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Cesareo in "Reverse Breech" dopo un travaglio lungo

di mammenellarete - 28.04.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Dopo un travaglio lungo e doloroso, ho dovuto affrontare un cesareo "reverse breech" di quaranta minuti perché il bimbo era mal posizionato. Dopo la nascita il piccolo è stato cinque giorni in incubatrice. Il giorno più bello della mia vita? Quando ho portato mio figlio a casa!

In questo articolo

Tutte le donne, specialmente al primo figlio, dicono che il giorno più bello della loro vita è il giorno in cui è nato. Per me non è stato così.

Gravidanza perfetta, tutto tranquillo, nessun disturbo se non il reflusso dell'ultimo mese e il caldo torrido dell'estate. Nonostante l'anno del Covid sono riuscita a vivermi la gravidanza con tranquillità. DPP prevista il 10 ottobre 2020. Il giorno 14 mi sveglio la mattina e andando in bagno mi accorgo di aver perso il tappo mucoso. Dopo poco mi rendo conto di aver rotto le acque.

Con tutta la calma che mi ero promessa di avere, nonostante non avessi potuto frequentare un corso preparto causa Covid, mi sono andata a preparare. Una bella doccia, una bella piega ai capelli, ultima passata di rasoio... "C'è tutto nella borsa? Ok si parte!". Nel pomeriggio, dopo analisi, ecografia, monitoraggio, mi ricoverano.

La sera alle 21:30 iniziano le contrazioni. "E ti pareva, proprio di notte? Eh sì"... inizialmente sopportabili, nel cuore della notte drammatiche. Ma ero sola, non potevo avere nessuno vicino, mi dicevano che erano preparatorie e che potevo andarmene in doccia per alleviare il dolore. Sempre da sola. Non ho chiuso occhio ovviamente, alle 6 di mattina ero a 4 centimetri. Alle 9 e mezzo stavamo a 7 centimetri.

Okay, chiama il marito, si va in sala parto. Epidurale. Tutti convinti che di lì a poco avrei dato alla luce il mio bimbo. Invece nonostante le contrazioni, le mie spinte corrette (come dicevano le ostetriche) e i centimetri che si aprivano non c'era verso. Alle 13:30 ero dilatata di 10 centimetri, ma niente. Ho chiesto una nuova dose di epidurale, perché stava svanendo l'effetto ed io non avevo più le forze tra la notte in bianco e quella mattinata devastante.

Me la fanno e misteriosamente mi si addormenta una gamba.

Ormai comincio a pregare, mio marito è lì, mi guarda e non sa cosa fare. Io non riesco ad assumere nessuna posizione, né riesco a spingere con una gamba sola o a farmi forza. Io non so quando tutto finirà. Alle 15:30 decidono di chiamare il ginecologo per una visita. Mi fa un'ecografia e si accorge che il bimbo è mal posizionato. Avrei potuto spingere altre 10 ore, non sarebbe mai nato, ma avrebbe rischiato sempre di più la vita.

Così la decisione, cesareo d'urgenza. Ero distrutta, dolorante, piangevo e basta. Mi spostano di peso sulla barella, mi portano in sala operatoria. Lì altra sofferenza: "dobbiamo fare la spinale, il cateterino dell'epidurale potrebbe essersi spostato, non possiamo rischiare!". Quindi, mentre avevo contrazioni ormai senza anestesia, mi rimettono in posizione per la spinale. Attimi di paura, terrore, un incubo.

Mai avrei immaginato tutto questo in quei bellissimi 10 mesi di gravidanza. Stesa sul lettino avverto la sensazione di benessere. Non sento più le gambe, di conseguenza niente più contrazioni. Il primo momento di tranquillità dopo ore. Tagliano e lo sento. Di media un cesareo dal momento dell'incisione alla nascita varia dai 10 ai 15 minuti. Per noi ci sono voluti 40 minuti. C'era un orologio alla mia sinistra sulla parete, non facevo che fissarlo. Era già incanalato, ma malposizionato. I piedi erano sotto le mie costole e non si riuscivano a prendere.

Cesareo in "Reverse Breech" dopo un travaglio lungo

Quei 40 minuti furono infiniti per me, mentre cercavano di prenderlo. E sentivo tutto, sia dal punto di vista fisico, sia di quello che dicevano. Mentre piangevo a dirotto. Cesareo in "Reverse Breech", così si chiama la tecnica con cui l'hanno fatto nascere. Poi la frase "È nato!". Ma ovviamente non sento nessun pianto. Non chiedo, non faccio domande, per paura di essere addormentata e perché non ho le forze neanche per parlare.

Me lo portano dopo circa mezz'ora tutto infagottato: "Dai un bacio che lo portiamo al Nido!". Ecco, 5 secondi -a dir tanto- e già di nuovo lontano da me. Mentre mi saturano continuano a dirmi che il ginecologo ha fatto un miracolo, mio figlio è vivo grazie a lui. Sala risveglio: rivedo mio marito. Un momento incredibile.

Mi riportano in stanza verso le 19, una notte infinita tra dolori (nonostante la morfina) e mille pensieri. La mattina mi sono alzata da letto aggrappandomi a quel triangolo, tirando fuori una forza che neanche io sapevo di avere. Con flebo e catetere sono "corsa" al Nido. Era lì nella sua incubatrice, bello come il sole, e mi guardava. È rimasto lì 5 giorni. Stava bene, era davvero stato un miracolo. Ma per sicurezza l'hanno tenuto lì. Il giorno più bello della mia vita? Quando me lo sono portato a casa!

di N.C.

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