Fu una gravidanza difficile: la trascorsi a letto e da sola. Scoprii che proprio nei momenti difficili spesso non c'è quasi mai nessuno: mio marito, i familiari più stretti erano spesso assenti, così come gli amici, rari. Scoprii con delusione che spesso non c'erano proprio le persone che invece desideravo mi restassero accanto.
Mi ricoverai prima dello scadere del tempo, circa un mese prima, nell'ospedale in cui lavorava la ginecologa che mi aveva seguito durante la gravidanza. In seguito, a causa della mancanza di tre incubatrici, mi spostarono in un altro ospedale della regione, adducendo come motivazione la cautela. Pensavo che dopo il ricovero sarei stata meglio, invece iniziò un vero calvario!
I medici pensavano che avrei potuto partorire naturalmente. Però in ospedale trascorrevo il tempo quasi sempre collegata alle macchine per i tracciati. Iniziai così a non sopportare più la situazione e a supplicare i medici di poter avere un parto cesareo. Infine essi stabilirono una data.
Mio marito aveva sempre tanta paura che le cose non andassero bene, tanto che comprò una macchina nuova solo mentre ero in ospedale. E acquistò anche le tre culle negli ultimi giorni.
Quando iniziai a pensare che il parto potesse andare bene, purtroppo il suo cuoricino smise di battere. La sera prima della data stabilita i medici effettuarono un cesareo d’urgenza. Non vidi mai quel corpicino senza vita. All’infermiera che annunciò la sua morte, chiesi: "non si può far nulla per salvarlo, vero"?
Adesso ho due figli stupendi, hanno 15 mesi e crescono sempre di più. Sono la mia gioia e di mio marito. Tuttavia non c’è giorno in cui non pensi a quel bimbo volato in cielo. Prima del parto avevamo comprato tre culle, avevo ricamato i paracolpi per tre, avevamo acquistato una macchina a sette posti e tre orsacchiotti uguali, che avevo posto su una mensola della stanzetta.
Soprattutto penso a quando immaginavo i miei stessi figli ancora prima della nascita e li paragonavo, giocosamente, a "Qui, Quo, Qua".
Ora nessuno dei miei parenti e amici ne parla, come se non fosse successo nulla, come se il bimbo non fosse mai esistito. Tutti tacciono per delicatezza. Anche mio marito, quando sono uscita dalla sala parto, si sforzava di essere sorridente e mi descriveva i due bimbi, l'uno accanto all'altro, nella culletta dell'ospedale, quasi come se fossero abbracciati. Purtroppo fu lui che proprio nei primi giorni, invece di stare con noi in ospedale, si dovette occupare del rito funebre e della tumulazione del piccolino.
A nostro parere, si è trattato di un caso di malasanità. Bastava farli nascere prima e oggi avrei tre figli. Non abbiamo denunciato i medici. A noi non interessano i soldi. Nessuna cifra ridarebbe vita a quel corpicino. Scrivere mi aiuta a stare meglio. Preferisco farlo in forma anonima, sperando che anche eventuali commenti alla storia mi possano aiutare. Grazie a tutte voi.
Una mamma
(storia arrivata come messaggio privato sulla nostra pagina Facebook. L'autrice ha chiesto di rimanere anonima)
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Aggiornato il 27.03.2018