Durante il terzo tracciato, proprio mentre il mio compagno aveva gli auricolari ed ascoltava tranquillamente la musica nella sala ospedaliera, i dottori si accorsero che il battito della piccola era sceso a 60.
Era accaduto altre volte che scendesse, ma mi avevano poi detto che il repentino abbassamento era legato all'apparecchio che "prendeva male". Quindi non mi allarmai subito e aspettai. Eppure questa volta il battito non accennava a risalire. Passarono 30-40 secondi, dopo i quali la ginecologa esordì con un volto davvero preoccupato, esclamando: "e questo battito?"
Allora la dottoressa cercò di spostare di qualche centimetro la macchina che registrava il battito, che però continuava a restare basso. Chiamò il collega, intimandomi (dandomi praticamente un vero e proprio ordine) di stare calma. Per me era impossibile!
Arrivò l'altro ginecologo, il quale, anche se tranquillo all'apparenza, era più preoccupato dell'altra dottoressa e, senza che io sapessi niente, aveva chiesto alle infermiere di preparare la sala per il cesareo d'urgenza.
Per fortuna, dopo un paio di minuti, per me interminabili, il battito tornò regolare! Il cesareo fu rimandato e mi trattennero per circa un'ora, facendomi vari esami, tra cui uno, davvero doloroso, per controllare il liquido, che per fortuna era limpido.
Ad un certo punto il dottore mi disse che mi avrebbero dovuto ricoverare. Per tre giorni rimasi attaccata al tracciato, continuando a fare diversi esami, tra cui quello del liquido. Non riuscii a mangiare nulla, se non fette biscottate e thè a causa del possibile cesareo.
Il terzo giorno (ero a 41 settimane precise), il battito calò nuovamente, anche se solo per una trentina di secondi, e la ginecologa di turno decise di indurmi le contrazioni. Se la piccola avesse risposto bene, io avrei partorito naturalmente, altrimenti avrei fatto il cesareo. Nel frattempo ringraziavo Dio di aver fatto fare l'eco cardio fetale, che mi aveva permesso di "non morire d'infarto" per la preoccupazione.
Mi diedero l'ossitocina e la tenni per due ore, finché finalmente iniziarono le contrazioni. Furono le due ore peggiori della mia vita. Avevo la flebo da una parte e la macchina del tracciato dall'altra. Non potevo assolutamente muovermi e, soprattutto, muovere la schiena. Per fortuna il mio compagno era al mio fianco, e a lui feci riferimento, stringendogli con forza la mano.
Dopo un'altra ora di dolore, finalmente mi portarono in sala parto. Mi si ruppero le acque proprio mentre i dottori mi accompagnavano nella sala destinata al travaglio. I medici mi dissero subito di spingere quanto più mi era possibile.
Dopo cinque minuti la sala era piena di dottori e di infermiere. Ma io sentivo che l'unica cosa importante in quel momento era spingere, non importava nient'altro. Quando iniziai a percepire la testa della mia bimba "a metà del tragitto", iniziai a urlare per il dolore.
A ogni contrazione spinsi come una matta, urlando talmente tanto che ad oggi sono ancora sorpresa di non aver spaccato qualche macchinario. Dopo 14 minuti circa, nacque Monica. 3135 kg di splendore! Quando l'appoggiarono su di me, mi sembrò così grande e così pesante!
Mi pareva impossibile che poco prima fosse nella mia pancia. La mia piccola era perfetta e bellissima. Non dimenticherò mai quando il mio compagno, con la nostra piccola in braccio, mi dette un bacio dicendomi: "grazie!"
di mamma Daniela
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