Conobbi mio marito nel 2009 e a settembre del 2013 rimasi incinta. Portai avanti una gravidanza abbastanza serena. Al termine della gravidanza mi ricoverarono in ospedale, dato che la mia piccina non voleva proprio saperne di uscire.
Il 20 giugno 2014, alle 9 del mattino, cominciarono a farmi l'induzione. Il gel me lo applicò il mio dottore, che poi andò subito via. Io non avevo dolori. Alle 14 mi fecero la seconda induzione e iniziò l'inferno.
Avevo dolori atroci. Mi ruppero le acque che si rivelarono essere sporche. L'utero non si dilatava neanche con le flebo e alle 21 mi portarono in sala parto d'urgenza. C'era troppa gente in quella stanza.
Troppi medici, troppi infermieri ed ostetriche, senza contare il pediatra. Spingevo e spingevo, ma nulla. Mi lacerarono completamente perché la bimba si era girata ed era incastrata.
Tutto questo perché all'induzione non avevano fatto neanche una eco. Alle 21:21 venne al mondo mia figlia Sofia. Ma la placenta non andava via. Spingevo e tiravo, ad un tratto sentii uno dei dottori che diceva all'altro: "Smettila di tirare, si sta staccando l'utero".
Mi richiusero dicendomi che era stato un parto difficile, ma che era andato tutto bene. Torno a casa dopo quattro giorni e cominciò la mia vita da mamma. Ero sempre stanca morta, ma con una neonata di mezzo che vuoi fare?
Andai avanti così per un mese, finché ebbi un'emorragia che confusi col capo parto. Il giorno seguente ne ebbi un'altra, tanto che chiamai il ginecologo e dopo una eco di controllo, lui mi disse di stare tranquilla, che si era ispessita una membrana e mi avrebbe fatto una puntura.
Il flusso si fermò. Durante la notte mi svegliai di soprassalto, inondata di sangue, su letto e materasso. Andai in corridoio, poi in bagno e svenni. Mi portarono in un ospedale vicino e mi operarono d' urgenza.
Mi avevano lasciato la placenta dentro.
In sala operatoria rischiai di morire. I medici si fermarono e provarono con i chemioterapici. ma dopo dieci giorni ebbi un'altra emorragia. Il primario mi fece mettere in ambulanza e mi portarono in un centro attrezzato, dove mi praticarono l'embolizzazione delle arterie uterine. E subito di nuovo in sala operatoria.
Dopo tre trasfusioni di sangue e 30 giorni tornai a casa dalla mia bimba con una diagnosi di presenza di placenta accertata. Al momento sono ancora sotto stretto controllo. Ci sono dei residui che non hanno potuto toccare e devo stare molto attenta a non farmi venire la febbre e a non ferirmi.
Purtroppo ho il 99% di possibilità di essere sterile, ma almeno sono viva e posso godermi mia figlia. Tutto per una mancata diagnosi in gravidanza e per un errore in sala parto.
Di Teresa
(storia arrivata alla pagina Facebook)
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