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Un parto difficile

di mammenellarete - 02.09.2013 - Scrivici

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La mia gravidanza è stata impegnativa, perché sono stata male dal primo all'ultimo giorno, letteralmente. Non riuscivo a mangiare quasi nulla e spesso quel poco finiva rigettato nel water! Infatti sono tra le fortunate che non ha preso neanche un kg, anzi, sono dimagrita. Il mio bimbo però cresceva e stava bene e questo aiutava parecchio a sopportare i malesseri continui. Era atteso per il 25 agosto ma all'ultima eco, l'11, la ginecologa, tutta contenta, mi annuncia che il piccolo era pronto ad uscire. "Vedrai che non arrivi a ferragosto" mi dice. Infatti passa appena un giorno e, a mezzanotte del 13, cominciano le contrazioni. Sveglio il mio compagno e andiamo in ospedale. Là mi fanno un tracciato e decidono di ricoverarmi. Mi assegnano un letto in reparto e mi lasciano lì qualche ora, sempre attaccata alla macchina per i tracciati. Intanto le contrazioni aumentano e con loro il dolore. Il mio stomaco decide di rivoltarsi per la milionesima volta, così mi tocca fare una doccia prima di scendere in sala parto. Mi dicono che sono già dilatata di 5 cm, alle 10 circa del mattino. All'una lo sono completamente e poco dopo comincia la terribile fase espulsiva... Comincio a spingere, il dolore diventa sempre più intenso, ma il bimbo non si muove. Dopo alcune ore, in cui provo tutte le posizioni possibili, col mio compagno che mi sostiene

e mi incita, senza lasciarmi neanche per un secondo, mi dicono che il piccolo è incastrato, che si è messo in una posizione sbagliata e non riesce ad uscire. Dicono di metterci più energia, ma io sto dando il mio massimo. Il suo battito è forte e regolare, quindi di fare un cesareo non se ne parla.

 

Intanto mi fanno l'epidurale, ma devono aver sbagliato qualcosa perché praticamente perdo i sensi. Per un paio d'ore non sento più niente, non riesco a spingere. Per contrastare il torpore e farmi riprendere le spinte mi danno l'ossitocina, che mi riporta il dolore amplificato a mille.

 

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Avanti per ore, mettendocela tutta, ma lui non si muove. Verso sera sono stremata, ormai supplico che mi aiutino in qualche modo a fare uscire il mio bambino, ho paura che soffra.

 

Ad un certo punto i suoi battiti non si sentono più, poi tornano, poi spariscono di nuovo. Sta soffrendo davvero, è incastrato da troppo tempo. Finalmente un dottore capisce che siamo al limite, il bimbo è in pericolo e decide di usare la ventosa per tirarlo fuori a forza. Mi tagliano, ma non lo sento nemmeno. Hanno detto che due ostetriche mi sono salite sulla pancia ed io ho urlato come un'aquila, ma non lo ricordo.

 

Alle 20 il mio piccolo nasce, ma c'è qualcosa che non va. Vedo un fagottino viola in braccio al dottore che corre fuori dalla stanza e, pur essendo completamente annebbiata e non capendo più niente, mi spavento. Chiedo al mio compagno come mai non sento il bimbo piangere e non ricordo la sua risposta. Lui corre dietro al medico e io resto sola.

 

Dopo un po', non so quanto perché non ero del tutto cosciente, finalmente sento un pianto acuto venire dalla stanza accanto. Il mio cucciolo ce l'ha fatta! Hanno dovuto rianimarlo, questo l'ho saputo solo dopo.

Però ce l'abbiamo fatta e più tardi, prima di tornare in camera, passo in patologia neonatale a vederlo. Sembra un pugile appena uscito da un incontro! Ha un bozzo sulla fronte a forma di ventosa, varie spelature... Ma mi sembra bellissimo!

 

Oggi il mio tatone é una meraviglia di un anno, senza nessun segno della sua nascita travagliata e credo che quei momenti in cui è stato rianimato siano stati gli unici in cui è stato fermo!!

 

di Jessica

 

(storia arrivata per email a redazione@nostrofiglio.it)

 

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