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Mi sono sposata a 19 anni con un ragazzo arabo e ora aspettiamo un figlio, ma ogni giorno combatto contro i pregiudizi

di mammenellarete - 29.05.2017 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Ho conosciuto il mio amore a 18 anni, lui aveva un anno di meno e abitava in una comunità per extracomunitari minori non accompagnati. Fuggì per stare con me e quando divenne maggiorenne ci sposammo così che lui fosse in regola. E' passato un anno e aspettiamo un bambino. Ma nonostante gli sforzi, mio marito fatica a trovare lavoro a causa dei pregiudizi contro gli arabi. Ma non ci arrendiamo. Cresceremo nostro figlio e saremo una famiglia felice.

La mia storia inizia il 4 di aprile 2015. Una sera, ero fuori con alcune amiche, un ragazzo venne da me e iniziò ad "attaccare bottone" come si dice in gergo.

Fu amore a prima vista e la mia prima vera cotta. Sono una ragazza un po' diversa dalle altre soprattutto perché non mi sono mai sentita integrata in nessun gruppo sociale.

Sono più alta della media (con 1,78 m spicco fuori dalla massa) e sono sempre stata più in carne delle altre ragazze. Trovare una persona a cui piaccio come sono per me era un miracolo.

Avevo appena fatto 18 anni e lui aveva un anno di meno. Ci frequentammo, anche se era difficile perché lui abitava a Milano in una comunità per extracomunitari minori non accompagnati, mentre io abitavo ancora a casa dei miei genitori, in provincia, a circa un ora e mezza di treno da Milano.

Per amore (o forse per follia) dopo due settimane dal primo incontro, lui decise di "scappare" dalla comunità e venire a casa con me.

Fortunatamente i miei genitori non sono razzisti, né giudicano una persona alla prima occhiata e quindi accettarono questo ragazzo in casa.

Facemmo di tutto per sistemare i suoi documenti, ma dal momento che se ne era andato senza permesso dalla sua comunità aveva i giorni contati prima che scadesse il suo permesso di soggiorno.

Ogni tentativo era vano e così, al suo diciottesimo compleanno, divenne ufficialmente clandestino.

Ero in panico, non volevo che fosse rispedito nel suo Paese d'origine. Era così strano: nel giro di un anno lui perse casa, lavoro e scuola, solo per stare più vicino a me. Prima non trovava lavoro perché era minorenne, poi perché era clandestino. Cominciai ad informarmi su come avessimo potuto aiutarlo a rinnovare i suoi documenti e la via più veloce e meno costosa era il matrimonio (spesi comunque intorno ai 500/600 euro e per una ragazza di 19 anni è tanto).

Non volevo sposarmi così presto, lo ammetto, però sapevo che quel ragazzo, maturato un po' troppo in fretta, era la persona con cui avrei voluto passare tutta la mia vita e ci saremmo sposati comunque, quindi tanto valeva anticipare la questione. Durante una vacanza nel suo Paese d'origine, mi fece una proposta di matrimonio da sogno, il classico con petali di rose, candele e lui in ginocchio con un anello mozzafiato di platino e swarovski.

Tornati in Italia, il 16 giugno 2016, era arrivato il grande momento, ci sposammo in comune. Una festicciola piccola, c'erano i miei genitori e il suo testimone e basta. Pensai che finalmente potesse trovare lavoro con semplicità e che avremmo potuto iniziare la nostra vita.

Ma poi iniziarono gli attentati dell'Isis e lui venne respinto da qualsiasi parte perché era marocchino. Il razzismo regnava sovrano e noi, ancora una volta, senza speranze. Così iniziai io a cercare lavoro ma senza diploma era difficile.

Mi pentii subito di aver interrotto la scuola ma ormai piangere era inutile. Trovai comunque un lavoro che era così faticoso fisicamente che durò solo cinque mesi. Passarono i mesi e né io né lui trovammo lavoro. I miei ci aiutarono un sacco, ma nulla, niente lavoro. Poi l'8 settembre 2016, la grande sorpresa: un ritardo. Andai in pronto soccorso con mio marito e feci il test. Ero incinta.

Era un bambino voluto ma stupidamente non avevamo pensato alla nostra situazione economica, decidemmo comunque di tenerlo. Inutile dire che lui non trovò lavoro lo stesso. Mi ricorderò fino alla morte la frase di un addetto di un supermercato che gli disse "noi non assumiamo arabi, rovinano la nostra immagine". Ero arrabbiata e preoccupata. I miei genitori fortunatamente mi hanno sempre sostenuta, anche se per loro era un po' presto diventare nonni.


Oggi ho 20 anni, quest'anno ne farò 21, lui ne ha 19. Lotteremo per tirare su nostro figlio che tra qualche settimana si unirà a noi.

Non mollerò per avere una famiglia felice. Supererò ogni stereotipo e ogni pregiudizio, anche se questo mi porterà all'estero. Sopporterò tutti i pesi del mondo, ma io tirerò su una famiglia felice.

Storia editata dalla redazione

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