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La mia bambina non ce l'ha fatta. Sarà sempre nel mio cuore

di mammenellarete - 05.01.2021 - Scrivici

donna
Fonte: Shutterstock
La perdita di mia figlia poteva essere evitata con le cure giuste e le attenzioni di un medico scrupoloso e competente. La mia storia è per tutte voi mamme che vi trovate ad affrontare questa tragica esperienza del lutto perinatale. Voglio dirvi che con l'aiuto di persone competenti, riuscirete a farcela. Non siete sole, lasciatevi aiutare, dentro di voi troverete il coraggio e la forza per andare avanti.

In questo articolo

Mi chiamo Francesca, vivo in un paese nella provincia di Roma, ho 42 anni e nel 2018, precisamente a giugno scopro di essere incinta per la seconda volta. Una gravidanza voluta e desiderata, arrivata dopo 4 mesi di tentativi.  Il mio primo bimbo Filippo sta per compiere 4 anni e diventerà fratello maggiore! 
 
La mia ginecologa mi vede per la prima volta a 9 settimane e mi prescrive cardioaspirina, oltre ai classici integratori per la gravidanza. Ho una mutazione genetica e l'ho assunta anche nel corso della prima gravidanza. 
 
A settembre dopo il prenatale safe scopriamo con immensa gioia di aspettare una bimba ! Iniziamo a sognare la nostra vita in rosa, finalmente arriverà la mia bimba tanto desiderata. La nostra nocciolina si fa sentire già dalla 14esima settimana, una grande emozione!
 
I controlli mensili dalla ginecologa procedono bene tanto che io continuo il mio lavoro part time come contabile. Intanto Eva, cosi decidiamo di chiamare la nostra bambina, si muove, scalcia, risponde sempre di più agli stimoli esterni, alla nostre carezze alle nostri voci. 
 
Il 18 dicembre al controllo portiamo anche Filippo con noi, per la prima volta vede la sua sorellina, con suo grande stupore! Peccato che la ginecologa rileva una crescita di poco inferiore ai parametri. Sono a 26+4, non si allarma, mi esorta a mangiare più proteine e mi anticipa la flussimetria a 30 settimane. 
 
I giorni seguenti al controllo iniziano le mie ansie. Premetto che la gravidanza di Filippo è finita con un cesareo di urgenza a dilatazione completa, dopo 6 ore di travaglio, per via di 3 giri di cordone intorno al collo. Avendo fatto un cesareo, di prassi la placenta viene inviata in istologico. Il risultato non era grandioso, a 40+2 infarti ed ischemie, mio figlio pesava 2.670 nonostante i miei 27 chili in più e nonostante durante la flussimetria mi avessero stimato un peso di 4 chili circa a termine. Nell'ultimo periodo il bambino aveva smesso di crescere. Capite bene la mia apprensione per Eva.  
 
Ero talmente preoccupata che invio un messaggio whatsapp alla ginecologa, chiedendo se non fosse il caso di fare controlli più approfonditi, e se questa crescita sottodimensionata potesse dipendere dalla mutazione. Mi risponde di stare tranquilla, che sicuramente tutto è riconducibile ad un problema placentare e che ricontrolleremo in occasione della flussimetria, un mese dopo. 
 
Dal 21 dicembre inizio a percepire qualcosa di strano, la mia bambina cambia i suoi ritmi, i suoi movimenti. Non riesco a spiegarmi subito  esattamente cosa stia accadendo ma il 24 dicembre, capisco che Eva non si muove più come prima. Scrivo alla ginecologa la quale mi consiglia di recarmi in pronto soccorso per fare un controllo, mi scrive inoltre che probabilmente la bambina ha cambiato posizione (non mi scrive di recarmi da lei, nel suo reparto).
 
Anziché recarmi al policlinico dove lavora la mia ginecologa e dove sono in cura, mi reco, vicino casa in un noto policlinico di Roma, all'avanguardia e specializzato. Mi fanno entrare quasi subito e la ginecologa di turno inizia a lanciare battute ed insinuazioni sulla mia decisione di recarmi in pronto soccorso il 24 dicembre, anziché festeggiare tranquillamente la vigilia con la mia famiglia! Mi fa stendere sul lettino, posiziona l'ecografo sulla pancia, sente il battito, lo sento anche io e mi dice di stare tranquilla perché la bimba sta bene, senza farmi un'ecografia. 
 
Mi spedisce in sala monitoraggio. L'ostetrica non riesce a prendere il tracciato, mi spiega di stare tranquilla perché a 27 settimane è normale, vista la prematurità dell'epoca gestazione. Mi iniettano una flebo di glucosio e finalmente sento la mia bimba muoversi, dopo due ore riescono a prendere un breve tracciato, e mi spediscono a casa, tutto è okay. 
 
Ovviamente esco felice e sollevata. Era quello che volevo sentirmi dire. Trascorro serenamente quei giorni di festa fino al 27 mattina, quando mi rendo conto che non sento più la mia bambina ed al suo posto percepisco un peso. Inizio a chiamare i centri ecografici di zona e riesco a prendere un appuntamento nel pomeriggio. 
 
Di quel 27 dicembre pomeriggio ricordo ogni singolo dettaglio, da quando il ginecologo mi posiziona l'ecografo sulla pancia e subito spegne il monitor. Io non faccio domande, dentro di me mi dico che probabilmente c'è un problema tecnico. Iniziano le domande del medico "Quando ha detto che è stata in pronto soccorso e cosa le hanno detto?".
 
Ad un certo punto ovviamente chiedo al dottore "C'è qualcosa che non va?". Lui bianco in viso mi guarda e pronuncia queste parole: "Non so come dirglielo". Guardo il mio compagno seduto dietro di lui alla mia destra, chiedo al medico "Che cosa succede?". Non riesco a capire, la mia testa ma sopratutto il mio cuore non possono arrivare a tanto... Il medico dice: "Signora non c'è battito". Guardo il mio compagno, bianco in viso, attonito... inizio a fare delle timide domande "Ma come è possibile?", "Ma come può accadere una cosa del genere?" e poi inizio a chiedere cosa sarebbe accaduto da quel momento.
 
Insomma nonostante mi fosse arrivato un tir addosso, con la morte nel cuore, mantengo la lucidità. Usciamo dallo studio e avviso mia madre. Contatto la ginecologa che mi programma il ricovero per l'indomani mattina. Torno a casa e davanti a mio figlio di 4 anni cerco di far finta di niente. 
 
Avviso parenti ed amici e finalmente mi concedo un pianto. Niente di che, mi aspetta il ricovero il giorno dopo, un travaglio, un parto naturale e non posso di certo lasciarmi andare, ho bisogno di forze fisiche, ma soprattutto mentali! 
 
Arrivo in ospedale e la prima cosa che mi dicono per placare le mie richieste di spiegazioni sull'accaduto, è che nella maggioranza dei casi la causa sarebbe rimasta  sconosciuta. Ennesimo colpo al cuore. Non solo ho perso mia figlia, ma probabilmente non saprò  mai il motivo. 
 
Mi inducono il travaglio alle 16 di venerdì 28 dicembre e mia figlia nasce senza vita, senza pianto, senza essere accolta tra le braccia di nessuno alle 20.03 di sabato 29 dicembre 2018, con il mio compagno accanto, che mi tiene la mano destra e che in quei giorni non si è mai allontanato da me. 
 
Dopo 18 ore di travaglio, senza bere e mangiare, io riesco a trovare la forza, tutta la forza che ho per spingere e liberarla da un grembo che non è riuscito a proteggerla, a difenderla. Perché è questo che ho iniziato a dirmi nei giorni seguenti. 
 
In ospedale medici ed ostetriche sono preoccupati per me, che riesco ad ironizzare. Mi dicono che la mia reazione è insolita e non adeguata, insomma non è normale secondo loro che io sia così energica, pronta e forte.
 
Non posso fare altrimenti. Non sarei riuscita a travagliare e neanche a partorire e consapevolmente ho voluto rimandare al dopo parto tutto il resto. 
 
Tornata a casa è iniziato il calvario. Dopo aver compiuto un ultimo sforzo e cioè quello di raccontare a mio figlio, in maniera poetica che la sorellina era diventata un angelo, che su una nuvola ci avrebbe accompagnati per il resto della nostra vita, e dopo averlo accolto tra le mie braccia mentre con un pianto strozzato per il dispiacere mi chiedeva perché Eva ci avesse lasciati, finalmente mi sono lasciata andare... piangevo però solo di notte, quando tutti dormivano. 
 
Di giorno mi lavavo, truccavo, vestivo, accompagnavo Filippo a scuola e cercavo di reinventarmi una vita, che non era più quella di una madre che aspettava impaziente la nascita di sua figlia, ma quella di una madre che si documenta su un argomento di cui fino a pochi giorni prima non conosceva neanche l'esistenza. La morte in utero
 
Quella morte che colpisce una coppia su 300, senza un motivo apparente, che in Italia non è riconosciuta da alcun protocollo OMS, quella morte che ti catapulta all'improvviso nel dolore, nella sofferenza nella disperazione, senza che tu possa essere minimamente preparato. 
 
Approdo sul sito di Ciao Lapo e li trovo tutte le risposte che cerco, o quasi. Non ho ancora chiaro il motivo per cui mia figlia non ci sia più ma ho chiaro più che mai che non posso fermarmi, che è possibile conoscere la verità, anche se tutti in ospedale mi hanno in un certo senso indotta a desistere. 
 
Scrivo a Claudia Ravaldi, che con estrema dolcezza ed empatia, accoglie la mia richiesta di aiuto. Scrivo sul forum di Ciao Lapo, inizio a tampinare il reparto di anatomia patologica, per avere la risposta dell'istologico della placenta. La mia ginecologa intanto sparisce, non risponde più ai messaggi e così ennesimo colpo al cuore, ennesimo abbandono da fronteggiare. 
 

La mia storia

C'è voluta una grande forza per riuscire a guardare in faccia il dolore, ovviamente mi sono fatta aiutare iniziando un percorso psicoterapico, ho trovato il coraggio di andare oltre, di non lasciarmi sopraffare dalla disperazione, quella di una madre che anziché occuparsi di corredino, ed abbandonarsi a fantasie bellissime sulla propria figlia, si ritrova al telefono con l'anatomo patologo per conoscere i dettagli della sua autopsia. 
 
Esigevo a tutti costi di sapere perché mia figlia non fosse più con me. Dopo mesi arrivano le risposte attese. Trombosi dei villa placentari. La mia Eva era sanissima. 
 
La perdita di mia figlia poteva essere evitata con le cure giuste e le attenzioni di un medico scrupoloso e competente, quello al quale mi sono affidata in seguito, conosciuto durante il parto di Eva e grazie al quale ho trovato il coraggio di affrontare una nuova gravidanza, dopo aver eseguito tutti i controlli del caso. Proprio lui ha fatto nascere il mio bimbo arcobaleno Riccardo Leone, il 12 DICEMBRE 2019, facendo rinascere anche me, anche noi.
 
La mia storia è per tutte voi mamme che vi trovate ad affrontare questa tragica esperienza del lutto perinatale. Voglio dirvi che con l'aiuto di persone competenti, riuscirete a farcela. Non siete sole, lasciatevi aiutare, dentro di voi troverete il coraggio e la forza per andare avanti e soprattutto continuarete a vivere questa vita, che nonostante tutto vi sorprenderà ed emozionera' ancora. 
 
Parlate, tirate fuori il vostro dolore, non reprimete i vostri sentimenti e soprattutto sappiate che un giorno insieme alle lacrime tornerete a sorridere a sperare ancora, anche se ora può sembrarvi impossibile. 
 
La mia Eva è sempre con me, non c'è giorno in cui non pensi a lei ed anche dopo due anni parlo di lei, di quanto mi abbia resa una persona migliore, facendomi apprezzare molto di più il presente e accantonare tutte le banalità che prima di questa esperienza sembravamo enormi ostacoli da superare. 
 
I nostri figli mai nati saranno sempre nel nostro cuore, un posto sicuro da cui niente e nessuno potrà portarceli via. Se vorrete contattarmi sarò felice di ascoltarvi e donarvi il mio sostegno.
 
di una mamma 
 
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