Avrei obbedito ai diktat delle supertate e sarei stata una mamma ideale, tutta per il suo neonato.
Però sullo scrivere avevo qualche rigurgito di ribellione: lo avevo sempre fatto, dalla primina in poi.
Come potevo smettere di colpo?
Magari non avrei scritto un romanzo durante il puerperio, però qualche riga su un argomento qualsiasi le supertate dovevano concedermela.
Il 2 agosto del 2000 nacque Sofia, alle ore 11.30. Pesava 3 kg e mezzo. io e il mio compagno, dopo aver constatato che non solo era sana ma era anche, senza alcun margine d’errore, la bimba più bella che esistesse sulla faccia della terra, ce la portammo a casa con un orgoglio insostenibile per chiunque ci stesse attorno, nonni compresi.
La mia vita con lei cominciò nel modo più idilliaco possibile.
Lei si attaccò subito al mio seno e, in breve, diventò una divoratrice di latte abilissima.
Quando dormiva, nel suo buffo pigiamino verde pistacchio, io avvolta in una soffice vestaglie rosa, la vegliavo teneramente.
Purtroppo cominciai a vegliarla anche di notte.
Chissà quale supertata mi aveva messo in testa il terrore della morte bianca. “Le morti per soffocamento o arresto cardiaco sono fra le principali cause di decesso per i neonati dei paesi sviluppati”. Questa frase mi rimbombava in testa impedendomi di addormentarmi.
In breve diventai uno straccio, con una faccia così stravolta che persino il mio ginecologo si spaventò: “Signora, lei rischia la depressione post partum, deve distarsi, staccarsi dalla neonata per qualche ora al giorno e stancarsi il più possibile per dormire la notte”.
Essere più stanca di com’ero mi sembrava impossibile, eppure non vedevo altra via d’uscita da quella situazione.
Con l’aiuto di mia madre cominciai ad andare in palestra, ed effettivamente le cose migliorarono.
Mi sentivo più tonica, più attiva durante il giorno, ma la sera crollavo sul letto indifferente persino alle mie voci interiori sulla morte bianca.
Rinvigorita nel fisico e nell’umore, cominciai a coltivare l’idea di scribacchiare qualcosa di non impegnativo, così tanto per rimanere in allenamento.
Trovai un editore di guide on line che mi commissionò una guida artistico/culturale su Venezia.
Mi misi all’opera con tutto lo zelo possibile, sfruttando i riposini di Sofia, che nel frattempo diventavano sempre più brevi. Quando era sveglia, la piccola voleva tutto il mio tempo e le mie attenzioni. Era un piacere e insieme uno strazio, perché mi sentivo in colpa verso l’editore se non riuscivo a mandargli le mie stringhe settimanali di guida.
Disperata, chiesi un altro intervento quotidiano di mia madre per poter terminare la guida. Lei accettò, ma io, di nuovo stanca e per di più stressata cominciai a scrivere senza troppo controllo mentale.
Un giorno addirittura mi lanciai in un panegirico sui folcloristici piccioni di Piazza S. Marco, che volteggiando attorno ai monumenti attirano i turisti e fanno ridere i bambini.
L’editore mi mandò una mail di questo tenore:
“Gentile signora,
Mi dispiace dirle che dissento profondamente da quanto lei mi scrive sui piccioni veneziani.
Non solo sono brutti a vedersi e portano le malattie, ma con il loro guano devastano i monumenti corrodendoli. Insomma, sono un vero e proprio flagello per la città che il mondo c’invidia.
Vista la profonda discordanza di opinioni fra editore e autore, mi vedo costretto interrompere la nostra collaborazione.
Cordiali Saluti
Editor Tal dei Tali”
Fu così che, nuovamente distrutta e, per lo più, depressa,
mi trascinai dal mio ginecologo che non perse l’occasione di ripetermi: “Signora, lei rischia la depressione post partum, deve distarsi, staccarsi dalla neonata per qualche ora al giorno e stancarsi il più possibile per dormire la notte…
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