Andai in ospedale e mi fecero un monitoraggio, ma mi dissero che era presto per il parto e che avrei dovuto provare a dormire, anche perché alle sei, ventiquattr'ore dopo, mi avrebbero dovuto indurre il parto.
In più, dato che avevo rotto le acque, i medici non potevano misurare la dilatazione, a causa del rischio di eventuali infezioni pericolose per me e il piccolo. Tornai nella mia stanza d'ospedale, nella quale regnava il silenzio. Decisi di farmi forza e di affrontare le contrazioni con coraggio.
Giunsero le tre e mi fecero di nuovo il monitoraggio, finchè non fui di nuovo rispedita in camera. Alle otto finalmente mi visitarono e scoprii di avere una dilatazione di cinque centimetri. I ginecologi mi fecero anche i complimenti, dato che non mi ero lamentata per nulla.
Mi diedero l'ossitocina obbligatoria e in mezz'ora arrivai ad essere dilatata di circa nove centimetri. Fu quello il momento per me più emozionante, perché mi dissero che il piccolo sarebbe arrivato a breve! Le contrazioni erano dolorosissime. Il mio compagno, che era vicino a me, tutt'ora non riesce a spiegarsi la forza che avevo nello stringergli le mani. Mi dice ancora che in quel momento avevo la forza di un uomo.
In un attimo provai mille emozioni differenti. I nove mesi di attesa, le paure, le ansie e le gioie erano tutte lì, tutte in quei nove centimetri di dilatazione. Piangevo tanto, non tanto per il dolore intenso e tagliente, ma più per il vortice emotivo in cui mi trovavo. Poi quel vortice lo trasferii nelle spinte.
Ho spinto con tanta forza e senza urlare. Dopo due minuti, tre spinte e un taglio (episiotomia - ndr), che non mi sono fatta mancare, alle 12.08 avevo il mio Santiago sulla pancia, che mi guardava più stanco, spaventato e scosso di me.
Che dire? Non è vero che il dolore si dimentica. Io il dolore lo ricordo ed anche molto bene, ma rifarei il parto mille altre volte, perché la potenza della nascita è catartica e rende il dolore parte integrante della bellezza dell'attimo in cui stringi tuo figlio tra le braccia.
La parte più difficile, in fondo, viene dopo! Ma questa è un'altra storia.
di mamma Rita
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