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Ventricolomegalia cerebrale e trisomia 21. Non dimenticherò mai la mia bimba

di mammenellarete - 22.05.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Aspettavo la seconda bambinia, quando i medici si accorsero che la piccola era affetta da un caso di ventricolomegalia celebrale severa (idrocefalia). Dall'amniocentesi venne fuori anche che aveva la trisomia 21. Dopo giorni di angoscia, preghiere, pianti a dirotto e disperati, abbracci e carezze sulla mia pancia, io e mio marito prendemmo la decisione più sofferta della nostra vita: interruzione volontaria.  

La mia storia iniziò 10 anni fa quando scoprii di essere incinta per la prima volta. Fu una gravidanza che giunse, per certi versi, quasi a sorpresa. Tutto andò bene e senza problemi, non ebbi nausee e malesseri vari. I controlli medici erano sempre nella norma.

Insomma mi sembrava proprio di non essere incinta. Intanto i mesi passavano, io preparavo le cose che sarebbero servite alla nascita della mia cucciola, perché sì... per la mia gioia era una femminuccia! Arrivò la data prevista per il parto, ma tra i vari tracciati non succedeva nulla e ritornavo sempre a casa, finché una sera persi il tappo mucotico.

Chiamai la dottoressa, che mi disse di andare in pronto soccorso e di farmi ricoverare, visto che avevo già finito il tempo da qualche giorno. Mi visitarono, mi fecero un tracciato, mi ricoverarono e mi dissero di stare tranquilla poiché avrei fatto un parto naturale. Al quarto giorno di ricovero la situazione era sempre uguale finché finalmente ruppi le acque.

Feci tracciato e visita, ma non si accorsero che qualcosa non andava e dopo due ore mi portarono in sala travaglio. Il medico di turno mi visitò e finalmente si accorse che non avrei potuto fare un parto naturale perché la bambina non era perfettamente allineata.

Dopo altre 2 ore (tempo trascorso a preparare la sala operatoria, me, e a far rientrare un po' del personale perché era un sabato sera) mi fecero un cesareo d'urgenza: in totale erano 4 ore che la bambina era rimasta all'asciutto e che io ero entrata in travaglio.

È grazie a Dio e all'esperienza di quel medico se io ho mia figlia. Un anno e mezzo fa, dopo aver cercato a lungo la cicogna, finalmente rimasi incinta per la seconda volta. E la gioia fu tanta. Questa volta però la gravidanza mi diede un po' di nausea soprattutto il pomeriggio.

Avevo anche giramenti di testa quando mi alzavo e mi allungavo sul letto, mi iniziava a far male il nervo sciatico, ma non mi lamentavo perché sapevo che finalmente avrei dato una sorellina a mia figlia.

Sì! Perché anche la seconda era una femminuccia! La felicità di mia figlia e di tutti in famiglia era alle stelle. Il primo controllo perfetto. Durante il secondo controllo iniziò il nostro calvario. Il mio ginecologo trovò qualcosa che non andava a livello cerebrale e subito mi mandò in un centro di secondo livello per un'ecografia, dove mi dissero di tornare dopo un mese e nel frattempo di fare l'amniocentesi, perché prima non l'avevo voluta fare.

Pochi giorni dopo durante l'ecografia dell'amniocentesi videro che il problema cerebrale della mia cucciola si era allargato. Mi mandarono di nuovo urgentemente in un centro di secondo livello e mi dissero che la bambina era affetta da un caso di ventricolomegalia celebrale severa (idrocefalia). Pensavo che se in pochi giorni si era aggravata cosi, che cosa sarebbe successo nelle altre 20 settimane di gravidanza che mi rimanevano?

La mia gioia si trasformò in un brutto incubo. Girai diversi centri in diverse regioni, ma nessuno mi disse qualcosa di positivo, tanto più che in sospeso c'erano i risultati dell'amniocentesi che ancora non arrivavano.

I giorni passarono tra controlli, esami vari, consulenze genetiche. Mi chiesero: "In famiglia ci sono stati casi del genere?". Io risposi: "No". Loro mi dissero: "Allora Signora è uno di quei casi cosiddetti rari". Nel frattempo arrivarono i risultati dell'amniocentesi: trisomia 21. Ciò andava ad aggravare ulteriormente la già grave situazione.

Arrivò anche la famosa frase: "Puoi scegliere cosa fare". Ma scegliere cosa... tra la sofferenza o la morte di mia figlia? Scegliere di farla vivere chissà per quanto in un letto con i macchinari attaccati o darle la possibilità di risparmiare tutto questo negandole la possibilità di vedere la luce? Quale madre sa qual è la scelta giusta?

Mi trovavo di fronte ad una lama a doppia taglio, qualsiasi cosa avessi scelto mi avrebbe lacerato il cuore. I giorni passarono, in casa mia non si parlava che di questo, con mio marito, con i miei familiari, con i familiari di mio marito. Mi sembrava di impazzire, non sapevo cosa fare. Quella che doveva essere una gioia immensa invece si era trasformata nel peggiore dei miei incubi.

Intanto per quanto possibile cercai di sapere quello che sarebbe accaduto se avessi scelto di portare avanti la gravidanza: il futuro non era per niente roseo, ma molto difficile e incerto, ammesso che la bambina non fosse morta prima di nascere.

Andai a fare ulteriori accertamenti in altri centri, ma la diagnosi era sempre la stessa. Cosa fare... i medici mi dissero: "Signora si sbrighi a decidere altrimenti non sarà più in tempo". Dopo giorni di angoscia, preghiere, pianti a dirotto e disperati, abbracci e carezze sulla mia pancia, io e mio marito prendemmo la decisione più sofferta della mia vita: interruzione volontaria.

La dottoressa che mi avrebbe portato alla fine di quest'incubo oppure all'inizio di uno peggiore era una persona molto sensibile con un grande cuore e dopo un primo consulto iniziammo la procedura dei vari passaggi. Dopo un "day hospital" per i vari esami, ci fu il consulto con la psicologa che, vedendomi così indecisa, mi chiese il perché. Io le risposi che non credevo che il futuro di mia figlia potesse essere così buio. Lei mi rispose che era davvero una situazione già molto seria.

Arrivò il momento di mettere quella firma. Giunse il momento che mi segnò per tutta la vita. Arrivò il giorno del ricovero: entrai in una stanza, ero sola con mia madre, arrivò l'ostetrica e iniziai la terapia con gli ovuli. Il pomeriggio cominciarono i primi dolori, che nel corso della sera aumentarono.

Nel cuore della notte arrivò il momento delle spinte e con tre meravigliose ostetriche vicino "nacque" mia figlia.

Chiesi subito di vederla. Loro assecondarono la mia richiesta e dopo averla pulita e messa in una piccola cassetta me la portarono. Era così piccola e meravigliosa la mia cucciola... fui costretta a doverla lasciare andare via da me, dalle mie braccia. Avrò quell' immagine impressa davanti ai miei occhi per tutta la vita.

Le diedi un bacio e la salutai per sempre. Alla mia prima bambina dissi che la sua sorellina era diventata un Angioletto e lei ora per qualsiasi cosa si rivolge a quella sorellina "speciale" che ha in cielo. Da quel giorno sono passati 13 mesi ma il dolore che provo per quella scelta mi toglie ancora il respiro, non c'è giorno che non pensi al mio piccolo Angioletto.

Lei sarà la spina perenne che farà sanguinare il mio cuore finché avrò vita. Mi chiedo perché a me. Perché io, che volevo quella bambina, sono stata costretta a lasciarla andare via da me, perché in così poco tempo il mio sogno si è trasformato in un brutto incubo che non mi dà più pace. Domande alle quali nessuno darà mai una risposta.

Per fortuna è grazie alla mia prima figlia se ho la forza di andare avanti. Per l'età che ha, io dico che mi sta vicino come una piccola donna. Se qualcuno mi chiede quanti figli ho, io dico due, una con me sulla terra e una in cielo. Perché al di là di ciò che possono dire le persone, lei è mia figlia a tutti gli effetti, esattamente come la sorella.

di anonima

(storia arrivata alla nostra pagina Facebook)

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