Mi chiamo Michela e ho 28 anni. La mia storia iniziò nel 2003. Avevo avuto una relazione tormentata di circa quattro anni con un ragazzo, quando improvvisamente conobbi il mio attuale marito.
Dopo la rottura con il mio ex, mio padre aveva iniziato a non avere più fiducia in me, chiudendomi praticamente in casa. Potevo uscire per poco tempo nel pomeriggio senza spostarmi dal paesino in cui abitavo e solo per poche ore il sabato sera.
Avevo 15 anni e non volevo sentirmi diversa dagli altri coetanei. Volevo uscire e divertirmi con le mie amiche. Durante una delle mie brevi uscite, il 24 gennaio 2004, incontrai lui, il mio attuale marito.
Nacque subito un grande amore, ma, oltre a questo, io vidi egoisticamente in lui e nel nostro rapporto la possibilità di scappare dall'oppressione della mia famiglia. Ovviamente tutta la mia famiglia e in particolar modo mio padre ostacolava la relazione.
Così cominciammo a fare progetti e vedemmo nell'avere un figlio l'unico modo per poter consolidare il nostro rapporto. Ebbi un aborto a febbraio, ma non mi scoraggiai e a giugno rimasi incinta di nuovo.
Ovviamente i miei genitori quasi morirono di infarto quando vennero a sapere che ero incinta. Avevo solo 16 anni, dovevo ancora capire cosa fare nella mia vita, figuriamoci come potevano prendere l'idea che potessi crescere un figlio.
Alla prima visita venne fuori il primo problema: mia madre si ricordò di una mia vaccinazione anti-rosolia fatta pochi mesi prima. Il ginecologo mi disse che avrei dovuto interrompere la gravidanza per forza perché anche se fosse nato, non sarebbe vissuto a lungo.
In quel momento il mio cuore si spezzò. Anche se il fine non era dei migliori, io quel bambino lo sentivo già mio. Andai a fare l'interruzione di gravidanza, durante la quale mi chiesero il motivo.
Mi dissero di guardare bene il tesserino delle vaccinazioni: non c'era traccia del vaccino anti-rosolia!
Io e mio marito eravamo troppo felici, i miei genitori un po' meno. La gravidanza proseguì per il meglio, il rapporto con mio padre peggiorò sempre di più, tanto che quasi tentò di darmi dei pugni nella pancia per due volte e picchiò mio marito più di una volta.
Il 26 dicembre 2004 mi venne un febbrone a 41°. Influenza dissero, ma il giorno dopo cominciai ad avere delle perdite e mi ricoverarono. Cominciai ad avere anche le contrazioni e mi misero una flebo per calmarle. Era troppo presto, ero solo alla ventottesima settimana.
Il 29 dicembre mi dovettero sospendere la flebo per shock anafilattico. Cominciai ad avere dolori fortissimi. Come potevo sapere a 17 anni che si trattava del travaglio... L'infermiera mi disse che non "mi ero scaricata" e mi diede una supposta.
Mentre ero sul water mi si ruppero le acque: mi buttarono sul letto e mi portarono di corsa in sala parto. Alle 15.13 schizzò fuori un esserino piccolissimo di 1.089 kg e 39 cm di nome Sofia.
Me la portarono subito via, la condussero in TIN. Mi dissero che le prime 48 ore erano cruciali per capire come stava e per constatare la sopravvivenza. Era piena di sondini e di tubi, con solo la pelle attorno alle ossa, con tanti capelli neri e due dentini.
Sembrava finita qui e invece il 10 gennaio la portarono a Bergamo per un'operazione per chiudere il dotto di Botallo, al cuore. Un giorno, mentre andavo da lei, ebbi un crollo psico-fisico e mi ricoverarono per una settimana in ospedale.
Riuscii comunque a vederla dopo l'operazione. Era una scricciola. Fu l'unico momento in tre mesi di TIN in cui riuscii ad accarezzarla e a tenerle la mano. Dopo tornò nel nostro ospedale, a Cremona, dove rimase fino al 1 marzo 2005.
In seguito fu un susseguirsi di visite, ricoveri per bronchiolite, rotavirus, visite per lo sviluppo psichico. Ma oggi quel fagottino è diventato una bella ragazzina di 11 anni.
Io e il suo papà ci siamo sposati nel 2012 e siamo riusciti a darle una sorellina, Zoe, di 13 mesi, che finalmente ha riunito tutta la famiglia, compreso mio padre. Questa è la mia storia, abbiamo lottato contro tutto e contro tutti e abbiamo vinto!
di Michela
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