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Mamma italiana, papà inglese, casa in Svizzera: si può spiegare il concetto di nazionalità a un bambino di tre anni?

di Valeria Camia - 04.04.2017 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Noi viviamo in Svizzera, ma io sono italiana e mio marito inglese. E i miei figli parlano un po' tutte le tre lingue. Ma spiegare la differenza di nazionalità non è facile, forse  perché è un concetto artefatto, creato dal mondo degli adulti. E i miei figli, ne hanno ancora tanto di tempo, prima di diventare grandi.

“C’era una volta un italiano, un inglese e uno svizzero…”
“Cos’è un italiano, mamma? E un inglese e uno svizzero?”
Mi prende un po’ in contropiede. Allora mi riesce solo una risposta banale.
“Un italiano è una persona che abita dove vive il nonno, in Italia.”
Mi guarda e non capisce. E ha ragione. Che definizione limitante di nazionalità, quella che ho appena dato! Lui, io con lui, insomma, noi siamo italiani (sul passaporto). Ma non viviamo in Italia. Io da quasi 10 anni. E lui non è neanche nato in Italia.
Come spiegare la nazionalità, allora, a un bambino di tre anni e mezzo? Linguisticamente?
Lui parla italiano, con daddy in inglese, e anche un po’ di svizzero con gli amici.

Solo da poco riesce a distinguere che la mamma dice mela, daddy apple e gli amici Apfel. Prima, guardava il frutto e lo chiamava a seconda del momento, in una lingua piuttosto che nell’altra. Lo fa ancora a volte, con suo fratello. Loro si parlano e mischiano suoni e parole.
Potrei prendere un atlante geografico e mettere un puntino sull’Italia, sull’Inghilterra e sulla Svizzera. “Qui ci abitano gli italiani, vedi?” Ma quanto capirebbe alla sua età, di divisioni territoriali? E comunque i conti non tornerebbero ugualmente. Perché lui è italiano ma non vive in Italia. Ed è Britannico, ma non abita a Manchester.
Possiamo definirci per gusti culinari?
No, non noi. La pasta è buona e la mangiamo spesso. Ma alla domenica sono di routine i pancakes a colazione. Oppure il Sunday roast inglese. All’asilo per merenda a volte mio figlio mi chiede un panino con il formaggio svizzero Appenzeller, come i suoi amici. Ceniamo presto quando si va a scuola e in inverno, un po’ ‘nordici’, alcuni dicono. Ma quando siamo dai nonni vicino a Milano, siamo capaci di aspettare le otto prima di andare in pizzeria.
Gli amici che vivono in Italia ci prendono in giro sull’orario della buona notte.

È vero, durante la settimana, i miei figli non fanno mai oltre le 9 di sera. A quanto pare in Italia è quasi blasfemo mandare a letto i bambini ‘così’ presto.

Ma all’asilo da noi ci si va di buon ora e alle 6 e mezza siamo tutti svegli. Però mi rifiuto di pensare che gli orari di veglia e sonno, così come preferenze culinarie, possano definirci in termini di nazionalità.
Di nuovo, come posso spiegare la nazionalità a mio figlio?
Forse non posso, e non devo. Perché è un concetto artefatto, creato dal mondo degli adulti. E i miei figli, ne hanno ancora tanto, di tempo, prima di diventare grandi.

di Valeria Camia

Sull'autrice
Mamma di due bimbi, con un marito sempre in viaggio per lavoro, scrive delle sue avventure e disavventure giornaliere in Svizzera
http://mammaimpara.blogspot.ch

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