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Tetrologia di Fallot e Sindrome di DiGeorge: la mia stellina è in cielo

di mammenellarete - 20.09.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Dopo essere rimasta incinta per la seconda volta, i medici, al sesto mese, mi dissero che il mio angelo aveva la Tetrologia di Fallot e la Sindrome di DiGeorge. E' passato un po' di tempo da quel giorno in cui dovetti partorire, con parto indotto, la mia stellina, e la tenni stretta a me per pochissimi minuti. Nei mesi successivi entrai in depressione: decidemmo di riprovarci tra mille ansie e paure e dopo qualche tempo rimasi incinta. Questa volta la gravidanza à andata bene, ma non dimenticherò mai la mia stellina.

9 Febbraio 2018: un giorno che non dimenticherò mai... Il vuoto è stato assoluto, mi mancava il respiro, sembrava che il mondo non avesse più ossigeno per me. Quella nuova vita tra di noi cresceva come un folletto nel mio ventre, ci aveva fatto sentire per la seconda volta genitori, aveva donato senso vero alla nostra vita. Per 6 mesi.

L'emozione della prima volta che ascoltai il tuo cuore battere non la dimenticherò mai. Poi arrivò lo scherzo impietoso di Dio: Tetrologia di Fallot, mancanza del corpo calloso, e Sindrome di DiGeorge. Una fucilata che ti abbatte, un senso di confusione che ti stordisce. Tutto era ovattato, lontano, confuso. Non riuscivo neanche a capire le spiegazioni del dottore. Facevo fatica a respirare, le mascelle si serravano, dentro di me speravo disperatamente che non fosse la realtà.

Volevo zittire il medico, volevo alzarmi per non ascoltare quella condanna, ma il corpo non reagiva, affondava in quella sedia. Guardavo le labbra del medico muoversi, non ascoltavo ma capivo. Mio marito piangeva e mi chiedeva di spiegargli il perché, io volevo aiutarlo, volevo essere il suo salvagente, ma quella volta non potevo, non ci riuscivo. Passarono i giorni. Ci scambiavamo i ruoli per sopravvivere, un momento era lui la mia roccia, mentre io piangevo senza controllo, un momento cercavo io di far sentire che ero forte al suo fianco.

Quale era il piano di Dio in tutto questo? Alle 3 di notte di quel giorno mi ritrovai da sola sul balcone, guardando il cielo. Alle 7 ero ancora lì, e mi chiedevo come avrebbe potuto ancora sorgere il sole in mezzo a tanto dolore. Tutto il mondo si sarebbe dovuto fermare quel giorno.

Ero costretta a lunghi e profondi sospiri per cercare l'ossigeno che sentivo mancare, il cuore faceva sempre più male, gli occhi bruciavano. Oggi sono ancora qui a chiedere a Dio una spiegazione.

Durante gli accertamenti, se mi separavo solo per qualche istante da mio marito mi sentivo persa, avevo bisogno di averlo vicino, a distanza di uno sguardo e di una carezza.

Appena era un po' più lontano, mi sentivo smarrita. Pensavo di essere forte, ma non era così. Ero debole e fragile, impaurita per un futuro che non riuscivo a vedere né a capire. Dopo io e mio marito provammo a scappare, prendemmo il primo volo per una destinazione lontana, ma il vuoto, lo sconforto, il dolore vennero con noi.

E tu, piccola stellina, tu non hai potuto fare nulla, tu, piccolo cuoricino, eri senza colpe, eri pura. Ricorda tutti momenti che hai trascorso in quei 6 mesi con la tua mamma, il tuo papà e il tuo piccolo fratellino, amaci ancora ogni secondo come noi amiamo te. Spero che ti abbiano confortato le nostre mani sulla mia pancia, perché sappiamo che le sentivi, come sentivi le parole che ti sussurravamo, ogni istante, fino al momento in cui sei dovuta volare via. Ogni carezza era il nostro messaggio dell'amore assoluto, silenzioso, infinito che provavamo e proviamo per te.

Sarai per sempre il mio angelo. E' passato un po' di tempo da quel giorno in cui dovetti partorire, con parto indotto, la mia stellina, e la tenni stretta a me per pochissimi minuti. Dopo un po' entrai in depressione: decidemmo di riprovarci tra mille ansie e paure.

Quando giunse la settimana in cui doveva arrivare la mia stellina scoprii di essere di nuovo in attesa del mio bimbo arcobaleno. Tutto andò benissimo e, tra infinite visite, arrivammo oltre il termine, finché, dopo un parto indotto per oltre 2 giorni, finalmente nacque il mio arcobaleno Andrea. Solo la sera scoprimmo che quel giorno era l'onomastico dell nostra stellina. Vi lascio immaginare la commozione.

A volte la vita è ingiusta.

di Veronica

Aborto terapeutico: come avviene e quali sono i tempi previsti dalla legge

Per legge - la legge 194 del 1978 - in Italia l'interruzione di gravidanza può essere praticata anche dopo i primi novanta giorni di gestazione. Si parla in questo caso di aborto terapeutico.

Vediamo quando può essere effettuato, entro quale termine e come funziona.


Secondo la legge l'interruzione terapeutica di gravidanza può essere praticata in due casi:

1. Quando la gravidanza e il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna. "Per quanto rare, ci sono varie situazioni in cui questo può succedere" spiega la ginecologa Mirella Parachini, del presidio ospedaliero San Filippo Neri di Roma e tra i fondatori di AMICA, Associazione medici italiani per la contraccezione e l'aborto, appena costituita. "Per esempio, in caso di emorragia dovuta a distacco di placenta, di rottura prematura del sacco amniotico con infezione generalizzata, di insorgenza di condizioni che renderebbero pericoloso per la donna portare avanti la gravidanza, come certe malattie cardiache".

2. Quando siano presenti processi patologici, compresi quelli relativi a malformazioni o malattie del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. "Da notare che anche in questo caso il focus è sulla salute della donna" commenta Parachini. "Non si interrompe una gravidanza perché il feto è malato, ma perché il fatto che sia malato comporta significative ripercussioni negative sulla donna, mettendo a grave rischio la sua salute fisica o mentale".

In entrambi i casi, deve essere un medico a certificare che esistono pericolo per la vita della donna, o condizioni fetali che mettano gravemente a rischio la sua salute, individuate grazie a esami come ecografie, amniocentesi, villocentesi.

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