Al pronto soccorso il mio ginecologo mi visita e mi fa lo scollamento delle membrane, praticamente subito dopo perdo il tappo mucoso, ma inizio a sanguinare. Mi preoccupo e vado dalle ostetriche, che senza visitarmi dicono di non preoccuparmi e che é tutto normale.
Ma io non sono affatto tranquilla, ho perdite simili a quelle del ciclo e non mi sembra sia una cosa normale, comunque le contrazioni vanno via via diminuendo fino a sparire mentre le perdite durano per tutta la notte.
Il mattino dopo mi chiamano per il monitoraggio ed io dico all'ostetrica che ho perdite simili a quelle del ciclo, lei è scettica su quanto le dico, ma poi mi controlla e dice che mi farà visitare dal ginecologo, che, a sua volta, mi dice che effettivamente tutto quel sanguinamento non è normale e bisogna capire la causa.
Quindi faccio una bella visita ginecologica "approfondita" e capiamo che la perdita è causata da qualche vaso del collo dell'utero, danneggiato (probabilmente per via dello scollamento). A questo punto decidono di accelerare tutto, perché con quella perdita rischio di "anemizzarmi" e quindi immediatamente mi danno ossitocina per endovena.
Praticamente da quel momento non rientro più in camera, non vedo più nessun parente. Anzi, inizio a preoccuparmi di farli avvertire di cosa sta avvenendo, perché temo che entrino in ansia. Io sono completamente in ansia e spaventata, oltretutto senza nessuno vicino a me.
Intanto inizia il travaglio, le contrazioni fanno male, ma diventa anche peggio quando mi rompono le membrane. Malgrado tutto "l'ambaradan" del monitoraggio e della flebo, cerco di mettermi in piedi per cercare di far progredire le cose, ma dopo pochi secondi non resisto e mi rimetto sdraiata.
Per fortuna in poco tempo arrivo a dilatazione, ma la testa é ancora molto alta. Cerco di fare quello che posso, mi sento un animale in gabbia, chiedo all'ostetrica di aiutarmi a mettermi carponi, per fortuna mi asseconda anche se non ho alcun supporto morale da parte sua, nessun incoraggiamento, anzi mi dice: - "se spingi lo fai per te mica per me".
Nel frattempo ci sono altre due donne he partoriscono alla velocità della luce, giusto il tempo di entrare in sala parto e di uscire… beate loro! Io ancora lì a soffrire come un cane con la bocca secca. Mi sembra di non avere la forza di spingere, niente, non si muove niente! Stanca dei dolori, inizio a chiedere di fare il cesareo.
I medici non mollano e continuano ad insistere. Mi portano sul lettino, dove mi schiacciano la pancia per vedere quanto progredisce la testa, ma nulla, per cui finalmente mi portano in sala operatoria. Quando sulla barella attraverso il corridoio e si avvicinano i miei, dico loro: - "devono farmi il cesareo", come se fosse una sconfitta.
Tutti mi dicono: - "non fa niente", ma si vede che sono in ansia per me e per il bambino. L'anestesia fa effetto immediatamente e finalmente sono libera dalle contrazioni; in seguito per effetto del rilassamento della muscolatura inizio a tremare come una foglia.
Alle 19.01 nasce Sergio, un faccino rosso rosso che strilla con tutto il fiato che ha. Il giorno dopo i dottori e l'ostetrica della mattina prima mi dicono che non è stata "colpa mia", però io ho ancora la sensazione di aver mollato, di non essere stata all'altezza della situazione. Insomma, ho la sensazione di non essere riuscita a portare a termine ciò che avevo cominciato.
Ora che penso ad un secondo figlio, sto cercando informazioni sul VBAC, anche se ho paura di riprovare la stessa sofferenza. Ho voluto condividere questa esperienza con voi e mi piacerebbe confrontarmi eventualmente con le vostre opinioni.
di mamma Raffaella
(storia arrivata tramite la pagina facebook di Nostrofiglio.it)
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