Vorrei raccontare la mia esperienza. Primo figlio: termine previsto 13 maggio. Ma non ebbi nessun dolore fino a quel giorno, così programmarono l'induzione il 23 e mi ricoverai.
Nel frattempo mi sottoposi a due scollamenti del collo dell'utero per aiutare il tutto. Arrivai e iniziarono con i gel: a mezzanotte ne avevo messi praticamente 3, ma nulla.
Il giorno dopo i dottori mi fecero fare una prima flebo di ossitocina e mi ruppero così le acque: mi rimisi ad aspettare, ma nonostante scollamento, 3 gel e rottura acque, il collo dell'utero non si allargava. Eppure avevo dolori acuti.
Dopo 3/4 ore mi rivisitarono: le acque non erano rotte e procedettero ancora una volta, facendomi a quel punto la seconda flebo di ossitocina. Non ce la facevo più: visitata e rivisitata, toccata e ritoccata, avevo dolori da urlo e dopo l'ultima visita, alla fine della flebo, mi dissero che il collo dell'utero era praticamente uguale a prima.
Piansi, perché non sapevamo più che fare. C'era chi diceva che avrei potuto continuare con l'induzione, ma alla fine mi mandarono a fare il cesareo. Ero talmente agitata che, oltre alla puntura solita, aggiunsero due sedazioni.
Alla fine il mio piccolo nacque: aveva due giri di cordone intorno al collo e uno intorno al piedino e nessuno l'aveva previsto. Non si sa quanto questo abbia influito, ma di certo, se avessimo insistito con l'induzione, non so come sarebbe finita.
Ma nonostante credessi fosse tutto finito, mi sbagliavo. I primi giorni in ospedale e poi a casa dopo il parto furono quasi peggio. Non potevo avere nessuno di fianco secondo le regole dell'ospedale, e, con un taglio cesareo, non riuscivo ad alzarmi quasi per nulla.
In ospedale fui anche trattata male. Uscii più tardi per il valore del ferro basso dovuto al sangue perso.
A casa non riuscii ad allattare: seni intoppati tanto da arrivare al sangue quando provavo ad attaccare il piccolo. Poi qualche goccia e, in seguito, il nulla. Sarà stato lo stress, il nervosismo, la mancanza di forze, chissà.
Tornai a casa come una catapecchia: mi reggevo a malapena in piedi, mi sentivo e mi sento tuttora in colpa, come se non potessi nutrire o badare completamente a mio figlio.
Tutti i piani che avevo fatto, dal parto naturale all'allattamento, sono saltati. Nessuno è andato come previsto e questo mi ha moralmente buttato a terra. Mi sono detta che non voglio più figli per la paura che rivada così, che ci risiano intoppi, che debba fare per forza un altro cesareo o che provando con un naturale qualcosa vada storto.
E soprattutto ho paura che non si vedano fin dall'inizio eventuali problemi come "i giri di cordone": insomma sono traumatizzata. E ora chissà se sarò in grado di essere una buona madre. Scusate lo sfogo. Cerco anche qualcuno con esperienze simili con cui parlare o che possa darmi un po' di conforto.
di Simona
(storia arrivata come messaggio privato sulla nostra pagina Facebook)
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