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La mia bimba era podalica: ho affrontato un parto cesareo

di mammenellarete - 07.07.2016 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
La storia del mio parto è po' lunga. Il mio è stato un cesareo e la mia esperienza è stata positiva. La mia bimba era in posizione podalica e quindi i medici hanno optato per un taglio cesareo a 39 settimane più 2 giorni. Dopo la nascita di mia figlia ho capito che non sarei stata mai più la stessa, ovviamente in senso positivo. Ora mi sento "completa".

In occasione dell'ecografia dell'accrescimento alla 32esima settimana, scoprii che la mia bimba era in posizione podalica. Per me fu un'amara scoperta perché ero convinta che lei fosse posizionata già da tempo. Caddi nell'angoscia alla prospettiva di dover rinunciare al tanto desiderato parto naturale.

Un'ostetrica del consultorio ci presentò la tecnica della "moxa". La "moxa" consiste nel bruciare un sigaro di artemisia in prossimità del quinto dito del piede, in questo modo secondo le metodologie orientali si stimola un meridiano che invita il bambino a "fare la capriola" posizionandosi correttamente.

Con mio marito iniziammo a dedicare almeno mezz'ora al giorno a questa pratica; non dimenticherò mai il suo impegno nel preparare un angolo rilassante per rendere questo momento più efficace e per mandar via l'odore di erba secca bruciata che rimaneva nella stanza!

Purtroppo nonostante la nostra costanza i tentativi non ebbero l'effetto sperato; ero sempre più delusa quando sentivo le altre mamme che dopo una sola seduta avevano ottenuto l'agognata capriola! Alla 35esima settimana mi fu presentata in consultorio la possibilità della manovra di rivolgimento esterno, praticata dal primario dell'ospedale in cui avrei partorito.

In quella circostanza sarei stata disposta a tutto pur di avere un parto naturale, tuttavia mio marito non era d'accordo per paura di nuocere alla piccola, dal momento che l'ecografia dell'accrescimento aveva svelato anche la presenza di qualche giro di cordone intorno al collo. Così mi decisi a sentire qualche parere, in particolare quello del ginecologo che mi seguì durante la gravidanza, che mi invitò espressamente a "evitare forzature".

Così capii che dovevo affidarmi alla mia bimba: lei aveva qualcosa di molto più forte della mia ragione, il suo istinto di sopravvivenza, e se questo le diceva di stare ferma come era, io dovevo rispettarlo.

Sicuramente era la cosa migliore per lei e per me!

Fu un'esperienza molto bella, che fortificò il nostro rapporto e la mia fiducia in lei. Così decisi di rinunciare alla manovra e di programmare il cesareo, e quando le persone mi dicevano che la bambina avrebbe ancora potuto girarsi io non ci volevo nemmeno pensare: volevo solo sapere come sarebbe andata, cesareo o naturale. Non aver la certezza mi destabilizzava!

Alla 38esima settimana programmammo in ospedale il cesareo per 39 settimane più 2. Da quel momento interruppi tutte le attività che stavo facendo: dall'andare a camminare un'ora tre volte a settimana, praticamente non uscivo più di casa! Avevo paura che il travaglio si avviasse prima del tempo, in quel caso sarei dovuta correre in ospedale e sapevo che ottenere un cesareo d'urgenza non sarebbe stato semplice...

Nel frattempo raccoglievo ogni sorta d'informazione sull'intervento, le sue modalità, le conseguenze e i tempi di recupero! Arrivò la data programmata; al mattino dovevamo essere in ospedale per le 7, ma io ero sveglia dalle 3.30! Uscimmo di casa alle 6.20 e accompagnai mio marito a fare colazione; lo ricordo come un momento molto bello, le ultime ore con la mia piccola nel mio pancione!

Una volta arrivati in ospedale (in anticipo, naturalmente!) controllarono la presentazione, che era sempre podalica. A quel punto andai nel panico perché dovevano inserirmi l'accesso per la flebo. Io soffro di pressione bassa e non amo la vista del sangue, ho frequenti episodi di svenimento in occasione di prelievi venosi; tutto volevo meno che svenire durante la nascita della mia bambina!

Iniziai a non sentirmi molto bene, anche perché ero digiuna da solidi e liquidi dalle 20 della sera precedente. Mi dissero che il mio era il secondo intervento in programmazione e sarebbe avvenuto intorno alle 9.30, intanto mi fecero stendere nel letto di quella che sarebbe stata la mia camera.

Mi misi tranquilla ad aspettare il tempo previsto e dopo poco vennero a mettermi il camice operatorio, farmi qualche flebo ed inserirmi il catetere. Provai subito un fastidio insopportabile, mi chiesi come potevo trascorrere in quel modo 24 ore! Facevo anche fatica a stare stesa a pancia in su, il peso del pancione mi provocava giramenti di testa. Insomma, in quel letto non avevo pace!

L'attesa si prolungò oltre il previsto in quanto nella prima mattinata c'era stata un'emergenza gemellare, di cui però fui informata solo alle 10.30. Sentivo che la bambina aveva iniziato ad agitarsi, pensavo per il fastidio del catetere o per la mia tensione, e aveva iniziato a muovere i suoi piedini proprio lì. Ad un certo punto sentii una botta più forte delle altre, e il bagnato sotto di me.

Chiamai mia mamma che nel frattempo era arrivata insieme a mio babbo e le dissi che mi era uscito il catetere; infatti ero convinta che non fosse stato inserito correttamente, altrimenti non avrebbe potuto farmi così male. Arrivò l'infermiera che piuttosto ruvidamente disse: "Impossibile", alzò le lenzuola e decretò: "Infatti ti si sono rotte le membrane". Allora anche la piccola era pronta per nascere, forse sarebbe stato meno traumatico per lei!

Fu un sollievo per me, però a quel punto dovevo entrare in sala parto bagnata e dolorante. Mi cambiarono qualche strato di lenzuola e avvisarono di affrettare i tempi della sala operatoria. Quando entrai mi fecero attendere ancora qualche minuto in una stanzina posta prima di quella vera e propria. Parlai con un paio di ostetrici molto gentili e sentii che c'era una radio accesa.

Quando fui portata dentro venni accolta da un'anestesista di nome Caterina e un'ostetrica di nome Giorgia, entrambe dolcissime, che mi spiegarono cosa sarebbe accaduto.

Ero agitatissima e se ne accorsero dalla mia pressione e dal battito cardiaco. Mi fecero l'iniezione spinale, prima una puntura per anestetizzare la zona, poi quella vera e propria: il dolore fu assolutamente sopportabile.

Quindi mi stesero sul lettino operatorio e mi legarono le braccia stese a destra e sinistra; essere così immobilizzata mi dispiacque molto, ma rimasi tranquilla, avevo solo paura di svenire. In qualche minuto la sensazione che avevo alla pancia e alle gambe era quella di averle, ma non sentirle, come si sente la guancia durante una seduta dal dentista!

Stesero la tenda davanti a me, all'altezza del mio seno, arrivarono i chirurghi e mi spiegarono che avrei sentito "come spremere un tubetto di dentifricio". Iniziarono a tagliarmi, speravo che sarebbe andato tutto bene. Il chirurgo disse "Qui c'è un piedino, per cui dovrebbe esserci anche l'altro". Mi chiesi cosa stesse succedendo!

A quel punto sentii come strattonare su e giù il mio pancione, immagino per aiutarla ad uscire; quella fu la sensazione meno piacevole di tutte, ma non potrei definirla assolutamente dolore, né fastidio. Dopo poco fece capolino da sopra la tenda la testolina tutta arricciata e insanguinata della mia piccola... Ricordo di aver pensato che i capelli sembravano riccioli, che non sapevo cosa avrei dovuto provare ma che l'avevo sentita subito parte di me.

La portarono a pulirla e pesarla; quando dissero che pesava "3 chili 180" non potevo credere di aver fatto tanto e dissi: "Ha vinto il babbo". Infatti avevamo scommesso sul suo peso alla nascita; ancora non sapevo cosa dire! A quel punto me la portarono e appoggiarono la sua guancia sulla mia: non potrò mai dimenticare la sua morbidezza...

In breve il suo pianto si placò e le ostetriche rimasero sbalordite da questa scena che avrebbero voluto fotografare! Giunse il momento di separarmi da lei che fu portata al babbo in camera per la marsupio-terapia; da lì ogni minuto mi sembrò un secolo! Mi rilassai, era andata.

L'effetto dell'anestesia stava già svanendo, muovevo le dita dei piedi! Nonostante questo, non sentii nulla.

Finirono di pulirmi, ricucirmi, tuttavia dovetti aspettare ancora per la compilazione dei documenti. Mi fecero mezza siringa di morfina e una flebo per attivare le contrazioni uterine. Quando fui portata fuori dalla sala operatoria non vedevo l'ora di stringere la mia piccola. Vidi mia mamma e mia sorella, che nel frattempo ci aveva raggiunto, entrambe molto emozionate; sapevano che volevo rimanere sola in camera con la bimba e mio marito visto che mi era dispiaciuto molto dover rinunciare a quel momento subito dopo aver partorito e lo rispettarono.

Li vidi abbracciati, fu commovente! Lui me la diede subito e lì iniziò qualcosa che sapevo che non sarebbe finito mai. Dopo poco vennero a cambiarmi e ad attaccarmi una flebo di antidolorifico. Ne erano previste tre, in tutto ogni otto ore. Cercarono di farmi alzare già dopo poche ore, ma per me fu impossibile perché avevo in corpo solo un the' zuccherato e mi mancavano le energie.

Circa un'ora e mezza prima della flebo successiva iniziai ad avere dolori lancinanti dovuti alle contrazioni, ma decisi di aspettare la flebo, che quando arrivò migliorò la situazione, non fosse che per tutta la notte i dolori tornarono per via dell'aria nell'intestino che si stava rimettendo in moto. Anche quella notte dormii veramente pochissime ore!

La mattina dopo feci una leggera colazione, mi tolsero il catetere e mi rialzai in piedi. Il dolore c'era, ma era più forte la paura di "riaprire il taglio", infondata perché le infermiere mi avevano detto di mobilizzarmi il prima possibile, per cui mi feci forza!

La sera tornarono i dolori alla pancia e aumentò la febbre, quindi mi diedero una tachipirina che migliorò molto la situazione; ero molto stanca, avevo soprattutto bisogno di riposare, infatti il mattino successivo stavo molto meglio e le dimissioni arrivarono dopo sole 72 ore, il minimo previsto.

Il ritorno a casa è stata l'emozione più grande della mia vita...

Ho capito che non sarei stata mai più la stessa, intorno a me tutto era uguale, ma ora mi sembrava "completo"! Io non so come sarebbe andata se avessi avuto un parto naturale, non posso saperlo, quindi non ci voglio pensare!

Preferisco pensare che è andata bene, io e la piccola stiamo bene e ci siamo riprese. Abbiamo avuto e avremo tantissimi giorni e occasioni ancora per creare e rinsaldare il nostro rapporto. Io sono fortemente intenzionata a non farmene sfuggire nemmeno una!

di Claudia

(messaggio arrivato alla pagina Facebook di Nostrofiglio)

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Aggiornato il 29.03.2018

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