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Prendono il nome dal medico che le identificò intorno alla fine del 1800. Consistono in indurimenti fisiologici del ventre e, molto spesso, non sono dolorose. Si presentano nel terzo trimestre di gravidanza e sono sporadiche.
Il percepirle o meno, dipende anche dalla costituzione della donna: se una donna ha una soglia di dolore elevata o meno, ma anche dal peso della gestante. Si possono avvertire in momenti specifici, ad esempio in conseguenza ad un movimento del feto, ad un urto, oppure dopo un orgasmo o in periodi di stress; o ancora quando la vescica è particolarmente in attività.
Le contrazioni, poi, quando si avvicina la fase espulsiva diventano sempre più intense, ritmiche e regolari e contribuiscono alla vera dilatazione del collo dell’utero. Cominciano in sordina (sono deboli) e salgono pian piano di intensità raggiungendo il picco del dolore. Sono come un’onda che passa: arriva da lontano e poi sfocia in un’intensità quasi insopportabile.
Ciò che più interessa una donna incinta è sapere qual è il tipo di dolore che si avverte. Il dolore, come forma ed intensità, è sempre soggettivo, dipende soprattutto dalla soglia di dolore di ogni persona. Molte donne riferiscono di intensissimi dolori nella parte bassa dell’addome, simili a quelli mestruali, ma molto più amplificati. Il dolore, poi, si può diffondere fino alla colonna vertebrale. Le contrazioni finali sono intensissime, si presentano ogni trenta secondi e possono durare anche un minuto e mezzo: l’utero arriva a dilatarsi di dieci centimetri.
In questa fase intensissima, la donna può involontariamente lasciarsi andare con urine e feci, stimoli che non riesce a controllare. È del tutto normale, il corpo cerca spazio per portare fuori il bambino. Quando si cominciano ad avvertire le contrazioni, dunque, e si sente che il momento non tarderà ad arrivare, è anche opportuno non appesantire lo stomaco e lasciare il via libera a spuntini, magari spiluccare qualcosa che dia energia per la spinta come caramella, cioccolata, zucchero, miele.
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