Emanuela ha una malattia mitocondriale grave da quando aveva 4 anni: la sindrome di Leigh. A 11 anni un'ennesima prova da affrontare: la leucemia. Oggi incontreremo suo padre Marco che ci racconterà la loro storia.
Come e quando avete scoperto che Emanuela aveva una malattia mitocondriale?
Emanuela è una bambina adottiva e quando l'abbiamo conosciuta aveva quasi quattro anni. Ci siamo accorti che c'era qualcosa che non andava nei piedini e che non camminava benissimo. Loro ci avevano detto che non era così. Invece poi, sarà stata l'emozione, non so, lo stress che c'è sempre in queste situazioni, è emersa la malattia.
Poi dal piedino, messo male, la malattia ha preso anche il braccio. A sei anni c'è stata comunque una crisi abbastanza violenta, con svenimenti, per due volte. Al Bambin Gesù a quel punto hanno fatto una risonanza, dalla quale sono emerse delle ischemie molto violente in atto. In quel momento siamo entrati in questa situazione, legata alla malattia. All'inizio ci dissero che molto probabilmente era una malattia mitocondriale.
La Leigh è una delle tante malattie mitocondriali. La diagnosi è avvenuta con la biopsia e con le analisi delle mutazioni. È arrivata soltanto dopo sei mesi, quindi la bambina aveva sei anni e mezzo più o meno.
Hai detto che Emanuela non solo vi ha riempito la vita, ma vi sta dando e vi ha dato molto di più di quanto voi riusciate a dare a lei...
Sì, Emanuela è una ormai una ragazzaed è sempre sorridente. Ha sempre un gran sorriso, è ironica. E io non conosco bimbi ironici. Ti prende in giro e non te ne accorgi. Offre anche un rapporto relazionale, anche se ormai non si capisce molto quando parla. Ma io e mia moglie la capiamo. Come gli altri bambini mitocondriali, lei tira fuori l'energia e la mette nelle emozioni, nelle relazioni. Questi bimbi hanno una resistenza enorme.
Qual è un approccio auspicabile da adottare per rapportarsi con chi vive una malattia come quella di Emanuela?
Quello che dispiace è che esiste, nei confronti dei bambini come Emanuela, questo "pietismo della carezza" (lo posso chiamare così, forse forzando un po' la parola).
Ecco, quello che posso dire a tutti è che questo è l'atteggiamento sbagliato, perché questi ragazzini non hanno bisogno della carezza, ma hanno bisogno che ti abbassi al loro livello, che li guardi, che ci parli.
La carezza dura un secondo: perdici invece mezz'ora, cerca di entrare in relazione. Questa è una cosa che io ho capito nel tempo. Con chi agisce in questo modo, Emanuela entra in relazione.
Ci sono oggetti per te importanti che ricordano un momento emozionante?
Alle elementari ancora non usava le mani abbastanza bene, e ha dipinto una pietra a forma di cuoricino per me. Io ce l'ho sulla scrivania, sotto al monitor del computer. Magari è una cosa semplice, però, pensando che oggi farebbe molta fatica e già allora per lei era difficile...
Poi, c'è un pezzo di carta cui sono particolarmente legato, che è lo stato di famiglia. Quando è terminato il processo dell'adozione, sullo stato di famiglia sono comparsi finalmente tre nomi.
Tutte le malattie degenerative provocano nelle famiglie difficoltà enormi, perché non "hanno un protocollo". In quanto tali, vanno viste come una cosa che accompagna la vita di una persona. Vanno affrontate in maniera positiva, perché non ci sono alternative. Occorre dare di più, così otterremo anche di più.
Aggiornato il 27.07.2020