Sono una mamma di 29 anni e ho due bimbi splendidi, Jonathan di tre anni e Daniel, di un anno e mezzo.
A 16 anni scoprii di avere una malformazione all'utero e mi dissero che non potevo avere bambini, a meno che non mi fossi operata e, in quel caso, se tutto fosse andato bene, forse sarei riuscita a portare a termine non la prima, ma la seconda gravidanza. Sì, perché sicuramente, mi dissero, la prima l'avrei persa per via dell'operazione.
La cosa non mi diede fastidio più di tanto... perché chi vuole un figlio a 16 anni? Bè, a 25 incontrai il mio attuale marito e decidemmo di sposarci e di mettere su famiglia. Decisi che era arrivato il momento di operarmi e così feci. Andò tutto bene: portai a termine l'operazione senza complicazioni e dopo 3 mesi scoprii di essere incinta. Il mio piccolo miracolo!
Non dissi niente a nessuno per paura di non portare a termine la mia gioia più grande: Jonathan nacque a 39 settimane con l'induzione. Mi ruppero le acque alle 16 e lui venne al mondo alle 15 del giorno dopo. Fu un parto dolorosissimo e asciutto. Jonathan venne al mondo sano, vivo e senza complicazioni... Io invece ne uscii con un'emorragia e quattro flebo di ferro.
Tornai a casa con il mio miracolo tra le braccia ancora incredula che il Signore mi avesse fatto un dono così grande. Dopo 8 mesi decisi di fargli e di farci un regalo e decidemmo di avere un altro bimbo. Rimasi incinta, ma qualcosa dentro di me mi disse che non sarebbe andato tutto bene.
Volevo assolutamente fare un cesareo e non l'induzione (ho avuto per entrambi i parti il diabete gestazionale con insulina). Non riuscivo a dormire quasi mai: dicevo sempre a mio marito che qualcosa sarebbe andato storto, ma lui mi rassicurava sempre dicendo che era solo la mia paura, niente di più.
A 26 settimane iniziai a sentire dolori e indurimento di pancia... non è possibile... di già??? Corsi in ospedale e il piccolo pugile voleva nascere.
Mi fecero una flebo e mi rimandarono a casa con assoluto riposo e ovuli di progesterone. Con un altro bimbo piccolo il riposo era impossibile. Sentivo comunque che qualcosa non andava e chiesi alla mia ginecologa di farmi un cesareo, ma a ogni visita mi diceva che non era possibile. Stavo bene, il bimbo stava bene, niente cesareo.
Arrivò il giorno del parto: 38 settimane. Induzione, epidurale. Io stavo benissimo e non sentivo nessun dolore. Dopo quattro spinte avevo già tra le braccia una meraviglia: Daniel... Stupendo... Lo ammirai... Poi vidi che lo lanciarono nelle braccia di mio marito. Tutti iniziarono a urlare, mi fecero una puntura, mi misero su una barella e da li mi portarono in sala operatoria... Non capivo niente...
"Dove sono? Dove si trova mio figlio?". Il dottore mi disse: "Tranquilla mi prendo cura io di te". Mi sentii male. Iniziai a tremare e mi mancava il fiato. Urlai ai dottori che non respiravo e da quel momento il nulla... Mi svegliai in una stanza piena di luci con tutti tubi attaccati... Ero da sola. Mi dissero poi che stavo bene e che ero viva: mi avevano "preso in tempo"... Preso in tempo???
Che succedeva? Scesi in stanza poiché avevo chiesto insistentemente di vedere mio figlio e mi raccontarono cosa mi era successo. Mi era caduto l'utero. Due litri di sangue persi: mi avevano fatto 3 trasfusioni e un raschiamento. Garza di 2 metri per tenere su l'utero. Incredula vidi mio figlio che stava bene, rividi mio marito e scoppiai a piangere... Cosa cavolo era successo?
Tutti i medici e le vicine di letto mi accolsero neanche fossi una diva, contenti di vedere che ero viva.
Mi dissero che si trattava di un caso che succede a una donna su un milione e che ero stata fortunata perchè potevo perdere la vita. Tornai a casa stanca perché dovevo ancora recuperare il sangue perso. Ero stanca anche perché avevo un altro bimbo piccolo da accudire e perché non ero contenta della risposta dei medici.
In seguito cambiai ginecologo, perché mi trasferii in una nuova città. Le sue parole per me furono una pugnalata. Mi disse: "Con una situazione come la tua NON dovevano farti fare il naturale, ma Il cesareo. Perché se ti avessero fatto il cesareo avresti evitato tutto quanto. Dovevi fare il cesareo".
Ora io sono qui e sono viva e ho due figli fantastici e sono fiera di ciò che Dio mi ha dato. Ha deciso di risparmiarmi e di farmi godere i miei due splendidi miracoli, ma a tutte le mamme dico una cosa... Fatevi sentire! Una mamma lo sente, sa già tutto! Insistete! Sentite la vocina dentro voi cosa vi dice.
Non credete subito a un medico. Sono esseri umani e sbagliano anche loro. Sentite più "campane" e non fissatevi su una cosa. E sentite voi stesse. Sentite il vostro corpo... Noi donne siamo delle guerriere che devono essere ascoltate. Siate forti e fatevi sentire! Io sono qui... E ringrazio il Signore, ma se fosse andata male avrei lasciato due bimbi e un marito a casa soli. Forza, non arrendetevi mai!
di anonima
(Storia arrivata come messaggio privato sulla nostra email di redazione)
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Parto naturale, cose da sapere
La gravidanza è quasi al termine e si avvicina il momento del parto. Se non è già stato programmato un cesareo per qualche motivo medico, probabilmente la mamma è piena di dubbi e preoccupazioni. Ecco allora tutto quello che c'è da sapere sul parto naturale.
La parola "naturale" non deve trarre in inganno: non parliamo per forza di situazioni estreme, come quelle di chi decide di partorire in mezzo alla natura. In realtà, per parto naturale, o spontaneo, si intende che avviene per via vaginale senza il bisogno di aiuti medici, come l'utilizzo della ventosa per favorire l'uscita del bambino o la somministrazione di ossitocina per stimolare le contrazioni. In quest'ultimo caso, il parto è comunque vaginale ma viene detto operativo.
Spesso, comunque, il termine parto naturale è utilizzato semplicemente per indicare il parto che avviene senza ricorso al cesareo, che sia operativo o meno.
“Non è facile sapere quanti siano in Italia i parti operativi e quelli completamente spontanei" afferma Anna Locatelli, direttore dell'Ostetricia e ginecologia dell'Ospedale di Carate Brianza, professore associato all'Università di Milano Bicocca e referente per la regione Lombardia della Società italiana di medicina perinatale.
Sappiamo invece quanti sono i parti naturali rispetto a quelli con taglio cesareo: secondo un'indagine Istat su gravidanza, parto e allattamento al seno, nel 2013 i parti cesarei sono stati il 36,3% del totale (con una punta del 45,2% nelle regioni del Sud). Decisamente troppi, se si considera che per l'Organizzazione mondiale della sanità i tagli cesarei non dovrebbero superare il 15%.
Tutto sommato, il principio del parto - che avviene in tre o quattro fasi a seconda del tipo di classificazione utilizzata - è piuttosto semplice.
Si parte con una fase prodromica, di preparazione, nella quale i tessuti della mamma si preparano al passaggio e all'uscita del bambino. A volte, questa fase passa del tutto inosservata, mentre in molti casi si accompagna a contrazioni preparatorie, che sono abbastanza irregolari e più o meno intense, ma comunque sopportabili. Molte donne le paragonano a dolori mestruali.
La seconda fase è quella del travaglio attivo e si distingue a sua volta di due parti: la fase dilatante e quella espulsiva. Come dice il nome, la fase dilatante è quella nella quale avviene la dilatazione completa del collo dell'utero ed è caratterizzata da contrazioni sempre più ravvicinate e intense.
“Storicamente l'inizio di questa fase veniva fatto coincidere con l'avvio della dilatazione” spiega Anna Locatelli. “Negli anni Novanta, però, un documento dell'Organizzazione mondiale della sanità ha indicato come momento di inizio quello in cui la dilatazione raggiunge almeno i 3 centimetri. E ora c'è una certa corrente di pensiero proveniente dagli Stati Uniti che vorrebbe spostare questo momento ancora più in avanti, a 4/6 centimetri".
La fase espulsiva è il momento delle spinte, che portano alla nascita del bambino. Infine, c'è il secondamento, cioè l'espulsione della placenta.
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