Andò tutto bene fino più o meno alla quattordicesima settimana, quando scoprimmo che erano tre femminucce tutte uguali, ma al contrario di me e mia sorella gemella eterozigoti, loro erano monozigote quindi una trigemina monocoriale: le mie gemelle si nutrivano da una sola placenta.
Poco dopo i miei continui dolori alla pancia che era diventata enorme, mi diagnosticarono una malattia della placenta detta anche trasfusione feto fetale: per poter far sopravvivere tutte le bimbe occorreva separare la placenta. Detto, fatto. Mi sottoposi al laser per riuscire a salvare il salvabile, ma purtroppo prima una e più avanti un'altra delle mie creature smise di vivere dentro di me lasciando un vuoto che solo una mamma può comprendere.
Ho lottato, ho lottato per non cadere e alla trentesima settimana di gestazione la più piccola delle mie bambine, quella più minuscola, è venuta alla luce il giorno di San Benedetto in una calda mattina di luglio: pesava 735 gr. Giovanna Vittoria, così l'abbiamo chiamata, ha lottato con tutte le sue forze dentro a quella incubatrice che le faceva da grembo materno. La nostra guerriera ha sopportato un intervento all'intestino e ne è uscita vittoriosa: il suo nome non l'abbiamo scelto a caso.
Abbiamo aspettato due mesi e mezzo prima di portarla a casa, giorno dopo giorno al suo cospetto a pregare, a sperare, ad amare.
Mai e poi mai io e mio marito dimenticheremo quel periodo della nostra vita, catapultati nel mondo dei prematuri a noi sconosciuto con la realtà che ti passa accanto ogni giorno. Quando devi aspettare, devi assistere a cose che accadono tra quelle mura fatte di dolore, ma anche di speranza grazie al personale del reparto uomini e donne eccezionali.
Ora Giovanna Vittoria ha sei mesi, ma corretti sono quattro. Fa progressi ogni giorno, non sembra nemmeno più lei quel fagottino che pesava poco più di mezzo kg.
La nostra vita è cambiata, ora non ho più paura. Ora so che il Signore ce l'ha lasciata proprio per questo.
Ora non diamo più niente per scontato, ora crediamo ancora di più nei miracoli e ci basta guardarla sorridere per trovare ogni giorno la vera voglia di vivere.
di mamma Barbara
(storia arrivata per email a redazione@nostrofiglio.it)
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