Laura è un'ex parlamentare e un'atleta, ha 33 anni e una tetraparesi spastica. La stiamo per incontrare. Ci parlerà di come sta affrontando la sua gravidanza.
Laura, perché hai scelto di condividere la tua gravidanza sui social?
"Io sono nata di 28 settimane e 33 anni fa nascere di 28 settimane era un problema molto grande per quei tempi. Ho preso un'infezione dopo qualche giorno dalla nascita, e questa infezione ha lasciato come ricordo una tetraparesi spastica che mi impedisce di camminare e di muovermi come gli altri. Però, ovviamente, questo non mi ha impedito di fare sport, di essere un'atleta ad alto livello. Quando però sono rimasta incinta, ho cominciato ad avere delle difficoltà. Ad esempio, avevo un mal di schiena molto forte, soprattutto tra due vertebre in particolare e allora ho cominciato a 'googlare' un po' come fanno tutti, per cercare informazioni e cercare di capire se era il classico mal di schiena da gravidanza oppure era qualcosa di più. La cosa strana è che se si cercano informazioni su internet riguardo alla gravidanza si apre un mondo. Però, sulle ragazze disabili incinte, soprattutto ragazze spastiche incinte, non c'era niente. Anche perché, la spasticità purtroppo, è molto stereotipata. Basti pensare che se si vuole etichettare qualcuno come una persona incapace di comprendere qualcosa gli si dice: 'Ma sei spatico?' E quindi, a un certo punto, ho detto va bene ok, prendo atto che non ci sono altri racconti, comincio a raccontare la mia gravidanza."
Quali sono i pregiudizi e i commenti più comuni nei confronti di una disabile incinta?
"La cosa che più mi fa sorridere è che le persone ci hanno messo tantissimo a capire che io fossi veramente incinta. C'era una particolarità che a me da una parte colpiva, dall'altra un po' faceva arrabbiare, perché se la gente mi vedeva in piedi e quindi mi vedeva in tutta la mia disabilità non mi prendeva per una persona incinta.
Se invece mi vedevano seduta, tipo in attesa di qualche visita medica, o alla posta, mi dicevano: 'Eh ma lei è incinta, deve passare avanti'. E questo mi ha fatto molto riflettere su quelli che sono gli stereotipi di una società che ancora non è pronta. Purtroppo ci manca quello scatto culturale di dire che le persone con disabilità non sono persone che vivono una vita ospedalizzata. Sono persone che vivono una vita. Punto"
Come ti stai organizzando per il post-parto?
"Considerando che facendo il cesareo quello che mi spaventa molto è anche il post-operatorio, nel senso che comunque il cesareo è un intervento chirurgico a tutti gli effetti e io ho ricordi di altri interventi chirurgici, perché ho fatto l'allungamento dei tendini quando ero piccola, quindi il mio ricordo degli interventi è molto traumatico. Però comunque comincio a pensarci e credo che i giorni successivi al parto non avrò poi tutto questo tempo esclusivamente per il bambino, ma dovrò pensare anche al fatto che mi dovrò rimettere in piedi. Anche perché io ho delle esigenze diverse da quelle che possono essere quelle di altre donne. Penso ad esempio, al fatto che io ho un fasciatoio e non potrò mai usarlo, oppure ho provato un passeggino che era molto leggero e quindi mi veniva presentato come un passeggino meraviglioso, ma come mi sono appoggiata il passeggino si è impennato. Quindi se non era sicuro per me figuriamoci per il bambino. Non possiamo rischiare di cadere in due".
Ci sono degli oggetti del cuore a cui sei particolarmente legata?
"Sicuramente le mie scarpe da corsa che sono le scarpe da atletica con i chiodi che nessuno pensava io potessi mai indossare, perché non avendo equilibrio correre con dei chiodini che ti danno più spinta ma allo stesso tempo ti tengono fermo l'appoggio, in molti pensavano fosse una scommessa folle. Se devo pensare a un altro oggetto una valigia. Perché per me sia prima di sposarmi e di iniziare la mia vita con Luca è stato un viaggio continuo, una scoperta del mondo, una passione della scoperta, di vedere posti nuovi e ora non vediamo l'ora di scoprire il mondo con gli occhi di un bambino.
Da mamma a mamma vi posso dire di non avere paura o quantomeno di condividere le vostre paure con chi vi sta vicino perché noi quando abbiamo cominciato questa avventura ci siamo fatti molte domande. Però alla fine ci siamo anche buttati e stiamo affrontando quello che viene giorno per giorno. Le paure ovviamente sono sempre state molte, però se si condividono in due, se si vive la propria vita giorno per giorno, ci si accorge che tutto è molto più semplice della montagna che sembra di scalare se condividiamo tutto insieme."
Guarda la storia con l'intervista a Laura Coccia