Sono Alessandra,
mamma di due splendidi bambini, Giovanni e Davide. Giovanni nasce dopo una meravigliosa gravidanza e un bellissimo
parto naturale. Rimango incinta di Davide a maggio 2020, in pieno lookdown. Siamo felicissimi di dare un compagno/a di avventure al nostro piccolo. Iniziano le visite e tutto procede bene, causa Covid, però, posso entrare sola.
La
morfologica la facciamo da un ginecologo privato, viene anche mio marito e
portiamo Giovanni con noi per mostrargli il suo fratellino (sappiamo che è maschietto perché abbiamo fatto il DNA fetale).
Quella visita non è andata come immaginavamo. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava, il dottore si soffermava e tornava sempre sul cuoricino del nostro amore, dopo poco con le sue parole siamo entrati in un mondo a noi sconosciuto e nuovo.
Ci viene detto che il piccolo è affetto da una grave
cardiopatia congenita, ci viene spiegato a grandi linee il problema: il piccolo dovrà subire un intervento a cuore aperto dopo pochi giorni della nascita e veniamo indirizzati ad un
cardiologo pediatrico per eseguire un esame specifico e confermare la diagnosi.
L'angoscia ha preso il sopravvento, sono iniziate le visite, ci siamo fatti indirizzare verso un centro specialistico di cardiochirurgia, abbiamo cercato il migliore in Italia, distante da casa 1465 km. Dopo un'iniziale momento di sconforto abbiamo elaborato il tutto e ci siamo dati forza. Non avrei vissuto lo straordinario parto avuto con il primogenito.
Avremmo passato Natale, Capodanno lontano da casa, ma eravamo motivati, il nostro piccolo avrebbe dovuto affrontare una grande prova appena nato e noi eravamo pronti per dargli il meglio. Ad ogni visita avevo solo un desiderio: sentire che il bambino stava crescendo, più sarebbe rimasto nella pancia di mamma, meglio era, lui dentro di me non aveva problemi.
Era il 20 novembre, all'ecografia di accrescimento ero a 31+6 settimane di gestazione. Quella mattina ero felice, perché avrei visto il mio guerriero ed ero desiderosa di sapere che tutto procedeva al meglio. Così non è stato,
il ginecologo si è accorto subito di un distacco della placenta, mi ha spiegato che se ci fossero state
contrazioni per la mia vita e quella del piccolo nostro amore avrei dovuto partorire.
Sono sprofondata in un baratro di disperazione, perché la nostra città è sprovvista di un centro di cardiochirurgia pediatrica e il più vicino è a 250 km. Dopo neanche due ore
viene programmato un cesareo d'urgenza, tutta l'equipe viene allertata e organizzato tutto per il viaggio in elisoccorso. Credevo di essere dentro ad un film horror, non ho avuto il tempo di elaborare nulla.
È nato alle 15 il mio grande guerriero, 1650 kg per 40 cm, il suo pianto lo avrei risentito dopo 122 giorni, mi viene mostrato un attimo e subito viene portato in neonatologia per essere intubato e per avere le medicine senza cui non poteva sopravvivere. In elisoccorso è salito mio marito, che era corso nel frattempo in ospedale allertato da una mia fugace telefonata.
Quei giorni di ricovero sono stati lunghi, ero distante dal mio amore 250 km, la situazione era critica e così sarebbe rimasta a lungo. Alla mia dimissione, dopo 3 giorni ci siamo trasferiti nella città dove Davide era ricoverato. Ero emozionata, spaventata, scendevano lacrime che erano un miscuglio tra felicità, terrore e ansia.
Vedo il mio minuscolo angelo dentro l'incubatrice, facccio fatica a trovare uno spazio dove accarezzarlo. Trovo una strada tra fili, tubi e monitor. Iniziano i colloqui con i cardiologi e i cardiochirurgi che ci spiegano che la situazione è molto delicata e critica e che non si può intervenire a causa del basso peso, ci. dicono che se lui lo permetterà l'intervento sarà eseguito soltanto ad un peso minimo di 2,5 kg.
Così non accade. Dopo un mese e al solo peso di 2.1 kg viene operato; l'intervento riesce bene con grande sorpresa dei medici. La ripresa sembra andare bene e dopo 10 giorni sono pronti per estubarlo, siamo al settimo cielo. Davide ci offre giorno dopo giorno la conferma che è un grande guerriero.
Il primo Gennaio 2021, all'inizio di un anno che deve essere migliore del precedente, carichi di propositività, ci arriva una telefonata. Nella notte il nostro piccolo è stato molto male, una grave infezione ha compromesso tutto, la situazione è critica. È così lo resta per altri 90 giorni, a causa di questo batterio i polmoni del nostro piccolo sono molto danneggiati e l'assistenza ventilatoria prevede ossigeno ad alte quantità.
I medici riscontrano numerose difficoltà nell'estubazione, il mio grande eroe non riesce a respirare solo, nessuno si sbilancia e ci prospettano sempre il peggio. Così è per 122 lunghissimi e pesantissimi giorni. Il 2 marzo viene trasferito in degenza e io posso finalmente conoscere il mio amore (in terapia intensiva cardiochirurgica posso vederlo solo dal vetro).
Ricordo che tenerlo in braccio equivale ad un mix di emozioni tra gioia e paura di fargli del male, con il timore che qualche filo possa staccarsi. Ci ho fatto presto il callo. In 10 giorni Davide ha una ripresa incredibile con l'amore e con le cure della sua mamma che ha tanto desiderato di poterlo tenere tra le braccia e con grande sorpresa e felicità dei medici torniamo a casa.
Lui è il nostro grande miracolo, il fratellino lo adora e anche lui, nonostante la sua tenera età di 3 anni, lo ha desiderato ardentemente. La nostra famiglia da quel bellissimo 12 Marzo è felice e completa a casa. Davide, così piccolo e indifeso, ha lottato una grande guerra, e ci ha dato una grande lezione di vita. Lui è il miracolo più straordinario che la vita mi abbia riservato.
di Alessandra