Venerdì, ore 3 p.m.
- “Amore, ti andrebbe di uscire a cena, io e te da soli, sabato prossimo?” - “Idea grandiosa, prenoto subito nel ristorante sul Brenta, quello che piace a te” - “Sei grande, tesoro”.
Sabato, ore 6 p.m.
- “Non ti sei ancora vestita, guarda che fra un po’ arriva la baby sitter” - “La baby sitter… perché?” - “Dobbiamo uscire a cena, è stata una tua idea” - “Oddio, me n’ero completamente dimenticata. Lo sai che l’editore mi ha spedito le bozze per rivederle. Ho lavorato tutto il pomeriggio, sono stanchissima. Ma non ti preoccupare, mi preparo in un lampo” - “Lasciamo stare, sei distrutta, non ti divertiresti… eppoi anch’io ho un po’ di sinusite. Chiamo Veronica e annullo. Sarà per un’altra volta” - “Grazie, sei sempre così comprensivo”.
Dopo poco tempo alcuni episodi la denunciano chiaramente:
Martedì, ore 8 a.m.
Lui sussurra a lei, prima di uscire di casa: “stasera ti aspetto in camera, dopo cena; accendi le candele e indossa solo quel completino intimo violazzurro che mi impazzire”. Lei annuisce lusingata e preoccupata che i bambini non sentano.
Stesso giorno, ore 8 p.m.
Lui torna a casa, lei in pigiamone di flanella e pantofole urla: “I TUOI figli mi hanno fatto impazzire tutto il pomeriggio, sono maleducati e capricciosi. Non ne posso più. Adesso te la vedi tu con loro. Io vado a letto!”.
Si possono anche invertire le parti, il risultato non cambia.
Giovedì, ore 10 p.m.
Lei si presenta in camera con una camicia di notte un po’ meno coprente del solito, lui è disteso sul letto, la testa appoggiata sopra una montagna di cuscini: “Amore, stavo pensando ai nostri primi incontri”
- “Uhm” bofonchia lui, brandendo il telecomando verso l’ennesimo telefilm di fantascienza.
- “Ti ricordi il gioco del pic nic che facevamo davanti alla televisione? Quello dove poi non si mangiava niente e si spegneva perfino la tv? Lo rifacciamo?” - “...” - “Amore? Mi hai sentito? Se non ti va non importa, ma parlami almeno” - “…”
Lei gli si avvicina e gli tocca una mano, la solleva verso l’alto, la lascia andare e la mano si abbatte con un tonfo sulla coperta… o è morto o si è già addormentato. Lei opta per la seconda opzione e spegne la luce.
Se episodi come questi sono ormai diventati la norma, la diagnosi è severa: la “vita di coppia” è fuggita in un altro paese e sarà duro ottenerne l’estradizione.
Se invece sono ancora saltuari, la medicina c’è: trasformare la “latitanza amorosa” in una “militanza amorosa”. Indossare l’elmetto, imbracciare il fucile e pianificare strategie di difesa e piani di fuga.
Una sera ogni due settimane si esce da soli, qualsiasi cosa accada, compresi tsunami o varicella del figlio minore. Una volta ogni due mesi ci si concede un fine settimana senza figli, anche se per farlo occorre raggiungere il paesello di mammà, dove lasciare i nipotini recalcitranti, che non sta proprio dietro l’angolo.
E così via. Niente sensi di colpa per una lacrima della bimba maggiore che spera di non vedervi uscire proprio quella sera. Bandite le stanchezze, le pigrizie, la svogliatezza.
La guerra è guerra e va combattuta fino in fondo.
Simona Castiglione
Foto di Ferran