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Dopo 10 giorni in terapia intensiva neonatale, l'abbraccio più emozionante

di mammenellarete - 08.02.2022 - Scrivici

neonato
Fonte: Shutterstock
Il mio piccolo è stato per 10 giorni in terapia intensiva neonatale. Quando è uscito, io, il mio compagno e la nostra primogenita ci siamo stretti in un abbraccio. Non perdete mai la speranza.

In questo articolo

Come spesso accade dopo il parto la montata non arrivava e io continuavo ad attaccarlo al seno, ma nulla. Nel primo giorno mi sono detta: "Vabbè con calma, arriverà". Inoltre, i dottori mi dicevano che era normale, che il primo giorno avrebbe dormito di più. Il secondo giorno l'ho fatto attaccare, ma lui piangeva sempre e, avendo un'altra bambina, ho capito che c'era qualcosa.

Il mio piccolo non mangiava, piangeva, non si scaricava facendo pipì o cacca . Passate le 24 ore del bambino gli hanno fatto l'esame della bilirubina ed era altissima. Allora me lo hanno portato via la mattina alle 6 e lo hanno messo al nido sotto le lampade. Disperata ho chiamato il mio compagno per raccontargli quello che succedeva.

Passano ore senza sapere nulla, chiedo e non mi dicono niente di niente. A metà mattina me lo portano per attaccarlo, ma il piccolo succhia un po' e poi si addormenta, e quindi lo riportano via e gli fanno loro il biberon, dandogli così la sua poppata. Arriva anche il mio compagno a farmi visita, gli dico di passare a vedere e i medici ci tranquillizzano: "Ha mangiato ed è sereno".

Mio compagno resta per un'ora con me e prima di andare gli dico: "Passa di nuovo a vedere Christopher". Durante il tragitto il mio compagno vede il dottore, che gli dice di fermarsi perché deve parlare a tutti e due. A me cade il mondo addosso perché sentivo qualcosa che non andava e infatti il mio intuito di mamma non ha sbagliato.

Il dottore gli dice che il bambino deve andare in Tin (terapia intensiva neonatale). Il mondo ci cade addosso, sono disperata. Il mio compagno mi fa forza in qualche modo perché anche lui è a pezzi.

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E il dottore dice che la bilirubina invece di diminuire è aumentata, è quasi a 21, e che devono fare esami per capire come mai.

E infatti risulta che c'è un'infezione. In Tin ha tre lampade, in più, attaccato all'ombelico, gli hanno messo un sondino così da non essere bucato sempre per fare i prelievi del sangue.

Appena ci fanno entrare alla sera Tin il mio compagno mi deve prendere, io quasi cado per lo shock. Il mio bimbo è chiuso, non posso tenerlo in braccio, solo la mia mano contro un vetro o vicino alla sua manina.

Posso andare in Tin due volte al giorno sperando sempre di avere notizie positive. Subito da tre lampade passa a una e già inizia a migliorare per quanto riguarda la bilirubina. Ma i medici devono capire a cosa sia dovuta l'infezione, quindi resta ancora con due antibiotici per la precisione.

Il momento anche più difficile è tornare a casa senza lui, atteso con ansia dalla sorellina, che fa mille domande. E io piango giorno e notte, sono sempre attaccata al telefono ad aspettare che l'ospedale mi chiamasse per qualcosa. Giorno dopo giorno il bimbo fa piccoli miglioramenti.

Quando un giorno arrivo e non trovo più al solito posto il nostro bimbo mi viene un colpo. Scopro che è stato tolto dall'incubatrice e messo in un altra stanza. Mi dicono che quello è l'ultimo step e che da lì sarebbe stato dimesso. Dopo quattro giorni riesco a tenere di nuovo tra le braccia il mio piccolo: sembra per me la prima volta.

Dopo 10 giorni di Tin con corse in ospedale a portare il latte perché finalmente mi era arrivata la montata, dopo 10 giorni di paure, dopo 10 giorni di pensieri... finalmente arriva il giorno della dimissione. 

Quel giorno io sarei dovuta andare in ospedale alle 15.30, ma alle 14.30 mi squilla il telefono. "Mamma di Christopher dimettiamo suo figlio stasera".

Inizio a piangere e il mio compagno mi guarda e mi chiede: "Che hai?".

Mi abbraccia perché non capisce cosa stia succedendo. Lascio la cornetta e lo abbraccio forte e gli dico di andare di corsa a preparare tutto, perché Christopher sta per uscire.

La sorellina inizia a piangere perché avrebbe conosciuto suo fratello. Ci siamo stretti in un abbraccio tutti insieme. È stato l'abbraccio più emozionante. E da questo momento è iniziata la nostra vita in quattro.

Non perdete mai la speranza. I medici e gli infermieri della Tin sono persone davvero super che ci hanno aiutato sempre e che ci hanno spiegato tutto. Davvero grazie di cuore a tutti.
 
di  Jessica
 

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