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Lettera di una mamma al figlio con sindrome Bws

di mammenellarete - 25.02.2021 - Scrivici

francesca-davide
Lettera di una mamma al figlio di 6 anni con sindrome di Beckwith-Wiedemann, con in più una rarità nella rarità: lo hanno chiamato Davide perché, scrive, sapevano fin dalla nascita che avrebbe dovuto lottare contro il suo Golia.

Caro Davide,

probabilmente ti darò questa lettera quando la tua voglia di sapere e di conoscere la tua condizione diventerà più impellente di quello che possa essere ora, ora che hai solo 7 anni e nonostante le diverse visite e controlli in ospedale la tua vita ti appare del tutto simile a quella dei tuoi coetanei.

Non voglio perdere nel tempo emozioni, pensieri e ricordi che hanno accompagnato la tua nascita e i primi anni della nostra vita, perché si sa, la mente umana mette in atto strategie riparative che consentono di proseguire il percorso dell'esistenza e nello stesso tempo ridipinge il passato attenuando i colori delle immagini del nostro archivio della memoria. Quindi oggi questa lettera serve forse più a me e in futuro servirà alla tua sete di conoscenza.

Io e il tuo papà Stefano desideravamo avere un secondo figlio. Però ci hai colto un po' alla sprovvista, me in particolare, che in quella primavera del 2013 stavo valutando stravolgimenti di vita professionale. Ma dopo un attimo destabilizzante siamo entrati nell'ottica di un nuovo gioioso arrivo.

Il percorso è iniziato in maniera serena, senza disturbi particolari e ho pensato subito che avrei voluto finalmente un parto naturale dopo il cesareo d'urgenza di tua sorella! Ma al sesto mese le tue dimensioni sono apparse più importanti del target atteso e così sono stata immediatamente inviata in ospedale per un monitoraggio di secondo livello. Io e te stavamo bene, tutte le funzioni erano normali ma tu eri più grande di ciò che ci si aspettava e io avevo moltissimo liquido amniotico. Ogni due settimane venivo sottoposta ad un'ecografia estenuante finché, dopo l'ennesimo controllo, hanno convocato me e papà a colloquio con una genetista che ci ha comunicato il sospetto di una sindrome genetica rara dal nome impronunciabile: sindrome di Beckwith-Wiedemann. Il mio cervello si è disconnesso, non percepivo più la realtà e mi sentivo come in una bolla lontana… ho capito solo che, se desideravo, potevo effettuare un'amniocentesi per confermare o meno il sospetto e siamo andati a casa in silenzio senza la capacità di pensare o di parlare.

Quella notte ho pianto e pensato, pianto e pensato. Ero al sesto mese e metterti in pericolo con un'amniocentesi non sarebbe servito a nulla. Mi sono rifiutata di effettuare l'esame e la mia testa ha messo da parte quel sospetto pensando solo ad arrivare alla fine della gravidanza che, ovviamente, ha perso la serenità di quel lieto evento. 

Il tuo nome: Davide. Stavi per nascere con il tuo Golia contro cui combattere

In quel periodo abbiamo deciso il tuo nome: oscillavamo fra Daniele e Davide, ma Davide mi è sembrata la scelta più appropriata dato che stavi per nascere con il tuo Golia contro cui combattere!

La struttura ospedaliera scelta non voleva farmi partorire naturalmente e a mia insaputa aveva fissato la data del cesareo. Ho sbattuto in faccia le linee guida dell'OMS all'induzione del cesareo al responsabile della sala parto dicendo che non c'erano le condizioni per effettuarmi un intervento di chirurgia; per tutta risposta mi ha cacciata dall'ospedale dicendomi di cercarmi un'altra struttura. E così ho fatto e dopo 35 km, da Cesano Boscone in provincia di Milano siamo arrivati a Monza dove si sono resi disponibili a farmi fare un travaglio di prova. A 38 settimane e 5 giorni, lottando ogni giorno con la possibilità dell'intervento, la responsabile del reparto ha deciso di rompermi le acque dicendomi "Andiamo a far nascere il tuo bambino!". Alle 9.30 del 12 dicembre io e papà siamo entrati in sala travaglio... fino alle 19 di sera, quando hai deciso definitivamente di venire al mondo, naturalmente! Ti hanno messo in braccio a me e appena ti ho visto non ho avuto bisogno di diagnosi: la tua macroglossia era evidente e avevamo un Golia contro cui lottare! Mi sono alzata dal lettino sulle mie gambe e dopo i primi controlli ti hanno riportato da me.

Ti sei attaccato subito per mangiare e una volta in reparto abbiamo dormito insieme tutta la notte serenamente. La mattina dopo sono venuti i nonni e la sorellina a conoscerti e dopo alcuni momenti insieme, hai avuto una crisi ipoglicemica e hanno deciso di trasferirti in terapia intensiva neonatale per delle infusioni di glucosio. Lì abbiamo ricevuto la diagnosi clinica e il biglietto di sola andata per l'inizio del nostro viaggio.

Un turbinio di controlli

Da subito è partito il turbinio dei controlli e fortunatamente ho incontrato presto l'Associazione Italiana Sindrome di Beckwith-Wiedemann da una mamma di un gruppo facebook. Ho iniziato a conoscere e temere la sindrome: ti guardavo, o meglio, ti esploravo ogni giorno in cerca di segni, sintomi. Tenevo il conto di quanti ne avevi (la lingua, il cuore, l'udito, l'iperaccrescimento, il ventre grande) e quando e come li avremmo risolti. Mentre ti cambiavo il pannolino ti misuravo con ossessione le gambe temendo ogni giorno di percepire differenze (quella che viene definita dismetria e che può comparire nei primi mesi). Ho smesso presto di allattarti con la paura di non riuscire a controllare se mangiassi a sufficienza e potessi avere altre ipoglicemie. Ero ossessionata dal ritardo cognitivo e motorio ma non avevo modo di cercare segnali che confermassero o smentissero paure e sospetti… fino al 4° mese… Non eri ancora in grado di tenere eretta e controllare bene la testa e le tue mani erano spesso chiuse a pugno; alle visite di controllo il pediatra continuava a riportare sul referto il termine "ipotonia" e io, in effetti, percepivo il tuo corpicino "molle". Il tuo dottore sapeva poco o nulla della tua sindrome ma la scarsa conoscenza, e soprattutto la mancanza di sensibilità, non l'avevano esentato da affermare che non saresti andato all'università (per scarsa dote cognitiva) ma avresti avuto comunque una vita decente.

Ho quindi preferito ascoltare il mio istinto e ti ho portato da una neuropsichiatra infantile che ha confermato l'ipotonia generale e il ritardo motorio prescrivendoti da subito la fisioterapia.

In tutto questo vivevo il tuo accudimento in maniera meccanica, senza alcun trasporto emotivo… e non riuscivo a vederti… e con quella consapevolezza odiavo me stessa per la madre che non riuscivo ad essere e per quell'amore che ti stavo negando nella mia incapacità di trasmetterti affetto, gioia e serenità.

Piangevo ogni giorno col desiderio di dormire alla sera per non pensare più a nulla e con l'incubo del risveglio mattutino nel realizzare che tutto quello che stavo vivendo non era un sogno.

Ti portavo a fare fisioterapia in un centro riabilitativo frequentato da bambini che avevano ricevuto in dono un destino ben peggiore del tuo e il mio stomaco si stringeva puntualmente. Seguivo la terapista con occhi vaghi mentre nella mia mente volevo fuggire; credo che me lo leggesse in faccia e mi rassicurava che saresti stato seduto e avresti camminato.

INVALIDO

Papà ha poi iniziato a parlare del fatto che la tua sindrome ti dava diritto all'invalidità e a vantaggi per accedere alle terapie… INVALIDO… non riuscivo a concepire quella parola, ad associarla a mio figlio e tutto questo ha aggiunto lacrime al fiume che mi travolgeva quotidianamente. Mi sentivo disperatamente sola e più le persone intorno a me tentavano di darmi sostegno, più sentivo che nessuno di loro aveva la più pallida idea di cosa mi stava logorando dentro. E la domanda era sempre: perché? Perché a te… a me… a noi..

E per questo aspettavo con ansia la diagnosi genetica che forse avrebbe dato qualche risposta ma ha impiegato 9 mesi per arrivare… un'altra difficile "gestazione"… che ha dato alla luce un esito incompleto che confermava la BWS ma non mi diceva nulla sull'origine del difetto e sulla forma della tua sindrome.

La mia unica àncora di salvezza è stata l'Associazione Italiana Sindrome di Beckwith-Wiedemann con il suo gruppo segreto su facebook. Mi ha trasmesso molte informazioni ed indicazioni sulla sindrome ma soprattutto mi è arrivato da subito il calore delle famiglie che ne fanno parte e con le quali ho condiviso la nostra storia. Ponevo domande di tutti i generi ogni giorno, guardavo con ossessione le foto dei bambini più grandi cercando conferma nella "normalità" delle loro condizioni e soprattutto delle loro vite cercando in ogni bambino analogie con te e le tue sintomatologie. Lì mi sentivo compresa e soprattutto non mi sentivo più sola. Nella vita reale mi si era creato il vuoto intorno e quelli che ritenevo amici e parenti hanno avuto paura di toccare il mio dolore preferendo il silenzio.

Con i consigli dell'associazione abbiamo ripetuto l'indagine genetica in un'altra struttura che ha effettuato uno studio più approfondito a partire dal confronto con il mio dna e quello di papà.

Dopo poche settimane, abbiamo appreso che il tuo è un caso definito de novo, una mutazione genetica casuale che non ha nessun carattere ereditario. Ma abbiamo scoperto anche che la forma della tua sindrome non fa parte di quelle conosciute… anzi, non ci sono al momento altri casi in letteratura come il tuo. Oltre al difetto tipico della BWS sul cromosoma 11 il tuo referto riporta la descrizione: "traslocazione sbilanciata del braccio corto del cromosoma Y e delezione del gene shox". La genetista ci ha spiegato che presenti due condizioni sindromiche, di cui la seconda è associata alla sindrome di Leri-Weill e caratterizzata dalla perdita del gene shox responsabile della crescita in statura.

Mi è saltata subito all'occhio la posizione del gene che hai perso e la domanda mi è partita spontanea: "Quindi i suoi figli maschi avranno lo stesso difetto?".

La genetista ha confermato. Gli occhi mi si sono gonfiati di lacrime e la dottoressa ha cercato di arginare la mia disperazione che avanzava. Ci ha detto che non possiamo sapere quali saranno le tecniche genetiche a disposizione nei prossimi 30/40 anni e che comunque, se un giorno tu dovessi scegliere di diventare padre, potresti decidere di avere selettivamente una femmina.

Qualcuno, saggiamente, poi invece mi ha detto che alla luce di quella che sarà la tua infanzia e la tua vita, potresti anche pensare che tu sia stato comunque felice e decidere di lasciare al destino la scelta…

Resta ancora oggi l'incognita della tua crescita in statura: l'iperaccrescimento della BWS sta al momento compensando la perdita del gene shox e la tua statura è attualmente nella norma. Ma la crescita accelerata della sindrome si attenuerà… non si sa quando e non si sa cosa aspettarsi nel tuo caso dato che non se ne conoscono altri simili. Ci è stata ventilata l'ipotesi di una terapia con Gh, ormone della crescita, ma sicuramente non sarà possibile in una fase in cui il rischio oncologico della BWS è ancora significativo.

I tuoi progressi

Quando hai compiuto un anno mi hai chiamato "mamma!" e finalmente si è aperto un varco dentro di me che mi ha permesso di non guardare più la sindrome ma di vedere te e i tuoi occhi sorridenti che hanno sempre cercato i miei. A 19 mesi hai iniziato a camminare e i tuoi periodici test cognitivi confermavano uno sviluppo nella norma. Hai iniziato a parlare ma la macroglossia ti ha creato qualche difficoltà e così è iniziata anche la logopedia. Le visite negli ospedali sono diventate la nostra normalità ma il tutto si è collocato sullo sfondo di un amore travolgente che ha iniziato a crescere e mi ha legato a te come mai avrei pensato in quei mesi di nera disperazione.

Ho imparato a conoscere il tuo coraggio ad ogni prelievo, ecografia, misurazione; ho scoperto la tua risata fragorosa e l'adorazione per tua sorella Sara; mi ha sorpreso la tua incredibile ironia presente già dalle tue prime parole e la tua parsimonia e attenzione nel concedere fiducia agli adulti intorno a te.

La mia vita ha cambiato colore e la mia scala di valori si è ricombinata: le piccole cose sono diventate le più importanti e la necessità di riparare alle mancanze del mio affetto nei tuoi confronti, e in quelli di tua sorella, è diventata la filosofia delle mie giornate. Mi hai donato il privilegio di guardare la vita con gli occhi della gratitudine dopo la lezione di quel grande maestro che è il dolore e ho capito quanta ricchezza ha portato nella nostra vita tutta l'esperienza vissuta che continua ad accompagnarci e continuerà ad essere un valore aggiunto nella tua esistenza.

La sindrome farà sempre parte di te e non sappiamo cosa ti riserverà per il futuro ma abbiamo imparato ad affrontare le difficoltà con la forza della nostra unione e desidero fortemente che per te rappresenti una risorsa a cui attingere con fiducia nei momenti difficili della vita.

Ti voglio un bene immenso, 

mamma Francesca

Aibws, l'associazione italiana dedicata alla sindrome di Beckwith-Wiedemann

In campo per i bambini e le loro famiglie: Aibws è l'associazione italiana dedicata alla sindrome di Beckwith-Wiedemann.  È nata nel 2004 proprio con lo scopo di sostenere genitori e figli alle prese con questa malattia genetica rara (1 caso su 10mila nati). Aibws conta attualmente cento soci e segue 250 famiglie da tutta Italia e non solo. Inoltre collabora con medici e ricercatori, incentivando la ricerca. Dal 2011 è attivo il comitato scientifico. E' riconosciuta dall'Istituto Superiore della Sanità. Collabora con Telethon, Eurordis e altre associazioni omologhe sia in Europa che nel mondo. Il motto dell'associazione è "la vita è come uno specchio, ti sorride se la guardi sorridendo".
Contatti: www.aibws.org ; www.facebook.com/aibwsinfo@aibws.org; +39 345.3121850

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