Sono rimasta incinta senza nessuna fatica. È stata una gravidanza splendida, "a tratti noiosa" come diceva scherzando il mio ginecologo.
10 giorni dopo il termine iniziano le contrazioni e mi fiondo in ospedale. Dopo una rapida visita decidono di ricoverarmi in attesa che mi si rompano le acque.
È ora di andare in sala parto. Dopo ore di contrazioni è ora di spingere. Non vedo l'ora di abbracciare la mia bambina. Tutto d'un tratto il sogno si trasforma in incubo. Uno stuolo di medici e infermieri attorno a me. La bambina ha girato la testa al momento della spinta e non le arriva ossigeno.
Cesareo d'urgenza. Mi sveglio ore dopo... mia figlia è stata rianimata per svariati minuti ed ora è in terapia intensiva in ipotermia. Un'attesa infinita, prima di sentirci dire
due settimane dopo che Olimpia era fuori pericolo. "Un incidente a 200km/h, ma signora... sua figlia è una guerriera", mi disse il primario di neonatologia.
Di questo nostro inizio traumatico, delle ripercussioni psicologiche sulla nostra famiglia e di come sono diventata mamma ne ho fatto un libro. Una terapia per me e spero un aiuto per altre mamme che si trovano nella situazione in cui ero io 18 mesi fa. Appesa tra l'angoscia e l'attesa.
Oggi
Olimpia è un vulcano di vivacità e non ha riportato nessuno strascico e di questo devo ringraziare l'equipe della TIN dell'Ospedale Niguarda di
Milano, cui donerò tutti i guadagni del mio libro.
L'ho chiamato
Bucaneve, perché, come quel fiore,
mia figlia ha avuto la forza di sbocciare rompendo il gelido terreno dell'inverno. Si può trovare su Amazon in versione cartacea e per Kindle.
Spero che, con il mio gesto, altre mamme si possano sentire meno sole e che tutti i momenti bui vissuti da una neomamma possano presto perdere l'etichetta di tabù.