni di inutili tentativi e volevamo procedere con le pratiche di inseminazione.

Mi resi presto conto che anche questa era una lotta contro la natura, contro le probabilità e le percentuali. Sembrava che non funzionasse neanche questo metodo: mi sottoposi a diverse inseminazioni, finché non iniziai a pensare che dovevo arrendermi. Mi dissi che non sarei diventata madre e che dovevo iniziare ad accettare l'idea.

Il mio pensiero andò alle tante coppie felici anche senza figli e pensai anche all'eventualità di un'adozione.

Poi ebbi due giorni di ritardo, dopo la quinta inseminazione. Una piccola speranza, la paura dell'ennesima delusione. Ma il test era positivo: ero incinta e incredula, spaventata e felice.

La mia gravidanza trascorse in modo perfetto, dal punto di vista fisico. Però, psicologicamente, fu una vera e propria tortura: non passava giorno in cui non temessi che qualcosa sarebbe potuto andar male. Avevo tanta, troppa paura di perdere il mio bambino. Che cosa avrei fatto se fosse accaduto il peggio?

Fu una gravidanza dura e lunghissima, ma fortunatamente tutto andò bene. In una calda e ventilata mattina d'agosto la mia piccola iniziò a bussare, voleva venire tra noi, voleva vivere.

Dopo il parto finalmente la abbracciai e fu amore a prima vista, amore inimmaginabile.

Ora, quando ripenso a tutto quello che ho vissuto, sono consapevole che mia figlia è un miracolo, ma so anche che devo ringraziare me stessa per non aver mollato mai, nonostante sia stata la prova più dura della mia vita.

Devo ringraziare il mio compagno che nonostante tre lunghi anni di malumore mi è sempre rimasto accanto, sopportando tanti miei momenti di sconforto.

Ho scoperto che la maternità non è scontata e non è dovuta, ho capito che ci sono tante donne che come me fanno fatica ad avere una gravidanza. So bene quanto sia difficile ogni giorno andare avanti con questa sofferenza.

So che cosa significa trovarsi con amiche incinta e sorridere facendo loro le congratulazioni, per poi piangere in macchina da sole perché ci si sente diverse, incapaci. Insomma, non ci si sente donne.

Ho anche scoperto che noi donne abbiamo una forza che non sappiamo di avere e che quando vogliamo qualcosa lottiamo e non ci ferma nessuno. Rifarei tutto da capo. Quando ho mia figlia tra le braccia, sono felicissima e so che ho fatto bene a intraprendere il percorso della fecondazione artificiale. Per me, il modo in cui è stata concepita è assolutamente irrilevante, è mia figlia, ha il nostro sangue, è la mia vita e l'ha creata il nostro amore".

di mamma anonima

(storia arrivata alla pagina facebook di nostrofiglio.it, editata da Sara De Giorgi)

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