"Non dimenticherò mai quell’attimo, ha racconta l'interessata. Erano le dieci del mattino del 30 settembre scorso. E’ stato come essere lasciata dal primo amore". (fonte: Corriere.it).
Stefania ha rinunciato per orgoglio alla proposta economica fattale dall'azienda e ha continuato a lavorare, nonostante le difficili condizioni a cui è dovuta sottostare. Un ufficio lontano 5 piani dalla dirigenza e un entourage di collaboratori ridotto da ventotto elementi (tutta l’area marketing) a due colleghe, peraltro in congedo di maternità. Una beffa ben orchestrata, dai tratti grotteschi, peccato che di mezzo vi fossero i diritti della madri lavoratrici, oltre che una sudata carriera.
Così la manager mobbizzata, dopo settimane di indicibile stress, condito addirittura da attacchi di panico, ci ha rinunciato. "Al pronto soccorso mi hanno detto che stavo rischiando l’esaurimento. Alla fine ho mollato. Il 19 dicembre ho firmato la resa. Ho scambiato i miei diritti con una buonuscita.
Ed ora Stefania non riesce a farsene una ragione: "durante la maternità ero sempre rimasta in contatto con l’azienda. Per dire, mia figlia doveva nascere il 25 dicembre e io il 18 ero a una riunione. A quel progetto ho dato l’anima. Invece l’azienda non mi ha nemmeno messa alla prova. Come si sono sbagliati. Io ci sarei riuscita a mettere insieme la famiglia con il lavoro. Avrei dato il sangue pur di farcela".
Siamo sicuri che la laurea con massimi voti alla Bocconi e la ricca esperienza accumulata finora le frutterà presto qualche vantaggiosissima proposta. Dal canto nostro le siamo comunque grate per aver testimoniato della difficile, se non a volte impossibile, condizione di mamma lavoratrice; per essersi esposta in prima persona, nonostante questo possa comportare difficoltà a trovare un'altra occupazione. Come ha concluso lei stessa: "il rischio c’è, ma credo vada corso. Quantomeno per aiutare mia figlia a vivere in un mondo migliore".