Sono Vanessa e a 26 anni sono diventata mamma per la prima volta di Denuel, un bambino nato di 26 settimane +1. Un prematuro con la forza di un leone..
Rimango incinta intorno a Natale del 2018. Essendo i primi mesi un po’ delicati sto tanto a riposo, dopodiché inizio a svolgere una vita diciamo normale senza faticarmi e senza strafare...
La gravidanza procede bene, non ho nessun sintomo particolare oltre ai bruciori di stomaco, ma verso il sesto mese inizio di avvertire degli indurimenti, un mal di schiena nella zona lombare. Mi dicono che è normale perché sono incinta, sono dei sintomi e ci possono stare.
Una mattina però mi alzo con un mal di pancia strano. Chiamo mio marito e lui mi dice: "Andiamo al pronto soccorso".
Io non ero d’accordo perché non era un dolore forte, però lui dice: "Andiamo a fare un controllo, così ci togliamo il pensiero".
Sono di 22 + 4.
Mi visitano e mi danno la brutta notizia: il mio collo dell’utero si è accorciato più di metà ed è aperto. Mi mandano in un altro ospedale, dove vengo ricoverata e monitorata per minaccia d'aborto.
Io ero distrutta perché cominciano a dirmi che se fosse nato, non ce l’avrebbe fatta a quell'epoca gestazionale.
Mi fanno le due punture per aiutare i polmoni del piccolo e mi monitorano finché non arriva a 23 + 1 e metto il pessario che dovrebbe tamponare la situazione in modo che io possa andare avanti con la gravidanza.
Premetto che non ho mai avuto né infezioni né niente: io stavo bene...
Dopo aver messo il pessario mi mandano a casa: la notte torno con le contrazioni e quando arrivo ho il sacco in vagina, quindi di nuovo un altro ricovero...
Sono preoccupata, distrutta perché iniziano a rianimare dalle 24 settimane mi spiegano i medici e io ho paura di partorire.
Un’équipe meravigliosa cerca di farmi andare avanti il più possibile. Ogni giorno che il mio bambino rimane pancia è un giorno guadagnato per lui.
In questo percorso ho le contrazioni, ma grazie alle flebo si fermano.
Sono allettata, non posso muovermi...
il 29 maggio mi accorgo di avere perdite di sangue e subito chiamo i dottori. Ho paura, ma dall’ecografia non emerge distacco di placenta. Continuo per due giorni con queste perdite fino al 30 sera dopo cena. Inizio a non stare bene, ho le contrazioni e nello stesso tempo ho paura perché so che è il momento, so che non c’è più tempo e so che lui nascerà.
Arriva tutta l’équipe per decidere come procedere. Dall’ecografia il bambino è podalico (è stato cefalico tutta la gravidanza tra l’altro), quindi devono intervenire con un cesareo.
Cesareo di urgenza con anestesia totale perché facevo le punture di eparina per il sangue. Succede tutto così in fretta che non riesco a capire, ho solo tanta paura.
Mi mettono il catetere, mi mettono su una barella e a 0:30 passata mi portano in sala operatoria.
In tutto questo mio marito e stato avvisato e mi sta raggiungendo...
Sono momenti tristi e pieni di angoscia perché non so, non ho la certezza che possa andare tutto bene...
Mio figlio nasce all’1:17. Io rimango in stanza sotto controllo. Viene il pediatra a dirmi che il bambino sta bene, pesa 840 grammi ed è lungo 32 cm.
Avevo un distacco di placenta e lui un giro di cordone intorno al collo. Sono stati tempestivi...
Io mi rilasso per la notizia ricevuta e vado in stanza che sono le 4:30 passate. Vedo mio marito, ma sono talmente scombussolata che non capisco. Ho male, ho male dappertutto, non riesco neanche a parlare.
Posso vedere mio figlio il giorno dopo verso sera.
Ho paura, non so cosa mi aspetta.
Quando vado su insieme a mio marito nella stanza di terapia intensiva mi prende l’ ansia, sento rumori e suoni.
Eccolo e lì dentro a un oblò di vetro.
Alzo la copertina che lo tiene al buio e lo vedo piccolo e tutto rosso rosso. Con una gran voglia di lottare...
Mi scappa un sorriso perché nonostante tutto lui è lì davanti a me...
Posso dire che sono stati giorni duri. Giorni belli dove tutto andava bene e giorni brutti dove non andava tanto bene.
I pianti... la paura... ma allo stesso tempo la forza da avere per aiutare il mio bambino. Potevo solo accarezzarlo da un oblò e tenergli la mano...
Il momento più bello...
era prenderlo in braccio dentro alla mia maglietta e sentire il suo corpicino attaccato al mio,
era gioire per ogni grammo acquistato, per ogni passo avanti che faceva, per ogni giorno che cresceva e io vedevo che ce la metteva tutta.
Io e mio marito non l’abbiamo mai lasciato: ogni giorno dal mattino alla sera eravamo lì a sostenerlo, a cantargli, a parlargli, a dirgli che ce l’avremmo fatta e che presto saremo andati a casa insieme...
Arriva il grande giorno in cui finalmente lui non ha più la mascherina. Respira da solo. Quello è stato il giorno più bello.
Ero così felice e fiera di lui.
Poi arriva il giorno in lo mettono nel lettino normale quindi riesco a gestirlo diversamente. Posso essere un po’ di più la sua mamma.
Iniziamo a dargli da mangiare noi i primi biberon... i primi pannolini... il primo bagnetto... emozione unica.
E dopo tanta attesa, dopo esattamente due mesi e 13 giorni arrivano le dimissioni: possiamo andare a casa! Tanta di quella felicità e allo stesso tempo paura, ma con il cuore pieno di gioia.
..
Oggi il mio bambino ha cinque mesi pesa 4,6 kg circa e lo allatto io.
È un bambino sorridente, ci riempie la vita, ci dona amore. Siamo genitori orgogliosi di lui e di come ha lottato con noi... e siamo felici...
Il mio guerriero si chiama Denuel...
Un abbraccio a tutte le mamme e papà genitori di bimbi prematuri. Noi siamo forti grazie a loro e loro sono forti grazie a noi... non mollate mai!
di mamma Vanessa
(storia arrivata per email a redazione@nostrofiglio.it)
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