Ho scoperto di avere un linfoma di Hodgkin al terzo stadio quando avevo 26 anni, mentre cercavo una gravidanza e facevo degli accertamenti per questo fine. Ho scoperto questa malattia nonostante fosse completamente asintomatica e quindi ho iniziato un percorso di chemioterapia che è durato un anno, al termine del quale una PET ha indicato la completa remissione della malattia.
GUARDA IL VIDEO CON LA STORIA DI ANNA:
Dopo ciò mi sono ricatapultata nel mondo che avevo lasciato in sospeso e sono tornata alla vita. Fortunatamente, miracolosamente, dopo due anni dalla fine delle terapie questa gravidanza è finalmente arrivata. Un test positivo mi ha detto: è successo anche a te! Quindi sono riuscita a rimanere incinta e ho iniziato questo bellissimo percorso della gravidanza.
È stato tutto bellissimo fino al quinto mese, dopodiché ho scoperto da sola di avere qualcosa sulla base del collo, che non ci doveva essere. L'ecografia era l'unica cosa che potevo fare in gravidanza perché ormai ero arrivata al sesto mese, ma mi hanno fatto capire che c'era qualcosa che non andava e che avrei dovuto partorire per fare ulteriori accertamenti. Dunque ho partorito a luglio.
Vittoria è nata il nove luglio. Pochi giorni dopo sono andata a fare tutti gli esami e gli accertamenti, che mi hanno rivelato di avere un'altra forma tumorale: un carcinoma tiroideo, una malattia completamente diversa dal linfoma. Non sarei dovuta essere sottoposta a chemioterapia, quindi questo mi dava grande gioia.
Però la terapia che serve per la cura del carcinoma tiroideo è una radioterapia metabolica e quindi mi hanno comunicato che sarei dovuta rimanere lontano dalla bimba appena nata per più di un mese. Sono stata successivamente operata: hanno fatto un intervento vero e proprio, dunque un'asportazione completa della tiroide.
Sono stata qualche giorno in ospedale, dal quale sono poi scappata per ritornare da lei prima del tempo.
E sono stata qualche mese in sospeso prima di iniziare questa terapia, nella quale mi sono goduta finalmente quei pochi mesi da mamma che non ero riuscita a godere prima, perché non ho potuto allattarla. Non ho potuto passare con lei giornate serene e piacevoli, non ho potuto arrabbiarmi per un pianto notturno perché comunque avevo una cosa molto più grande di cui occuparmi.
Quindi ho vissuto con lei questi quattro/cinque mesi in maniera piuttosto normale. Sì, ho cercato di viverli in maniera più normale possibile, fino ad arrivare ad aprile, data nella quale l'ho salutata per entrare nel bunker e sottopormi a questa radioterapia metabolica.
Il giorno più emozionante è stato per me il giorno prima di entrare nel bunker. Il pediatra di Vittoria si era raccomandato di non farmi vedere assolutamente da lei per un mese, quindi io sapevo che dovevo stare proprio lontano. L'avrei dovuta salutare, e salutare una bimba quando si entra a fare una terapia di quel tipo è sempre un'incognita.
Io in quel momento mia figlia l'ho salutata. Non era solo: "Ci vediamo fra un mese", era un saluto. Non sapevo cosa sarebbe successo lì dentro, era una cosa nuova. Quindi ho deciso, nonostante nessuno della mia famiglia fosse d'accordo, di dirle la verità. Siamo andate al parco con il passeggino e le ho detto: "Vittoria, mamma ha un problema, una malattia che è guaribile soltanto con una medicina che le farà bene e la farà tornare a casa, però non fa bene ai bimbi. Quindi dobbiamo stare lontane per un pochino".
Mi piace oggi pensare che non sia una coincidenza, anche se in molti l'hanno definita così. Però, alla fine di quel discorso, lei mi ha chiamato "Mamma" per la prima volta. Ci sono tre oggetti del cuore che mi ricordano quello che ho vissuto.
Il primo oggetto è una medaglietta che mi ha regalato mia nonna mentre ero nel percorso chemioterapico e in una delle serate più difficili, dopo la chemio, l'ho stretta e ho fatto la promessa che semmai avessi avuto un giorno una figlia l'avrei chiamata Teresa. Mia figlia infatti si chiama Vittoria Teresa.
Poi c'è un tappino dello spumante che è stato aperto la sera che abbiamo festeggiato: c'è scritto sopra "Anna guarita". La mia prima PET negativa! Quindi, insomma, è stata una sera di grandi festeggiamenti. E poi c'è Pippo!
Pippo è stato il mio primo regalo ricevuto quand'ero piccolina, mi ha accompagnato per tutta l'infanzia e anche dopo! È stato anche il primo gioco di mia figlia e proprio perché le prime notti ci ha dormito e aveva preso tutto il suo odore ho deciso di portarlo con me nel bunker. Adesso è chiuso in un sacchettino di plastica perché Pippo è stato radioattivo per tanto tempo, come lo sono stata io. E quindi per motivi di sicurezza l'ho voluto lasciare poi chiuso, sigillato qui dentro.
Ma è stato anche il mio modo di tenere tutto chiuso, tutta da una parte! Da mamma a mamma vorrei dire che qualunque momento di difficoltà ci si trovi ad affrontare nella vita, si può prendere la forza soprattutto dai figli, ma si può ancora di più imparare da loro, ad affrontare i momenti di difficoltà con la loro leggerezza, con la loro speranza e con la loro naturalezza.
di Anna Milici, presidente di LINFOAMICI