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La storia del mio piccolo grande guerriero prematuro

di mammenellarete - 21.08.2019 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Oggi sono passati per l'esattezza 2 anni e quasi 5 mesi dalla nascita del mio piccolino. E' nato minuscolo, poco meno di due kg. La sua manina nell'incubatrice era più piccola del mio pollice. Lorenzo Leon cresce sempre più. È un bimbo sano e vivace. Troppo vivace. Un ciclone di simpatia. È e sarà sempre il nostro piccolo guerriero.

Anche io mamma di un piccolo guerriero.

Mi chiamo Giusy ho 36 anni e sono di Rimini. Sono diventata mamma per la prima volta all'età di 27 anni di una splendida bambina di nome Sofia.

Una gravidanza splendida senza intoppi e complicazioni. Un parto naturale a 10 giorni dalla data presunta (era domenica 9 maggio 2010, festa della mamma, il mio regalo migliore) fu molto veloce e emozionante.

Ci siamo goduti Sofia il più possibile, ma in progetto c'era la voglia di voler lasciarle in eredità e regalarle un fratellino o sorellina. Ci abbiamo pensato bene perché bisognava avere una stabilità lavorativa, economica, una casa... Insomma solite cose a cui molti pensano. Passano gli anni e finalmente abbiamo avuto una casa in cui stare grazie ai nonni. Perché stabilità lavorativa ancora nulla.

Passano ben 6 anni e nel 2016 decidiamo di provarci. Anche perché gli anni passano anche per noi è non volevo affrontare una gravidanza a tarda età. Rimango incinta a fine luglio 2016. Eravamo contenti ed emozionati e Sofia era veramente contenta.

All'inizio è risultata una gravidanza nella norma.

Data presunta nascita: 21 aprile 2017. Maschietto. Tutto perfetto!

Il 3 dicembre 2016 ore 10.30.

Mentre ero a passeggio (per l'esattezza stavo facendo shopping natalizio), mi si rompono le acque. Inizio a piangere disperata. Inconsolabile. Mio marito mi porta immediatamente al pronto soccorso ostetrico. I medici e le ostetriche si consultavano, si guardavano con aria preoccupata mentre io ero terrorizzata e con le lacrime a fiumi. Mi si avvicina il medico e mi dice:

"Signora abbiamo riscontrato una rottura nel sacco amniotico. Il bambino è a secco e dobbiamo ricoverarla e monitorarla ma la preparo al peggio. Potrebbe non farcela".

È lì per la prima volta che ho sentito mancarmi la terra sotto ai piedi. Ho passato la notte piangendo e a ripetermi che no, non poteva assolutamente andare così.

Parlavo al mio bambino quasi minacciandolo amorevolmente. Lui doveva lottare e rimanere lì dentro. Io avrei lottato per e con lui.

Passano i giorni e sempre monitorata sembra che il minimo di liquido al giorno sia presente e sufficiente (in fondo il liquido non è altro che pipì del bambino mi dicevano).

Ma dovevo comunque rimanere lì ricoverata fino alla fine... Mandarmi a casa non se ne parlava. E nonostante io avessi Sofia a casa che aveva bisogno di me.

Decisi di portare pazienza e poi era con i nonni che sia da una parte all'altra non gli hanno mai fatto mancare nulla anche se lei ha sofferto un po' della mia mancanza e della sua routine. Ma è stata fondamentale per me. Mi ha dato tanta forza pur non sapendolo. Ci sono stati momenti di sconforto ma tanti tantissimi momenti di pace e tranquillità. Ero ricoverata ormai di casa nel reparto di ostetricia. Ho conosciuti medici infermiere/i. E ostetriche che mi hanno trattata da amica con un'umanità che poco avevo riscontrato nella mia vita. Mi hanno supportato e alle volte sopportato. Ho conosciuto altre donne divenute amiche con patologie differenti o simili e sostenute a vicenda. Ho passato Natale, Capodanno, Epifania, San Valentino, Carnevale assieme alla mia famiglia ospedaliera. Me la sono anche spassata delle volte. E ogni giorno ogni singolo momento mi ripetevo e ripetevo al mio piccolo di non mollare.

Facevo analisi giornaliere. Ecografie mensili. Monitoraggi.

Superando il limite di "salvezza" delle 26 settimane si stabilì un nuovo obiettivo: continuare così fino alla 30°...

Una sera ci venne a parlare la dottoressa della terapia intensiva per prepararci psicologicamente a cosa potessimo andare incontro e ricordo una frase che mi fece gelare il sangue: il bambino avendo avuto poco liquido per tutti quei mesi poteva avere dei problemi polmonari nonostante mi fecero fare una cura apposta per lo sviluppo degli stessi..

Altro momento di sconforto. Altri pianti e altre minacce amorevoli al mio piccolo.

Superai anche questo e cercai di non pensarci. Noi eravamo più forti delle statistiche. Ogni tanto (per 3 volte) mi davano il permesso giornaliero di uscire ma non ne volli approfittare perché lì mi sentivo al sicuro.

.. Sapevo che se fosse successo qualcosa lì potevo essere soccorsa immediatamente e uscire un po' mi spaventava. Ma una boccata di aria diversa mi ha fatto bene quelle poche volte!

Ricordo una domenica di fine febbraio in "libera uscita" andai a comprare il minimo indispensabile che mi potesse servire per la nascita ed ero felice perché in cuor mio ho sempre saputo che l'avrei stretto tra le braccia...

Arriva il 7 marzo: il giorno dopo era la festa della donna e la sera vennero a far visita alle pazienti i dottor Clown ad omaggiarci della mimosa e a farci ridere un po'. Nonostante quei 5 minuti di svago ospedaliero avevo una strana sezione ma nulla che mi facesse pensare che da lì a poco avrei conosciuto il mio piccolo guerriero. Alle 22 iniziarono le contrazioni. E si fecero sempre più intense. Alle ore 2 dell'8 marzo sfinita e sotto consiglio di un infermiere chiamai mio marito che fatalità quella sera non stava molto bene e gli avevo detto di non passare (si perché passavo tutte le sere con lui e la mia principessa). Probabilmente il pargoletto a modo suo gliela voleva far pagare.

Arriva dopo una mezz'oretta. Mi portarono in sala parto. Controlli di routine e poi subito dopo alle 3.15 parto cesareo d'urgenza (sì, perché il signorino era anche podalico). Mi portarono in sala operatoria... tremavo senza riuscire a fermarmi... un vortice di emozioni molto contrapposte tra di loro mi assalirono.. Ansia e paura andavano per la maggiore.

Il personale in sala cercò di tranquillizzarmi e l'anestesia fece il suo dovere.

Ero lì sdraiata su quel lettino, senza vedere nulla. Cercavo di sentire ogni minimo loro movimento. Cercai di stamparmi nella mia mente ogni suono, ogni luce.

Alle 3.59 finalmente la dottoressa lo tirò fuori. "Eccolo... Benvenuto piccolo" disse...

E io domandai subito se potevo vederlo e se stava bene.

La pediatra me lo mise davanti alla faccia. Era l'essere più bello che io abbia mai visto nonostante fosse tutto sporco. Un piccolo guerriero. Minuscolo minuscolo (1900 gr) ma con una voce che rimbombò in tutta la sala. Urlava disperato il mio cucciolo. Scoppiai a piangere... un pianto liberatorio... Un pianto di gioia...

Finalmente il mio... Il nostro Lorenzo Leon era nato e pronto a sconvolgere nuovamente ogni istante della nostra vita. Ma ancora non era finita. Lo misero subito in incubatrice e lo portarono in terapia intensiva neonatale. Nel frattempo era mattina presto e prima che andasse a scuola chiamai Sofia e le diedi la notizia. Attimo di silenzio. Pianto di una bambina. Anche il suo liberatorio e di felicità. Era proprio stata brava a portare pazienza con noi. La mia piccola donnina!

Lorenzo potei vederlo solo la sera per un attimo. Mi portò mio marito con la sedia a rotelle. A entrare in Tin ti si stringe il cuore. Con tutti quei piccoli guerrieri, attaccati a mille tubicini. Suoni a destra e sinistra ti facevano saltare subito dalla sedia. Lui era lì. Così piccolo in questa scatola di vetro così enorme. Infilai la mano nel piccolo oblò. Gli toccai la manina... Era più piccola del mio pollice. Per un attimo aprì gli occhi verso di me. Ed io mi incantai nel suo sguardo. Era come se volesse dirmi: "Mamma, ce l'abbiamo fatta".

Sono stata troppo poco tempo quella sera. Sono dovuta ritornare in stanza. Avevo avuto un cesareo qualche ora prima e l'anestesia era svanita. Ero stanca. Non riuscì a dormire quella notte. Ero in preda a un turbinio di emozioni forti. Adrenalina alla stato puro. La mattina successiva decisi di farmi forza. Il dolore non era niente a confronto con la voglia che avevo di stare con il mio bambino.

Mi tolsero il catetere e mi alzai. Certo, ero lenta nei movimenti. Ma non importava. Potevo andare da lui. Stare con lui.

Due giorni dopo finalmente, dopo esattamente 100 giorni, arrivarono le mie dimissioni e io ero contenta. Salutai tutti e ognuno di loro è rimasto nel mio cuore! Nel frattempo mi dividevo tra casa e Tin. Dovevo recuperare il tempo con la mia principessa, sistemare casa per l'arrivo del nostro piccolo. Far montare culla, passeggino. Insomma erano passati ormai 7 anni dall'ultima volta che li avevo utilizzati per Sofia. Passavo la notte a casa, portavo Sofia a scuola e poi me ne stavo in Tin ad occuparmi del mio piccolo. Così per 20 giorni. Fino a quando una mattina mi dissero che era pronto per tornare a casa e lì... quello fu un altro giorno che non dimenticherò. Finalmente a casa tutti quanti. Finalmente iniziò la nostra vita in 4.

Oggi sono passati per l'esattezza 2 anni e quasi 5 mesi.

Lorenzo Leon cresce sempre più. È un bimbo sano e vivace. Troppo vivace. Un ciclone di simpatia. È e sarà sempre il nostro piccolo guerriero.

Sofia e Lorenzo Leon sono i nostri gioielli preziosi e continueremo il nostro cammino sempre assieme e sempre lottando. Supereremo ogni ostacolo che la vita ci mostrerà davanti.

Ad ogni donna colpita da simile patologie dico di lottare e non arrendersi. La pazienza è la migliore arma. Alla fine se lo vuoi puoi. E arriveranno i frutti che con amore si coltivano e proteggono.

Ad ogni donna che ha superato l'esperienza di un figlio prematuro dico:

"Brava... sei stata una grande lottatrice. Perché i bambini sono stati piccoli guerrieri, ma noi siamo state ottime corazze"!

Buona vita piccoli guerrieri

di mamma Giusy

(storia arrivata come messaggio privato sulla nostra pagina Facebook)

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