Essere mamma è sempre meraviglioso. Io ho la fortuna di esserlo sia di una femminuccia che di un maschietto. Ma stavolta questo scritto è rivolto alle mamme delle “bambine”, piccole creature del nostro stesso sesso che come noi potranno diventar madri e che con noi si confronteranno una volta diventate donne.
Ed anche inconsapevolmente noi rivediamo le piccole che eravamo in loro, e facciamo di tutto per far evitare le nostre delusioni o far rivivere le esperienze positive che abbiamo avuto. Uno specchio in cui mamma e figlia si guardano, colpite entrambe da un riflesso di cui saranno sempre profondamente influenzate. Dunque alla nostra bambina noi diremo:
“Sii fiera di te,
perché in qualsiasi modo sarai,
sarai perfetta,
e i tuoi difetti non dovrai nasconderli,
bensì modellarli,
eliminarne gli spigoli,
ed anche essi saranno perle da conservare.
Non cercare mai di essere diversa da quel che sei,
tutela la tua natura qualsiasi essa sia,
perché è quella che il cielo ti ha donato,
ed è la stessa che io ho scorto per la prima volta
alle cinque e quaranta
del lontano 21 Maggio
nei tuoi occhi, socchiusi, ma già lucenti.
Se cadrai, non sentirti fallita,
ma rialzati, ricomincerai il cammino con più sicurezza. Se non raggiungerai un obiettivo, non sentirti un’inetta,
ma va avanti,
vorrà dire che ad aspettarti
ci sarà una meta ancor più avvincente.
Ciò che non otterrai
non era già tuo da prima;
ciò che sarà tuo
ti aspettava da sempre.
Non rimpiangere quello che ti mancherà.
Non dare mai per scontato invece quello
che stretto tra le tue mani sarà.
I tuoi profondi occhi verdi
rideranno, piangeranno,
osserveranno silenziosi
come già spesso fai,
diventeranno ancora più brillanti quando t’innamorerai.
Quando eri piccola piccola ed inciampavi,
io non ti soccorrevo subito,
ma aspettavo che cercassi di rialzarti da sola,
per insegnarti a saperlo fare da grande
senza l’attesa di un sostegno,
quando io forse non ci sarei stata,
ma forte ti avrei, lieta, saputa.
Quando correvi per la spiaggia
o giocavi nella terra in giardino,
ti lasciavo sporcare, rotolare,
urlare, divertire,
per regalarti la libertà,
per dirti di pretenderla se ti fosse mai stata negata,
per cancellare in te ogni blocco,
ogni costrizione,
per insegnarti a vivere spontaneamente ogni emozione,
e per insegnarti ancora a non aver paura,
a scoprirti esploratrice.
Sapevo che, così come nel gioco,
tu saresti stata nella vita una vincitrice.
Quando bisticciavi con le tue amichette,
aspettavo a correre a difenderti,
attendevo che lo facessi da sola,
facendomi forza,
sapevo che della vita quella era la vera scuola.
Ma mia piccola cara bambina,
dopo che eri inciampata e poi da sola rialzata,
io ero corsa a prenderti la mano;
quando avevi finito di giocare, urlare, saltare,
io ero venuta a prenderti felice e sporca,
e ti ero corsa a lavare;
e quando ti eri ormai difesa dalle amiche dispettose
ero arrivata io ad abbracciarti.
Questo perché dopo ogni tua piccola grande vittoria
ottenuta solo con le tue forze
e che ti aveva inferto sicurezza e autostima
comparivo io, dimostrandoti la mia presenza
certa, indiscutibile, amorevole.
Volevo unire in te la forza alla sicurezza,
volevo crearti l’abito della vita,
che tu avresti indossato sempre,
orgogliosa e fiera.
Orgogliosa e fiera di te stessa
ti auguro di essere figlia mia,
umile e dignitosa,
e quando ti sorprenderai ad essere così meravigliosa
ricorda,
non è stato merito mio,
ciò che io
ho fatto è stato solo far venire fuori il meglio
che era già custodito in te.
Era un tuo diritto
che ciò venisse fatto,
è il diritto di ogni bambino
che non ha chiesto di venire al mondo.
Noi genitori serviamo a questo:
trattare al meglio le vostre ali
per poi farvi spiccare
nel modo migliore possibile
uno splendido volo.”
di Lucia Carluccio
Sull’autrice
Lucia Carluccio è studiosa dell’universo infantile e mamma di due bambini. Insegna e vive in provincia di Milano.
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Aggiornato il 16.11.2017