Ci siamo, sto finendo di impacchettare l'oggetto a cui sono piú legato dopo i miei figli, il simbolo del mio amore per la musica: un organetto diatonico. O in parole meno complicate, la mia fisarmonica. L'etichetta del pacco riporta come destinazione "Hannover" in Germania, mentre io vivo a Berlino, e per quanto mi addolori salutare un amico che ha scandito i momenti più belli di questi anni a colpi di mantice (il soffietto), in qualche modo mi rincuora sapere che vendere l'oggetto a cui sono più affezionato mi aiuterà a stare vicino a chi amo davvero. Sí, stare vicino a loro, ai miei figli, o almeno provare a farlo perché da un anno ho imparato ad amare la mia seconda bimba, senza mai poterla conoscere.
E non esiste una singola ragione a giustificare questa tortura.
E non chiedetemi come, ma vi assicuro che si puó amare qualcuno, soprattutto un/a figlio/a, non conoscendone nemmeno il colore degli occhi.
E mi vengono le lacrime pensando a quello che stiamo vivendo io e il fratello, mio primo figlio - avuto da una precedente relazione - perché avremmo voluto starle accanto dal giorno zero, vederla crescere e scoprire il mondo intorno a lei, tutti insieme.
E penso e ripenso a come la mia famiglia patchwork ha accolto la gravidanza, nel supporto reciproco, nell'affetto profondo e nella consapevolezza che l'amore si stava espandendo.
E soprattutto ne avrebbero giovato i nostri figli.
La madre l'ha portata lontano, in un'altra città
Ma non è stato possibile, la madre l'ha portata lontano in un'altra cittá. Ma non solo. Ed è cosí che in un lampo, capisco i sacrifici, gli sforzi di tutti quei genitori, padri o madri separati che magari hanno subito ingiustizie, ma resistono e fanno i salti mortali per restare accanto ai propri figli facendo per loro un investimento invisibile nell'amore.
Il loro dolore, i pianti di notte, la fatica a reagire ogni giorno e l'ecatombe economica delle battaglie legali sono anche i miei.
E mi distraggo, riguardo il mio organetto dentro uno scatolone, dove è rimasto negli ultimi mesi perché faccio fatica a suonare, a reagire, a fare qualsiasi cosa della vita quotidiana da quando la madre si è trasferita e mi rende impossibile perfino vedere nostra figlia.
E penso alla musica triste di un sistema legislativo che tratta i padri come dei gregari in visita di cortesia, anche quando invece, vorrebbero essere presenti e dare soltanto amore.
Tutelare la mamma è assolutamente sacrosanto e fondamentale, soprattutto se penso alla famiglia dove sono cresciuto, dove la mia figura paterna ha fatto acqua da tutte le parti (per usare un eufemismo) e se sono il padre che sono, è solo grazie all'amore, e al lavoro di mia madre.
Non tutti i padri sono uguali
Ma dannazione! Non tutti i padri sono uguali, e la legge dovrebbe essere scevra da pregiudizi e credenze. E soprattutto, che non si decida in base alle statistiche: qualcuno guardi ai fatti, verifichi, perché è piú di un anno che io e la mia famiglia aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa di giusto, ma soprattutto di pedagogico.
Il sistema va rivisto se permette a un genitore di privare un/a figlio/a di una delle due figure portanti della sua vita, per tanto, troppo tempo. E mentre chiudo con il nastro adesivo lo scatolone, mi viene in mente Otis, il mio primo bimbo di 8 anni, che mi ricorda l'amore per la musica ogni giorno, quando lo sveglio per la colazione e chiede felice ad Alexa la playlist di Otis Redding per cominciare la giornata. E lo guardo consapevole che il suo nome è stato il coronamento dell'amore di mamma e papà quando erano una coppia, e nessuno gli toglierà la sicurezza che anche se ora non stanno più insieme, sono diventati un team che lo ama e che lo mette davanti a tutto.
E penso al grande lavoro che fanno i genitori delle famiglie allargate, che scanzano l'orgoglio, la presunzione e i propri interessi mentre con il lavoro, il supporto e l'affetto reciproco tutelano il benessere dei propri figli, crescendoli equilibrati e consapevoli.
Guardo e penso alla bellezza che regala uno strumento musicale che avrei voluto condividere con i miei bambini da mamme diverse. Mamme e donne così distanti fra loro, non solo caratterialmente e geograficamente, ma soprattutto per il rispetto e la considerazione della figura paterna. Per me loro, e tutte le madri in generale, sono e resteranno sempre una figura sacra, capace di creare e nutrire la vita. E non è retorica questa, ma semplicemente la consapevolezza che i miei figli saranno più equilibrati, felici ed al sicuro avendo mamma #1 e papá, e mamma #2 e papá accanto.
Io volevo, voglio e vorrò sempre fare parte del team "mamma" e mai mi sarei aspettato di subire questa crudeltà dalla seconda. E per non non farmi sopraffare dalla disperazione ho imparato a chiedere aiuto, mettendo da parte l'orgoglio e cercando un abbraccio virtuale. E per questo, quando ho toccato il fondo esistenziale e finanziario, è nata la mia richiesta di supporto, perché l'affetto e il denaro sono quello che mi avvicina ai miei figli.
Quindi garage sale, si vende tutto, compreso il mio simbolo di musica, per difendere l'amore per loro. E non lo faccio a cuor leggero, ma sono i miei figli a venire prima di me. Come lo sono per ogni genitore con la "G" maiuscola. E nella mia mente risuona il pezzo che mandai via whatsapp alla madre della mia bambina chiedendole di suonarlo al pancione, dopo che lei aveva interrotto bruscamente la nostra relazione, aveva lasciato per strada me e il mio primo figlio, senza casa, durante il lockdown, proprio nel momento in cui eravamo tutti eccitati e in attesa di vedere nostra figlia, sorella.
I tentativi di dialogo
Penso ai miei tentativi di dialogo, prima degli assistenti sociali, prima degli avvocati e delle udienze e riservo sempre nel mio cuore la speranza di poter diventare un giorno amici e funzionare come genitori, per amore della nostra bimba. E invece mi resta il pugno in pancia della risposta, la minaccia di andare alla polizia se non l'avessi lasciati in pace, vivere la sua gravidanza da sola.
E poi lo sfregio del trasferimento segreto, punire nostra figlia privandola fino ad oggi e chissá per quanto ancora, del padre e del fratello. E aspettando che la legge suoni i bottoni giusti, e riesca con i miei figli, in futuro, a trovare l'armonia che si meritano, ho imparato come padre a chiedere aiuto e a distrarmi dal dolore respirando profondamente, come una fisarmonica appunto.
E aspetto che che arrivi il mio momento per attaccare a suonare al concerto della vita di mia figlia perché non si merita questa punizione e nessuno genitore dovrebbe essere costretto mai, ad amare in silenzio.
- Marcello Frisardi, papá di Otis e Ava ( @papamachtquatsch )
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