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Aborto spontaneo alla tredicesima settimana. Mi porto dietro un grande dolore

di mammenellarete - 28.02.2018 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Ho avuto un aborto spontaneo alla tredicesima settimana. Il mio corpo si è liberato di tutto da solo. Ma il mio cuore ormai è segnato da un dolore che purtroppo mi porto dietro da 1 mese. Le persone non sanno che quello era già mio figlio fin da quando ho saputo di aspettarlo, quindi le loro parole erano: "Stai tranquilla, succede, sei giovane ne avrai altri". Sì è vero, ne avrò altri se dio vorrà ma... perché a me? Perché Dio me l'ha mandato dopo tanto e me l'ha tolto subito?

Era il mese di marzo del 2007 quando incontrai il mio attuale marito. Per me fu il primo amore, il primo vero bacio, il mio primo in tutto. Dopo due anni andammo a convivere: lui lavorava per conto suo, era ed è ancora un venditore ambulante di frutta e verdura.

Era un gran lavoratore: all’epoca aveva 19 anni ed io 16. Insomma dove si trovano oggi come oggi ragazzi così responsabili? Dopo 5 anni di fidanzamento, ci venne voglia di diventare genitori. Trascorse un anno prima che lo divenissimo, ma finalmente nel febbraio del 2012 ecco le due linee bellissime.

La gravidanza andò bene, solo alla fine riscontrarono un ritardo di crescita del torace del piccolo, ma si sistemò tutto. Però, giunta a 40 settimane, si alzò la pressione e divenni a rischio gestosi, quindi mi ricoverarono e mi indussero i dolori prima con la fettuccia.

Le contrazioni partirono, ma la dilatazione rimase a 1 centimetro. Poi provarono con la rottura del sacco e mi fecero arrivare a 3 centimetri... ma nulla! Il mio piccolo non voleva proprio nascere. Alla fine mi fecero una flebo di ossitocina e i dolori divennero sempre più forti, ma ancora niente.

Rimasi a 3 centimetri e il mio piccolo si spostò leggermente. Allora decisero di fare un tac. Dopo 30 ore di travaglio, mio figlio nacque il 15 ottobre 2012. 3 chili 290 grammi per 52 cm. La mia vita! Era bello come il sole e perfetto in tutto!

Gli anni passarono: lui aveva 2 anni e la voglia di diventare genitori di nuovo si fece risentire. Provavamo e provavamo, ma senza risultati. Andava tutto bene alle visite, ma un altro figlio non arrivava. Passarono all’incirca 3 anni di tentativi, quando decidemmo di non pensarci più.

Intanto ci preparammo per un matrimonio. Ci sposammo il 16 settembre 2017 con un rito civile. Fu un ricevimento bellissimo e romantico con solo i nostri parenti più stretti.

Il 27 ottobre avevo ancora il ciclo, ma... sarebbe stato il mio ultimo ciclo.

A novembre mi accorsi infatti di non avere più il ciclo e il 5 dicembre, dopo 10 giorni di ritardo, decisi di fare il test. Ero incinta di 2-3 settimane. Piansi per la gioia! Che regalo mi aveva fatto Babbo Natale! Provavo felicità alla stato puro. Mio figlio, curioso com’è, entrò in bagno e vide che eravamo lì a guardare questo test fra pianti e risate.

Il mio piccolo sarebbe diventato fratello maggiore: anche lui era emozionato, aspettava da tanto un fratellino o una sorellina! Arrivò il giorno della visita: sarei dovuta essere a 7 settimane, ma il mio ginecologo, facendo l’ecografia, trovò solo la camera gestazionale senza embrione. Lui mi disse di fare le beta e di vedere se salivano nel giro di una settimana di distanza.

I risultati delle beta erano perfetti e lui mi fece fare un’altra eco. Eccolo, finalmente vidi il mio fagiolino. Il cuore batteva a 1000 all'ora. Mio marito era con nostro figlio in braccio: entrambi indicavano con il dito sullo schermo. Io ridevo ed ero felice.

Quel momento ancora lo ho ancora stampato nella testa e nel mio cuore. Passarono i giorni e arrivarono i primi sintomi come la stanchezza, la nausea e le perdite rosa. Pensavo che forse era perché il bimbo si stava attaccando.

Allora chiamai il ginecologo che mi disse di fare un salto al pronto soccorso, così avrei controllato. I miei mi dissero che era tutto okay, solo che avevo un polipo ed era questa la causa delle perdite. Chiamai il ginecologo che mi rassicurò, invitandomi comunque a fare un altro controllo in ospedale, chiedendo la rimozione, se fosse stato possibile, di questo polipo.

Tornai in ospedale. Lì mi dissero che non c’era nessuno motivo per toglierlo, che era piccolo e c’era la possibilità che ricrescesse, che la gravidanza era a 'nord', mentre il polipo era a 'sud'.

Trascorsero i giorni e le perdite c'erano, ma non sempre. Quindi mi rassicurai, però il mio istinto sentì che la gravidanza non andava come doveva andare, ma pensai che forse stavo esagerando io, a causa della mia ansia.

Il bambino stava bene, io presi Progefik dall’inizio. I controlli andarono bene e le analisi anche, ma non so perché pensavo sempre in negativo. Il 27 gennaio 2018 alle 2 di notte svegliai mio marito, non mi sentivo bene. Avevo dei doloretti al basso ventre, quindi corremmo in ospedale dove mi dissero che andava tutto bene e che le perdite erano per il polipo e che i dolori erano intestinali.

Tornai a casa e presi una tachipirina per alleviare i dolori. Ma io sentivo che qualcosa non andava, quindi continuai a dire al mio ginecologo tutti i sintomi che avevo. Lui mi prescrisse una bevanda alla mela verde per regolare il mio intestino e del Buscopan per i dolori. Mi feci anticipare la visita che era prevista per fine gennaio: quando arrivai sotto lo studio mi sentii come se mi fossi fatta la pipì addosso. "Ecco, ho rotto il sacco", pensai.

Salii e mi dissero che forse era solo pipì, poi che c'era troppo liquido per la 13esima settimana. Mentre mi visitava, il dottore mi disse che da quando era iniziata la gravidanza non mi vedeva bene e che ero sempre preoccupata e agitata. Mi chiese: "Cosa c’è che non va? Hai paura di un possibile aborto?".

Io gli risposi di sì, che avevo paura di perdere il bimbo. Quando mi fece l’eco, mi disse che non c'era più liquido. Il mio mondo crollò in 1 millesimo di secondo, mi disse di correre in ospedale e di non andare neanche a casa per prendere le cose.

In ospedale mi confermarono la rottura del sacco. Dunque niente più liquido, ma il battito del mio bambino c’era.

Sentire ogni "tun tun tun" era per me una crepa nel cuore. Mi si spezzava ad ogni battito. Piangevo e pregavo che fosse solo un sogno, mi rimandarono a casa anche con un codice giallo e dicendomi: "Non possiamo fare nulla, torna domani, dobbiamo solo aspettare che il cuore smetta di battere..."

Chiamai il mio ginecologo, che mi mandò in un altro ospedale. Lì mi ricoverarono subito e mi dissero chiaro e tondo che il mio bambino non sarebbe mai nato. Alle 2 del 31 gennaio partirono i dolori, alle 8 circa espulsi il mio piccolo angelo. Non ci fu bisogno neanche del raschiamento, il mio corpo si era liberato di tutto, ma il mio cuore?

Il mio cuore ormai era segnato, inciso da questo dolore che purtroppo mi porto dietro da 1 mese. Le persone non sanno che quello era già mio figlio fin da quando ho saputo di aspettarlo, quindi le loro parole erano: "Stai tranquilla, succede, sei giovane ne avrai altri". Sì è vero, ne avrò altri se dio vorrà ma... perché a me? Perché Dio me l'ha mandato dopo tanto e me l'ha tolto subito?

Noi già fantasticavamo sul suo nome: se fosse stato un maschio si sarebbe chiamato Andrea, se femminuccia, Mariasole. Chissà a chi avrebbe assomigliato, come sarebbero stati i sui occhi, il colore dei suoi capelli. Pensavo al suo profumo quando sarebbe nato/a, invece tutto questo non è possibile...

Ora la mia forza è mio figlio, lui mi dà la forza di sorridere, di vivere le mie giornate con il sorriso. Sì perché fuori sorrido, ma solo Dio sa cosa ho dentro. Quando sento che sto per scoppiare, vado in bagno, mi chiudo in me stessa e piango. Cerco di farlo di nascosto per non far pesare nulla a mio marito e a mio figlio.

di Emy

(storia arrivata per email a redazione@nostrofiglio.it)

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