costumi “commerciali”
raro
tempo
capacità
competere
A scuola i bambini, nel periodo di Carnevale, studiano la Commedia dell’Arte, imparano a conoscere le maschere della tradizione: Colombina, Arlecchino, Pulcinella, Gianduia.
Poi, però, per le loro festine o semplicemente per andare in giro, pretendono costumi postmoderni: orridi blob, robot alieni, guerrieri “della luce”.
Il problema non si pone tanto per le bambine, che ripetono con i vestiti da principessa o da ballerina l’archetipo della bella Colombina, quanto per i maschi.
La televisione li stimola continuamente ad apprezzare cartoni animati di dubbia estetica, con storie assai poco fantasiose e personaggi banali nella loro ibridazione.
L’unico pregio di questo condizionamento continuo? La commerciabilità assoluta: sono personaggi che nascono prima delle loro storie, come gadget. I loro costumi sono così assurdamente complessi da risultare irripetibili anche dalle più dotate sarte casalinghe. La loro desiderabilità proviene dal costante battage pubblicitario (battage? Ossessione, per meglio dire) unito al passaparola fatto dagli stessi bambini.
Detto fra gli adulti: i maschietti di oggi adorano i “mostri brutti”. Una volta ci si spaventavano, adesso ci si travestono.
E a noi tocca portarli in giro mascherati da mutazioni genetiche intollerabili allo sguardo… altro che Commedia dell’Arte.
Simona Castiglione
Foto di Zellaby