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Mamma Simona: E la coppia...

di mammenellarete - 04.02.2010 - Scrivici

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... scoppia. O meglio latita… si diluisce si slava si decolora si sgonfia come un soufflé venuto male. Due lavori coinvolgenti – che richiedono tempo, presenza mentale e fisica, assenze ripetute da casa –, due figli splendidi ripieni di esigenze come bignè trionfanti di crema. Non serve altro, ma se proprio si vogliono arricchire gli ingredienti, ci si può aggiungere – a piacere – qualche preoccupazione economica, un problemino di salute, le macchie di umidità in casa o il freddo che fa quest’anno. Le prime avvisaglie della latitanza erotica sono subdole, difficili a cogliersi:

Venerdì, ore 3 p.m.

- “Amore, ti andrebbe di uscire a cena, io e te da soli, sabato prossimo?” - “Idea grandiosa, prenoto subito nel ristorante sul Brenta, quello che piace a te” - “Sei grande, tesoro”.

Sabato, ore 6 p.m.

- “Non ti sei ancora vestita, guarda che fra un po’ arriva la baby sitter” - “La baby sitter… perché?” - “Dobbiamo uscire a cena, è stata una tua idea” - “Oddio, me n’ero completamente dimenticata. Lo sai che l’editore mi ha spedito le bozze per rivederle. Ho lavorato tutto il pomeriggio, sono stanchissima. Ma non ti preoccupare, mi preparo in un lampo” - “Lasciamo stare, sei distrutta, non ti divertiresti… eppoi anch’io ho un po’ di sinusite. Chiamo Veronica e annullo. Sarà per un’altra volta” - “Grazie, sei sempre così comprensivo”.

Dopo poco tempo alcuni episodi la denunciano chiaramente:

Martedì, ore 8 a.m.

Lui sussurra a lei, prima di uscire di casa: “stasera ti aspetto in camera, dopo cena; accendi le candele e indossa solo quel completino intimo violazzurro che mi impazzire”. Lei annuisce lusingata e preoccupata che i bambini non sentano.

Stesso giorno, ore 8 p.m.

Lui torna a casa, lei in pigiamone di flanella e pantofole urla: “I TUOI figli mi hanno fatto impazzire tutto il pomeriggio, sono maleducati e capricciosi. Non ne posso più. Adesso te la vedi tu con loro. Io vado a letto!”.

Si possono anche invertire le parti, il risultato non cambia.

Giovedì, ore 10 p.m.

Lei si presenta in camera con una camicia di notte un po’ meno coprente del solito, lui è disteso sul letto, la testa appoggiata sopra una montagna di cuscini: “Amore, stavo pensando ai nostri primi incontri

- “Uhm” bofonchia lui, brandendo il telecomando verso l’ennesimo telefilm di fantascienza.

- “Ti ricordi il gioco del pic nic che facevamo davanti alla televisione? Quello dove poi non si mangiava niente e si spegneva perfino la tv? Lo rifacciamo?” - “...” - “Amore? Mi hai sentito? Se non ti va non importa, ma parlami almeno” - “…”

Lei gli si avvicina e gli tocca una mano, la solleva verso l’alto, la lascia andare e la mano si abbatte con un tonfo sulla coperta… o è morto o si è già addormentato. Lei opta per la seconda opzione e spegne la luce.

Se episodi come questi sono ormai diventati la norma, la diagnosi è severa: la “vita di coppia” è fuggita in un altro paese e sarà duro ottenerne l’estradizione.

Se invece sono ancora saltuari, la medicina c’è: trasformare la “latitanza amorosa” in una “militanza amorosa”. Indossare l’elmetto, imbracciare il fucile e pianificare strategie di difesa e piani di fuga.

Una sera ogni due settimane si esce da soli, qualsiasi cosa accada, compresi tsunami o varicella del figlio minore. Una volta ogni due mesi ci si concede un fine settimana senza figli, anche se per farlo occorre raggiungere il paesello di mammà, dove lasciare i nipotini recalcitranti, che non sta proprio dietro l’angolo.

E così via. Niente sensi di colpa per una lacrima della bimba maggiore che spera di non vedervi uscire proprio quella sera. Bandite le stanchezze, le pigrizie, la svogliatezza.

La guerra è guerra e va combattuta fino in fondo.

Simona Castiglione

Foto di Ferran

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