Elisa Del Bellino è una mamma alle prese con due bimbi piccoli frustrati dalla lunga quarantena e preoccupata per la rabbia che vede crescere nelle loro parole e gesti quotidiani.
Ha scritto un breve racconto dai toni umoristici che li aiuti a elaborare l'ansia e la nostalgia di questo periodo. Si intitola L'Influenza della pazienza e affronta una problematica sociale con una storia semplice e fantasiosa.
"L'influenza della pazienza"
Enea era arrabbiato. Oh, se era arrabbiato. Era così furioso che avrebbe inghiottito un rinoceronte di ferro. Il suo umore era così nero che poteva gridare fino a far cadere gli occhi dalle orbite e poi giocarci a ping pong.
Una rabbia da record, prima classificata nel concorso di Miss rabbia dell'anno.
E non era l'unico ad essere infuriato. Anche Giulio, Stefano, Ulisse, Allegra, Edoardo e Teseo della sezione F ribollivano come zucchine nel minestrone. Ce l'avevano tutti su con un tipo, un tale venuto da chissàdove, chissàquando, convinto di essere un re.
Con la corona sempre in testa portava in giro il suo nasone a starnutire sulla gente. Ecciù, sulle signore al supermercato. Ecciù, sulla platea al cinema. Ecciù, sulla lasagna al ristorante. Il signor Coronavirus, lo chiamavano, per via della corona e perché attaccava la febbre a tutti quelli che incontrava. Anche ai cani, ai gatti, alle margherite, alle pentole e ai water. Anche alle panchine veniva l'influenza, se il signor Coronavirus ci si sedeva sopra a fumare la pipa.
E guai ad ammalarsi! La sua febbre era molto contagiosa e durava per settimane, anche più del raffreddore dell'alligatore o dei pidocchi dei ginocchi, che se ne andavano solo se imparavi a ballare il tip tap. Enea l'aveva soprannominata l'Influenza della pazienza.
"Pazienza," gli dicevano mamma e papà.
"Portiamo pazienza e prima o poi il Signor Coronavirus se ne andrà". "Pazienza", gli diceva nonna Genoveffa al telefono, "ancora un po' di pazienza e quando ci vedremo ti darò mille baci e le caramelle alla banana che ho messo da parte per te".
Già, perché erano due mesi che Enea non abbracciava la nonna. Da quando si erano chiusi tutti in casa per non essere innaffiati dal nasone del signor Coronavirus. Che noia, essere bloccati tra quattro mura! Che rabbia, non poter più giocare con un amico per la paura di ammalarsi! E che nostalgia, della scuola, dei compagni, dello scivolo al parco, dei bignè in pasticceria, degli zii, dei cugini, dei bis cugini, dei bis bis cugini e di nonna Genoveffa. Non vedeva l'ora di stringerla e di sciogliere in bocca una caramella dopo l'altra.
Il nasone del Signor Coronavirus
"Tappi!" gli diceva Giulio al cellulare, "due tappi per otturargli il nasone, ecco quel che serve al signor Coronavirus!". "E dove li troviamo due tappi così grandi?", chiedeva Enea.
"Potremmo usare due mele!".
"Troppo piccole Giulio! Non basterebbero due angurie".
"Due gatti?".
"Troppo pelosi".
"Due motorini?".
"Troppo rumore".
"E se girassimo tutti con un ombrello in testa?", insisteva Giulio.
"O con un aspirapolvere per bacilli," replicava l'altro.
Ma nessuna soluzione, per una ragione o l'altra, sembrava quella giusta. "Pazienza," dicevano tutti, "ci vuole pazienza".
Passarono altre settimane chiusi in gabbia, ruggendo alle nuvole di passaggio perché si portassero via la rabbia e la tristezza, finché un giorno Enea sentì delle grida di bambini che correvano in strada. "Che ci fate là fuori? Non si può uscire, il Signor Coronavirus non se n'è ancora andato!". "Gli è caduto il naso!", gli risposero quelli in coro. "Ha starnutito così forte su un semaforo che il naso si è staccato ed è caduto in strada!".
"E lui non l'ha raccolto?"
"Stava per farlo ma ci è passato sopra un autobus! Adesso non può più starnutire. Adesso si può uscire a …". Enea non sentì il resto della frase perché era già sceso in garage a cercare la pompa per le gomme della bicicletta, si sgonfiavano sempre quando non la usava per un po' di tempo.
racconto di Elisa Del Bellino
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