«Se lavo i piatti a casa, non sto aiutando mia moglie, sto semplicemente lavando i piatti. Se cambio un pannolino a mio figlio, non sono un "mammo", sono semplicemente un papà. Non vogliamo essere definiti supereroi perché stiamo con i nostri bambini. Siamo semplicemente papà e vogliamo dirlo a gran voce».
Questo testo è tratto dal "Manifesto del papà 2.0" di Bar Papà, fondato da Patrizio Cossa. Oggi siamo qui con lui e Patrizio ci parlerà del suo progetto, ma non solo.
Cosa vuol dire per te essere semplicemente per te un papà e non un mammo o un papà supereroe?
«Partiamo dal presupposto che la parola "mammo" è svilente in primis per la donna, perché questo vuol dire che le attività casalinghe (come cucinare, lavare i piatti, stare dietro ai bambini) siano una cosa ad appannaggio esclusivamente femminile. Esiste la parola "papà" ed è un altro ruolo: non c'è una gara, né uno è migliore dell'altro. Si tratta semplicemente di essere un papà o di essere una mamma.
Se cambio un pannolino non sono un supereroe, ma sono semplicemente un papà che vuole esserci e che vuole avere un ruolo attivo nella formazione dei propri figli, per costruire il loro futuro insieme alla mamma».
Bar Papà è un luogo di aggregazione, virtuale e non, dove i papà possono raccontarsi. Qual è la storia che ti ha colpito di più?
«Da Bar Papà sono passati tanti papà con tante storie. Ci sono state tante risate e tanti momenti emozionanti. La paternità è anche questo. Una delle storie che mi ha più colpito è stata quella di un prete che ha dismesso i panni perché si è innamorato e adesso vive felice con due bambini e con sua moglie: è stata veramente una storia di amore puro».
Scrivi: "Diventare padre ti mette davanti a un baratro: non puoi più tornare indietro e puoi solo fare un salto per avanzare". C'è stato un momento in cui ti sei reso conto di aver superato quel baratro?
«Sì, c'è stato un momento in cui ho dovuto decidere davvero se fare un passo in avanti o no.
Quella notte d'estate ero su un terrazzino e pensavo: "Sarò in grado di fare tutto ciò?". Venivamo da tante situazioni difficili da gestire, pianti e notti insonni. In quel momento ho sentito il pianto di mia figlia, sono andato da lei, che mi ha guardato, si è placata e mi ha sorriso.
Ho capito che da quel momento sarei stato quello che sono ora, ossia un papà».
C'è un oggetto che ti ricorda un momento emozionante con tua figlia?
«Da quando è nata mia figlia sto scrivendo una serie di lettere con una particolarità: hanno una data specifica, o meglio una situazione specifica in cui dovranno essere aperte. C'è la lettera per quando mia figlia si innamorerà la prima volta, per quando avrà la prima delusione d'amore o per quando io non ci sarò più.
Sono lettere che scrivo ora per ricordare in maniera fresca e forte le sensazioni e per far sì che lei possa avere un ricordo vivo di questi momenti (che purtroppo dimenticherà perché è ancora piccola). Ma così sa e saprà che in questo cassetto ci sarà tutto il mio amore per lei».
Lettera a mia figlia
«Mi mancherà sentire che mi chiami appena sveglia, che ti affacci dal letto e che mi sorridi da dietro il ciuccio, che quando ti vesto ci metti due ore perché scappi in continuazione. E che quando poi ti tolgo la maglietta vuoi stare abbracciata perché ti piace il contatto.
Mi mancherà lavarti il viso la mattina mentre ti passo la mano bagnata e tu fai un suono con la bocca. Io batto il palmo sulle tue labbra e facciamo come gli indiani. Poi prendo il pupazzo di tela e ti asciugo facendo finta di mangiarti. Quando sarai più grande mi mancherà l'innocenza dei tuoi baci e del dire: "Ti sono mancata?", del lattuccio sul divano, dei calci sotto il tavolo quando mangiamo.
Stai crescendo a vista d'occhio e ogni giorno mi sembri sempre più grande. Mi mancherà averti piccola, ma per me lo sarai sempre. Mi godo ogni singolo momento per ricordarmi che quando sarai grande, io sarò sempre il tuo papino speciale".
di Patrizio Cossa