Sono una mamma straniera e ho un bimbo di otto mesi che cresce bello e sano. Abbiamo vissuto tre anni in Italia, all'inizio è stata dura. Dopo qualche mese mio marito è riuscito a trovare un lavoro ma in nero perché eravamo clandestini, lavorava tutti i giorni e facevamo una vita decente per dire.
Durante questo periodo scoprii di essere incinta, intanto continuavo a cercare lavoro ma niente, finché un giorno una mia conoscente mi fa sapere che in un albergo cercavano personale. Ho detto subito di sì. Così sono andata al colloquio e son stata assunta. Ho raccontato tutto al datore di lavoro: che sono clandestina e che avevo già contattato un avvocato per aiutarci a metterci in regola .
Che felicità! Ma non ho detto che ero incinta di cinque mesi. E ho sbagliato di grosso, la pancia non era troppo evidente, ma una delle ragazze che lavorava lì mi ha subito chiesto se ero incinta. Le ho risposto di no.
Sapevo di poter lavorare perché la gravidanza stava andando benissimo e io ero in forma.
Ma poi capii che questo tipo di lavoro era troppo pesante per una donna incinta, ma cercavo di farmi forza e coraggio.
Stava andando tutto bene finché, un mese dopo, mio marito viene licenziato.
A quel punto mi è caduto il mondo addosso. Per fortuna avevamo dei risparmi.
Ma arrivata all'ottavo mese, sentivo che non ce la facevo più a pulire 45 camere al giorno. Poi il capo ha scoperto che ero incinta (oramai la pancia si vedeva) e ha fatto un casino dicendo che rischiava una multa se arrivava qualche controllo. Quindi mi son "licenziata".
Poi è arrivato il giorno tanto atteso ed è nata la mia creatura: un bambinone di 4.300 gr, bello e sano. Il travaglio è durato 12 ore ma ne è valsa la pena: avevo tutto il mondo tra le mie braccia.
Dopo due giorni rientriamo a casa, ma con un pensiero: il lavoro.
Mio marito continuava a cercare, ma niente e i soldi stavano finendo.
Dopo il parto abbiamo trascorso tre mesi tra gioia e tristezza e disperazione, dovevamo prendere una decisione: tornare al nostro Paese o restare in Italia? Abbiamo cercato aiuto dalle persone che conoscevamo ma nulla.
Quindi abbiamo dovuto prendere la decisione di tornare. Ho pianto durante tutto il viaggio. Il sogno di dare a mio figlio un futuro migliore si era infranto.
Il mio Paese è tanto povero e le possibilità di trovare un lavoro pochissime.
Qui facciamo fatica a comprare latte, pannolini e tutto ciò che serve...
Sono disperata, mi spiace per il mio piccolo che deve passare tutto questo che deve mangiare ogni 5 ore per poter mangiare anche il giorno dopo...
Storia di una mamma editata dalla redazione