Mi fermo a riflettere – ma in fondo loro che ne sanno? Hanno tutte figli piccoli, quando ne hanno. Io sono stata una delle prime a riprodurmi in rapporto alla mia generazione. Le loro sono osservazioni teoriche, la pratica è ben diversa.
Devo ammetterlo, i sintomi ci sono tutti e vado a elencarli:
- Inappetenza
- Bruschi sbalzi d’umore
- Disobbedienza sistematica e ribellione verso l’autorità (rappresentata dalla mamma e dal papà)
- Attenzione esagerata nei confronti del proprio aspetto fisico – “mamma, non trovi che ultimamente sia un po’ ingrassata?” (nota bene: mia figlia assomiglia più all’insetto stecco che a “Winnie the Poh”)
- Amore spropositato per il padre, inversamente proporzionale a quello dimostrato per la madre
- Un sorriso nuovo, che non le ho mai visto, quando le passa accanto un ragazzetto grazioso.
- Potrei continuare, ma questo è l’essenziale – ed è questa la chiave che apre la porta a una nuova fase della sua ancora breve vita?
- Ho qualche dubbio in proposito, corroborato dalle conversazioni che facciamo insieme.
- Non più tardi della settimana scorsa, Sofia mi dice:
- - “Mamma, posso dirti tutto quello che mi passa per la testa?”
- - “Ma certo tesoro” (non l’avessi mai detto!)
- - “E tu mi prometti che non mi rimproveri o che non ti metti a piangere?”
- - “Stai tranquilla e fidati di me. Dai, avanti, spara…”
- Sofia spara: “Ti odio”
- La pallottola penetra in profondità e si posiziona vicino al cuore. Stringo i denti per il dolore e vado avanti guardandola dritta negli occhi.
- - “Perché?”
- - “Mi sento trascurata, mamma. Non capisco perché hai voluto a tutti i costi farmi un fratellino. Così adesso devi occuparti sempre di lui e a me non ci pensi”
- Una dolce anestesia permea gli organi interni – se è una crisi acuta di gelosia non può essere già la temuta adolescenza.
- Comincio a spiegarle che le attenzioni che rivolgo a lei sono nella stessa quantità di quelle rivolte al fratello, ma non della stessa qualità.
Con lei vado a fare shopping, a lei regalo libri interessanti, le faccio ripetere le lezioni di storia e d’italiano (per la matematica c’è il papà), la porto a ginnastica artistica e poi ammiro i suoi miglioramenti, con lei dipingo (Sofia ha un talento innato per le arti figurative) e parlo di questioni anche importanti che suo fratello, di soli tre anni, non può capire.
- Sofia annuisce poco convinta. Ho ancora una freccia al mio arco.
- - “E poi se mi odi, sono contenta, perché vuol dire anche che mi ami”
- - “Non capisco, cosa vuoi dire?”
- - “Se non mi amassi, ti sarei indifferente. L’amore e l’odio, invece, vanno insieme a braccetto”
- - “Quindi non sono cattiva se provo queste cose”
- - “Non lo sei per niente, sei assolutamente normale, è successo anche a me … poi passa”
- - “Adesso sento che ti voglio un po’ più di bene”
- Con mio sommo stupore, ce l’ho fatta a reggere la conversazione e alla fine l’ho portata dalla mia parte.
- Sarebbe stato così semplice con un’adolescente vera? Ne dubito profondamente.
- E poi non sono pronta, ho quarant’anni troppo ben portati, dentro di me risuonano ancora i pianti e le risate di Simona bambina, le ribellioni dolorose e distruttive di Simona adolescente. Ho ancora tante cose da risolvere, mi devo preparare.
- Ne avrò il tempo?
- P.S.: questo post non è solo un post, è anche una richiesta d’aiuto rivolta a tutte le mamme e i papà che si trovano in una situazione analoga: scrivetemi, ditemi come affrontate le novità belle e brutte che la crescita di un figlio comporta, e se anche voi avete constatato – come affermano le mie amiche – che i bambini di oggi passano più in fretta dall’infanzia all’adolescenza. Parliamone insieme!