Ma non come i ragazzini che eravamo: eravamo vestiti da sposi. Lei mi abbracciava e teneva in mano un buquet di rose bianche. Decisi di regalarglielo. Non so per quale motivo pensai alle nozze. Non pensavo di volerla sposare, a 16 anni quei pensieri non si fanno, ma avevo agito d’istinto e come ho già detto in precedenza, il destino stava lavorando per noi.
Un giorno decisi di parlarle, di dirle che in realtà ero innamorato di lei. Quel giorno al parco le parole uscirono a fatica e la notizia non sembrò sorprenderla più di tanto. Forse lo sapeva, probabilmente lo aveva capito. Lei mi confessò che avrebbe dovuto innamorarsi di me e non di Alessandro e di ritorno a casa, sul suo diario, avrebbe scritto “Matthias ti amo” e questo io lo avrei scoperto soltanto 10 anni dopo.
Quel giorno segnò la fine della nostra amicizia. I miei sentimenti erano stati logorati da un’amicizia che aveva preteso troppo da me. Decisi che non l’avrei più pensata, che mi sarei innamorato ancora e che mi sarei scordato di tutto questo. E lo feci.
Per quattro lunghi anni le nostre vite andarono per conto proprio. Un’estate, avevo vent'anni lavoravo al mercato per riuscire a guadagnare qualcosa e fu in quel momento che il destino decise di muovere le pedine: vidi Silvia. Seguirono tre giorni molto intensi in cui uscimmo insieme e in cui eravamo tornati quelli di un tempo. Anzi, qualcosa di diverso. Silvia aveva il cuore libero e mi guardava in un modo nuovo, come non aveva mai fatto prima. E a me piaceva da morire. Andammo a cercare la panchina sul parco e la trovammo. I nostri volti si avvicinarono e... niente bacio. Non potevo. Ammetto che l’avrei baciata ma fummo distratti e soprattutto io ero già impegnato.
Ci salutammo come amici e Silvia mi scrisse una lettera “non voglio mettermi tra te e la tua ragazza. State per affrontare una vita insieme ed è giusto che sia così. Se il destino lo vorrà ci rincontreremo.”
Io e la mia ragazza partimmo per Innsbruck, l’università iniziava di lì a breve.
Per altri quattro anni le nostre vite andarono nuovamente per conto proprio.
Alcuni mesi dopo aver lasciato la mia ragazza, mentre mi trovavo in treno, decisi di chiamare Silvia. Non avevo più il suo numero di cellulare, ma mi venne in mente che avevo una vecchia schedina da qualche parte nel portafogli... la trovai. Mi rispose dopo due squilli. Le chiesi di vederci e lei accettò.
Due giorni dopo, col cuore che martella nel petto, ci trovammo in centro città. Parlammo molto e sentii che c’era qualcosa nell'aria Poi il colpo: Silvia era impegnata, da quasi quattro anni. Ricordo di essermi rivolto al fato, dentro di me, e di averlo mandato a quel paese... dio santo, erano passati quasi 10 anni e ancora non era venuto il tempo per noi?
Quel giorno mi invitò a salire a casa dei suoi genitori, per salutarli. Quando entrai nella sua stanza, che ricordavo benissimo, vidi il mio disegno. Era appeso al muro, di fronte la scrivania. Era rimasto lì, per tutto il tempo. No, non poteva andare così. Eravamo fatti per stare insieme, io lo sapevo.
Passarono alcune settimane, Silvia mi chiamò e mi chiese di uscire con lei. Io la portai fuori a cena e lei mi disse che aveva lasciato il suo ragazzo. Provai un brivido e ricordo di non essere mai stato tanto felice. Dopocena la portai sopra Bolzano, per vedere le luci. Quella sera sul cd in macchina andava “this years Love” di David Grey e alzai il volume, invitandola a ballare con me.
Quel lento me lo doveva da troppo tempo! Ballammo quel giorno, abbracciati, sopra ad un mare di luci. E ci baciammo, un bacio infinito lungo dieci anni.
Alcuni anni dopo cercammo la panchina con le nostre iniziali. Non la trovammo. Avevano cambiato tutte le panchine.
Il 18 giugno del 2011 ci sposammo. Ci credete? Io e Silvia. Come nel disegno. La mia donna, l’unica che ho mai amato e che mai amerò. Ma abbiamo compreso cosa significasse la vera felicità soltanto un anno dopo, quando è nata nostra figlia Isabella. Il disegno lo abbiamo messo nella sua stanzina e quando un giorno ci chiederà: “raccontatemi come vi siete conosciuti” potremo dirle che è stato il destino a farlo.
di Matthias
(storia arrivata per email a redazione@nostrofiglio.it)
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