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Non ce la faccio più a vivere con i sensi di colpa

di mammenellarete - 29.01.2018 - Scrivici

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Fonte: pexels
Io voglio sentirmi compresa, ascoltata, aiutata ad essere una brava madre. Sto cercando di cambiare le cose da sola, per il futuro di mio figlio. Figlio mio perdonami se ti ho rovinato l'infanzia. Io ti amo, sono stata sfortunata in questa vita e sono sempre sola ad affrontare tutto. Vorrei solo lasciarmi andare e piangere e cedere e mandare tutto a quel paese. E invece non posso, e se non sorrido è perché devo tenere le mascelle serrate per sopportare tutto questo. Vorrei soltanto aver avuto un altro uomo accanto. Chissà se avrei potuto darti una famiglia felice.

Avevo una mia attività, ero brava nel mio lavoro, poi ho dovuto chiuderla.
Nello stesso periodo quel santo di mio padre mi aveva comprato una casetta. Mi ritrovavo senza lavoro, senza prospettive per il futuro in questa terra maledetta. Così partii per cercare qualcosa all'estero. Ero così triste e mi sentivo così in colpa per mio padre, ma cosa avrei dovuto fare?
Conobbi un uomo al mio paese e mi innamorai perdutamente, tanto da rimanere lì. Stava da me ogni sera, praticamente convivevamo.
Poi rimasi incinta, non chiedetemi come. Quando lo seppe ci rimase male. Io ero così arrabbiata con lui. Poi mia suocera iniziò a ristrutturare l'appartamento vicino a lei. “No io non mi trasferirò mai lì, io ho casa mia, l'ho appena comprata. Non la lascerò per vivere accanto a tua madre in quel brutto quartiere”. Lui fece finta di nulla. Continuò la ristrutturazione. A 6 mesi di gravidanza si fece venire un pianto isterico perché non sapeva come dire alla madre che non sarebbe andato a vivere lì. Lo odiavo! Così la chiamai io, le spiegai tutto e lei mi diede contro e mi accusò di essere egoista. Aggiunse inoltre che avremmo potuto vivere ognuno a casa propria. Le chiusi il telefono in faccia e lei gli raccontò tutto.

I rapporti con lui si interruppero e ci risentimmo dopo un mese. Ero al settimo mese di gravidanza. Mi sentivo in trappola. Lui mi odiava, scappava da me quando poteva. Io mi stavo rovinando un momento così importante della mia vita e mi arrabbiavo e gridavo e piangevo sempre. Quella stronza di mia suocera.

Poi ho partorito. Appena ho visto mio figlio iniziai a tremare e non lo volli vedere. Il senso di colpa mi fece chiedere alle ostetriche di portarmelo per allattarlo. Erano passate tre ore dal parto.


Mio figlio aveva un modo violento di ciucciare. Stringeva forte con le gengive e io iniziavo ad odiare pure lui. E mi sentivo in colpa.
La prima notte che passammo a casa, il mio compagno uscì a festeggiare. Io rimasi lì a sentire piangere mio figlio. Non lo sopportavo quel pianto. Sentivo i neuroni impazzire quando lui piangeva. Ogni tanto lo facevo, di lasciarlo piangere. E mentre piangeva io odiavo suo padre.


Continuò nella ristrutturazione di casa sua, e quando la finì, trovò il pretesto per litigare e andarsene a dormire lì. Come una furia arrivai a casa sua e notai come sua madre gli avesse arredato e corredato casa senza badare a spese. Quella donna indegna, anziché insegnare a suo figlio come essere un Uomo, lo trascinò a sé.

Lui pensava a se stesso, non pagava le bollette, non comprava una macchina familiare, ma piuttosto spendeva un sacco di soldi per gingilli elettronici e moto sportive.


Fino ai 6 mesi di mio figlio non abbiamo fatto altro che litigare, urlare, picchiarci. Mio figlio non lo volevo. Mi sentivo in trappola. Ma nessuno mi aiutava. Il senso di colpa mi uccideva e il senso di responsabilità mi aveva tolto il sorriso e ogni slancio affettivo.


Disperata decisi di trasferirmi da lui. Ma non cambiò nulla. Lui scappava, io rimanevo a casa, in quella casa, con un bambino che non volevo.
A circa 10 mesi gli dissi che me ne sarei andata. Impacchettai le mie cose per oltre 15 giorni e lui non si oppose mai.

Tornai a casa mia, con mio figlio. I primi tempi riuscii a stare meglio, anche il rapporto con il bambino migliorava. Suo padre usciva ogni sera a divertirsi, io finalmente avevo un po' di pace.


Poi iniziò a darmi addosso per tutto, come era solito fare. Mi diceva che ero una fallita, una mantenuta (avendo perso il lavoro mio padre mi manteneva), una persona limitata e stupida.
Mio figlio compì due anni, e io decisi di mettermi a studiare e tornare all'università. Avrei prima dovuto passare i test, e così iniziai a studiare ogni giorno, dalla mattina alla sera. Il bambino stava a casa dei miei genitori, quella santa donna di mia madre.


Iniziai per lo stress ad avere due cicli al mese, il mio livello di emoglobina scendeva sempre più. Gli integratori di ferro mi causavano emicrania, e preferivo sentirmi sempre stanca che avere il mal di testa.

Quando la sera lo andavo a prendere, mio figlio si comportava male, io ero stanca e nervosa, nessuna pazienza. Non lo odiavo più, ma non lo sopportavo un granchè. Non mi andava di giocare con lui. Così passavo le ore a fumare in balcone e a guardalo dalla finestra.
Riuscii a passare i test e una volta iniziate le lezioni fu sempre peggio.

Le continue offese e le violenze psicologiche del mio ex, non riuscivo a farmele scivolare sempre addosso.
Mi accusava di non voler fare la madre, di essere una fallita, non considerava il mio studio come un lavoro. Avevo scelto una facoltà molto pesante, ma era una laurea breve ed era abilitante. Avrei potuto lavorare come logopedista una volta finita l'università. E così studiavo ogni giorno, perchè non avevo più tempo da perdere alla mia età.
Ero diventata così dura e distaccata. Nel fare le coccole a mio figlio mi sforzavo, ma pure lui era così difficile da gestire. Troppi capricci, troppo vivace, troppo insofferente. E il senso di colpa mi uccideva.


Mi riempii di cisti, in testa, nell'utero, al seno. Subii diverse operazioni, e ogni volta che dovevo lasciarglielo per due giorni causa intervento, lui si comportava come se mi stesse facendo un favore.
Mi sono riempita di macchie di psoriasi. Il prurito non mi faceva dormire la notte. L'estate non andavo più a mare se non alle 7 di mattina. Non posso mettere più una gonna. Le mani mi tremano sempre e ho difficoltà a tenere le cose in mano.

Vivo un continuo senso di colpa nei confronti di questo bambino.


Ma non riesco a cambiare il mio atteggiamento per lui. Adesso ha 4 anni, e ha una madre perennemente stanca, che non ha pazienza, che non ha voglia di giocare, che non c'è mai. E lui vuole stare con tutti fuorchè con me.
A volte vorrei cedere, lasciarlo a suo padre per qualche settimana. Rimanere da sola a sentire la sua mancanza. Vorrei riuscire a riflettere e a rendermi conto di cosa sta succedendo. Vorrei convincermi a cambiare tutto ed essere una madre migliore.


Ma poi suo padre lo userebbe contro di me. Me la farebbe pagare annullando ogni beneficio. Mio figlio magari si sentirebbe abbandonato. I miei genitori mi farebbero sentire in colpa.

Io non ce la faccio più di vivere col senso di colpa!

Io voglio sentirmi compresa, ascoltata, aiutata ad essere una brava madre. Sto cercando di cambiare le cose da sola, per il futuro di mio figlio.
Andai pure in terapia, ma non riuscivo a pagare più nemmeno le bollette.

Figlio mio perdonami se ti ho rovinato l'infanzia. Io ti amo, sono stata sfortunata in questa vita e sono sempre sola ad affrontare tutto. Vorrei solo lasciarmi andare e piangere e cedere e mandare tutto a quel paese. E invece non posso, e se non sorrido è perché devo tenere le mascelle serrate per sopportare tutto questo.
Vorrei soltanto aver avuto un altro uomo accanto. Chissà se avrei potuto darti una famiglia felice.
Mamme che leggete, donne, uomini, padri, nonni, vi prego non mi giudicate.

Aiutatemi almeno voi.

una mamma

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