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Bambina con malformazione al cuore. Non arrendetevi mai

di mammenellarete - 12.07.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
La nostra bambina aveva una malformazione al cuore. Io so che Rebecca sa quanto l'abbiamo amata, so che sarà per sempre orgogliosa del suo papà e della sua mamma; so che era una bambola bella, mora con il naso all'insù.

In questo articolo

Non scrivo per ricevere compassione ma perché, come è successo a me ed al mio compagno che su un gruppo Facebook abbiamo trovato le risposte a tante nostre domande, con la nostra storia vorremmo aiutare tutte quelle mamme e quei papà smarriti che hanno bisogno di aiuto.

La gravidanza è il momento più bello della vita di una donna e di una coppia: quell'attesa così favolosa, da sogno, passata a fantasticare su come sarà, a chi assomiglierà, come sarà il parto. Normalmente va tutto bene, altre volte qualcosa va storto e quel sogno diventa un incubo. 

Era il 31 dicembre quando, durante l'eco del terzo trimestre, la dottoressa mi guarda spaesata e mi dice che qualcosa non va al cuore: c'è una malformazione. Inizia a chiamare due o tre suoi colleghi che purtroppo non rispondono e mi consiglia quindi di correre al pronto soccorso di un ospedale di Roma per essere controllata. Esco a stento dall'ospedale, accompagnata in macchina dall'infermiera perché le lacrime, l'ansia e la paura avevano preso il sopravvento.

Da lì inizia il nostro incubo: la corsa a casa a prendere la valigia, via verso il pronto soccorso dove, incredula, continuo a sentire quella diagnosi. La paura di stare sola in un momento come questo ma, ahimè c'è il Covid, quindi purtroppo anche nei momenti più duri si è soli. In un giorno di festa ho dovuto separarmi dal mio compagno, non avevamo avuto il tempo di metabolizzare, non avevamo avuto il tempo di parlare, non avevamo avuto il tempo di farci forza che mi portano in stanza, mi dicono di salutarlo e che lo avrei visto solo per un'ora il giorno dopo.

Salgo in reparto: tremila domande, analisi, monitoraggi, diversi dottori intorno, tutti a vedere quel referto e io non capivo perché.

Giorni di controlli, di varie ipotesi, ogni mattina una notizia diversa, data con poco tatto e una freddezza unica: "Signora, la bambina ha la sindrome di Down; signora, la bambina ha la sindrome di De George; signora, la bimba ha il 5% di possibilità di vita".

Tante ipotesi, perché neanche loro capivano realmente cosa fosse finché non ci hanno mandato a Latina da una dottoressa a fare un eco cardio. Usciamo di lì abbastanza sollevati, finalmente una diagnosi c'è: la situazione è grave sì, ma si può intervenire. Un sollievo durato solo otto ore... La mattina dopo veniamo convocati per parlare con il primario, ci troviamo in una stanza piccola circondati da otto medici: inizia così il discorso peggiore mai ascoltato nella mia vita!

La situazione è grave e purtroppo c'è poco da fare: abbiamo saputo via mail da un cardiochirurgo che servono almeno 2 kg e 5 per poter sottoporre la bambina ad un intervento chirurgico e che, in attesa che raggiunga quel peso, può succedere di tutto nella pancia, anche una morte intrauterina. Ci prospettano due soluzioni: fare un cesareo ora, che da una parte poteva essere di beneficio per me e dall'altra significava zero speranze alla bambina, o tentare disperatamente e affannosamente di arrivare a questi 2 chili e mezzo e quindi tentare un'operazione teorica sulla bambina. Dovevamo decidere noi. 

Alle nostre domande, ci siamo sentiti rispondere che un conto era affrontare un cesareo ora, e quindi un rischio minore per me, e un conto tentare di andare avanti, e quindi come in ogni intervento possono esserci dei rischi tra i quali perdere l'utero. Avevamo due giorni di tempo per decidere. Ora quale genitore condannerebbe a morte il proprio figlio e non tenterebbe il tutto e per tutto?

Quel giorno mi hanno dovuto prescrivere delle gocce per farmi stare calma, hanno permesso ad Alessio, il mio compagno, di stare con me tutto il giorno.

Nel tardo pomeriggio mi fanno un elettrocardiogramma e io ancora una volta non capisco perché (scopro dopo che serviva per l'eventuale cesareo). 

Il giorno dopo abbiamo ragionato sulle parole dette al colloquio e ci è tornato in mente che ci era stato detto che la dottoressa che aveva fatto l'eco-cardio con il cardiochirurgo aveva scambiato solo una mail formale in cui le erano state dette le cose che ci avevano riportato, come i kg da raggiungere e l'operazione difficile, ma in realtà l'ospedale non aveva mai preso contatto con questo medico (che in effetti non aveva chiesto di vederci, oltre tutto la famosa mail non hanno voluto leggercela per motivi di privacy e ci siamo chiesti più di una volta... quale privacy se si parla di nostra figlia?!).

Abbiamo iniziato a cercare risposte, a contattare medici, ad inviare i referti e le risposte erano sempre le stesse: la situazione è grave ma è operabile e quindi non capivamo perché ci erano state dette quelle cose, perché eravamo stati posti di fronte ad una scelta tanto difficile. Nel frattempo, mi viene chiesto cosa volessimo fare e io dico al primario che io e il mio compagno abbiamo deciso di tentare.

Da lì comincia qualcosa di assurdo: non solo insulti gratuiti per una scelta non condivisa ed accettata, ma mi viene tolto ogni controllo. Come a dire "affari tuoi". Decido così di mettere una storia su Facebook e vengo contattata da una ragazza che mi parla di un gruppo dedicato alle cardiopatie, mi iscrivo e racconto la storia di Rebecca, la mia bimba, e vengo immediatamente contattata da un 'angelo'.

La nostra bambina aveva una malformazione al cuore. Non arrendetevi mai

Mi chiede i referti e li fa vedere ad un cardiochirurgo che mi contattata immediatamente e mi dice di andare via dall'ospedale e andare da loro al Bambin Gesù.

Decido di dimettermi dopo TREDICI giorni di ricovero: non è stato facile neanche dimettermi perché pretendevano di sapere il nome del medico da cui dovevo andare, mi sentivo sequestrata. Tredici giorni di non risposte tredici giorni di batoste, tredici giorni persi su un letto… Finalmente arriviamo al consulto con i cardiochirurghi che ci spiegano che sì la situazione di Rebecca è grave, ma se la bimba reagisce bene può essere operata alla nascita…

Iniziano così settimane di controlli avanti e indietro, ma controlli fatti con amore, di un amore unico e puro per quella vita che scalciava in me… Inizia un mese in cui non si vive ma si sopravvive, un mese di sospiri di sollievo, di lacrime, di ansie, di 'ce la farà…'. Abbiamo incontrato angeli sulla nostra strada, persone che non dimenticherò mai...

Le ostetriche del primo ospedale senza le quali quei tredici giorni sarebbero stati ancora più duri, i cardiochirurghi, il cardiologo, la ginecologa del Bambin Gesù… la mia ginecologa e una meravigliosa ragazza (ostetrica) che è stata il mio punto di forza e sostegno a casa, le ostetriche, le infermiere e i ginecologi dell'ospedale Fatebenefratelli San Pietro di Roma senza le quali non sarei stata serena nell'affrontare tutto.

Purtroppo, martedì il controllo non è andato poi così bene e quindi si opta per 2 dosi di Bentelan così che la bambina fosse pronta a respirare sola. Ahimè, la situazione degenera, i battiti di Rebecca aumentano, quel piccolo cuore sta lavorando troppo. E, purtroppo, arriva quella frase che nessun genitore dovrebbe mai sentirsi dire: "Non c'è più battito".

Ti crolla il mondo addosso, ti trovi a 35 settimane di gravidanza, tra 2 settimane avreste sentito quel pianto unico che attendevate con ansia.

Guardate gli occhi del vostro compagno in cui cercate una soluzione o un cenno di 'eccolo, c'è il battito, era uno scherzo'. Vi ritrovate così a sentire tanti "mi dispiace" che lasciano il tempo che trovano, ma si capisce la difficoltà delle persone in quel momento.  

Bene, sono qui a dire a quel medico che Rebecca ha lottato con i denti, che aveva superato ogni pronostico di peso, lunghezza e settimane (34 terminate), ma ahimè in quel momento il cuoricino ha deciso che anche per lei questi 40 giorni erano troppi. E sono qui a dire a voi di non arrendervi, di cercare soluzioni perché di medici bravi al mondo ce ne sono, senza rimpianti prendete le decisioni giuste e lottate con tutti voi stessi per quei piccoli amori, non ascoltate nessuno, non pensate a come sarebbe stato se... ogni vostra decisione presa con il cuore e amore è quella giusta.

Io so che Rebecca sa quanto l'abbiamo amata, so che sarà per sempre orgogliosa del suo papà e della sua mamma; so che era una bambola bella, mora con il naso all'insù. Saluto il mio piccolo angelo con le lacrime agli occhi e nel cuore, ma con la consapevolezza che siamo state una cosa sola fino all'ultimo istante.

di una mamma 

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