Home Storie Storie del parto

Partorire in terra straniera

di mammenellarete - 06.10.2010 - Scrivici

esempio.180x120
Un tasso di mortalità più alto, una più alta probabilità di complicanze durante la gestazione e un accesso tardivo alle cure dei sanitari, nettamente migliori rispetto a quelle garantite nei loro paesi di origine. È questa la condizione relativa alle donne straniere che hanno partorito un figlio nel nostro paese secondo l'esperienza di due grandi ospedali romani, il Sandro Pertini e l'Umberto I. I dati sono stati forniti nel corso del convegno "Partorire in terra straniera". In due mesi, luglio e agosto 2010, all'ospedale Sandro Pertini di Roma ci sono stati 92 parti di donne straniere. Rosaria Bottini, ostetrica presso l'azienda ospedaliera, ha intervistato 72 di loro per capire in che modo hanno interagito con il sistema sanitario nazionale.

accesso tradivo alle cure


Per la stragrande maggioranza delle straniere (oltre l'80%) il servizio sanitario è stato migliore rispetto a quello del paese d'origine

Per Mario De Curtis, neonatologo, i dati dell'Umberto relativi al 2009 parlano di 25 neonati "stranieri" morti con un incidenza dello 0,7% per le gravidanze di donne immigrate: fra le italiane il tasso s'è fermato allo 0,4%. Per le straniere, i casi di asfissia del bambino sono stati dell'1,8% e si è ricorso alla rianimazione nel 2,7% dei parti, mentre per le donne italiane i dati si aggirano entrambi intorno all'1%. I traumi ostetrici, inoltre, sono stati visibili nel 6,2% dei bambini stranieri, mentre per gli italiani il dato s'è fermato al 2,2%. Numerosi anche i casi di malformazione (32,6%), dovuti all'unione tra consanguinei, molto frequenti nelle comunità immigrate e fattore che incide molto sulla salute del bambino.

L'assistenza in Italia è spesso nettamente migliore di quella riservata nei paesi di origine. Al punto che ci sono anche casi di donne che affrontano un viaggio con l'unico scopo di partorire. È il caso di Mirabella, una donna rom che vive nelle campagne romene. De Curtis racconta che, sposata con un uomo violento e madre di tre figli, rimasta incinta del quarto, non avendo più un lavoro ha deciso di salire su un autobus diretto a Roma per recarsi proprio al Policlinico. Dopo il parto, ha scelto il nome del piccolo - Lorenzo - e dopo tre giorni è tornata in Romania scegliendo di non riconoscerlo e di lasciarlo in adozione. "Ha lasciato suo figlio - spiega il neonatologo - per garantire almeno a lui un futuro migliore".


Fonte: SuperAbile INAIL

TI POTREBBE INTERESSARE